Giornata vs violenza sulle donne. Appelli per Adama rinchiusa al Cie
La donna senegalese denunciò una violenza, è finita rinchiusa al Cie di Bologna. "Un assurdità della legge Bossi-Fini": associazioni, cittadini e amministrazione locale uniti per la sua liberazione
"Liberate Adama" echeggia ovunque oggi il monito. Ma chi è Adama? E' una donna e una migrante, rinchiusa al CIE di Bologna in via Mattei dal 26 agosto, data in cui ha chiamato i carabinieri di Forlì dopo essere stata derubata, picchiata, stuprata e ferita alla gola con un coltello dal suo ex-compagno. Ha trovato il coraggio di denunciare, ma essendo irregolare sul territorio è finita al centro di identificazione ed espulsione.
Oggi, giornata mondiale della violenza contro le donne, si levano a gran voce i molti appelli lanciati dalle associazioni, dall'amministrazione locale, dai cittadini per liberare Adama. Una donna, che ha subito violenza appunto.
LA STORIA DI ADAMA. L'associazione Migranda, che ha accolto numerosissimi appelli di cittadini, sul suo sito così denuncia: "Secondo la legge Bossi-Fini Adama è arrivata in Italia illegalmente. Per noi è arrivata in Italia coraggiosamente, per dare ai propri figli rimasti in Senegal una vita più dignitosa. Ha trovato lavoro e una casa tramite lo stesso uomo che prima l’ha aiutata e protetta, diventando il suo compagno, e si è poi trasformato in un aguzzino. Un uomo abile a usare la legge Bossi-Fini come ricatto. Per quattro anni, quest’uomo ha minacciato Adama di denunciarla e farla espellere dal paese se lei non avesse accettato ogni suo arbitrio. Per quattro anni l’ha derubata di parte del suo salario, usando la clandestinità di Adama come arma in suo potere. Quando Adama ha dovuto rivolgersi alle forze dell’ordine, l’unica risposta è stata la detenzione nel buco nero di un centro di identificazione e di espulsione nel quale potrebbe restare ancora per mesi. L’avvocato di Adama ha presentato il 16 settembre una richiesta di entrare nel CIE accompagnato da medici e da un interprete, affinché le sue condizioni di salute fossero accertate e la sua denuncia per la violenza subita fosse raccolta. La Prefettura di Bologna ha autorizzato l’ingresso dei medici e dell’interprete il 25 ottobre. È trascorso più di un mese prima che Adama potesse finalmente denunciare il suo aggressore, e non sappiamo quanto tempo occorrerà perché possa riottenere la libertà.
Sappiamo che la violenza che Adama ha subito, come donna e come migrante, riguarda tutte le donne e non è perciò possibile lasciar trascorrere un momento di più. Il CIE è solo l’espressione più feroce e violenta di una legge, la Bossi-Fini, che impone il silenzio e che trasforma donne coraggiose in vittime impotenti."
ASSESSORE E SINDACO. "La vicenda che ha colpito Adama è una vergogna per un Paese che si definisce civile e democratico, deve finire al più presto fine", così offre il suo sostegno anche il sindaco di Bologna Virginio Merola. Cui da Ghent fa eco l'assessore Matteo Lepore "In questo momento mi trovo a Ghent, per rappresentare Bologna all’Assemblea annuale di ECCAR, la Coalizione delle città europee contro il razzismo e la xenofobia, alla quale aderiscono 108 città da 22 Paesi diversi. In questi giorni è stato difficile per me spiegare ai colleghi europei, quante e quali drammatiche assurdità preveda la legislazione italiana in tema di immigrazione, dal mancato riconoscimento della cittadinanza per i “nuovi italiani” ragazzi nati in Italia da famiglie straniere (come ci ha ricordato pochi giorni fa il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano), alle follie dei CIE".
NOTIZIE DAL CIE. La direttrice del CIE ha rassicurato l'amministrazione locale che se la tesi di Adama verrà confermata, lei uscirà e sarà tutelata in una struttura protetta e contemporaneamente sarà avviato il processo di regolarizzazione. Per Lepore però l'interrogativo e il problema permangono: "Ma come è possibile che una persona, solo perché è una migrante, debba subire quello che nessun cittadino italiano avrebbe mai subito? E' troppo tempo che in Italia vige la Legge Bossi-Fini, una legge xenofoba e contraria agli stessi interessi del nostro paese. Difficile parlare di diritti civili e diritti umani qui a Ghent, quando nel proprio paese vengono negati".