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Cronaca Via del Pilastro

Carneficina 'Uno Bianca': 'No clemenza, restino in carcere o facciamo la fine di Izzo'

Messa commemorativa, dolore e sfogo. La mamma di Stefanini, vittima dei Savi: 'No perdono, se escono tornano ad ammazzare'. L'associazione dei familiari delle vittime: 'In carcere stanno bene. Godono anche di permessi. Noi soffriamo'

Oltre 100 i colpi messi a segno, 24 i morti, 102 le persone ferite. Questi i numeri che raccontano la carneficina compiuta dalla banda della 'Uno Bianca', che seminò morte e paura tra il 1987 e il 1984 in tutta la nostra regione. Bologna non dimentica una delle sue pagine più buie. Oggi, il giorno della commemorazione. E dello sfogo. Come quello di Anna Maria Stefanini, madre di Otello, una delle vittime ei Fratelli Savi, ucciso a soli 22 anni: "Neanche ne voglio sentire parlare di clemenza - ha detto tra le lacrime, al termine della messa commemorativa nella chiesa di Santa Caterina - io sono cristiana e cattolica, ma quello non è un perdono che si può dare".

Devono restare in carcere i componenti della banda guidata dai fratelli Savi, chiede la donna: "tutti i giorni, fino all'ultimo. Non meritano niente". Per spiegare perché secondo lei non devono uscire, la madre di Stefanini ha fatto l'esempio di Angelo Izzo, uno degli autori del 'massacro del Circeo' del 1975, che poi, ottenuta la semilibertà, uccise due persone a Ferrazzano, nel 2005.
"Qualcuno dice che si devono reinserire? Facciamo la fine di Izzo. Lo hanno reinserito e ne ha ammazzati altri due. Loro ne hanno ammazzati 24, ne ammazzeranno 48".

Alla cerimonia era presente anche Rosanna Zecchi, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime della Uno Bianca, gruppo responsabile di 105 crimini e 24 omicidi tra Bologna, Romagna e Marche dal 1987 al 1994. "Gli assassini - ha ribadito - non possono venir fuori, specialmente se sono reo confessi".

In carcere, "loro stanno bene, lo posso assicurare, li ho visti a Rimini: Fabio Savi a giugno, a novembre Roberto Savi, sono ingrassati. Sembra che abbiano rimosso tutto, perché sono tranquilli. Ho visto anche Eva Mikula, anche lei sembrava una diva. Siamo noi che stiamo male perché ci ricordiamo sempre di quello che hanno fatto". Il riferimento è alle udienze del processo a Rimini all'ungherese Tamas Somogyi, ritenuto il fornitore di armi della banda, dove i due Savi e Mikula hanno testimoniato. Alcuni dei condannati hanno avuto permessi: "Occhipinti - ha aggiunto Zecchi - li ha avuti, lo so per certo. Non possiamo fare nulla. La giustizia glielo permette e loro, praticamente, fanno quello che vogliono".

Il regime di sangue e morte della Uno bianca. La banda della "Uno Bianca', così ribattezzata dal tipo di automobile utilizzata per mettere a segno la loro 'opera', assaltò supermercati, banche, caselli autostradali, distributori di benzina. Spesso racimolavano solo magri bottini, senza pero' risparmiarsi sull'utilizzo di armi che hanno freddato benzinai, impiegati di banca, carabinieri, guardie giurate, testimoni, passanti. Vittime innocenti, che hanno avuto la disgrazia di incappare in criminali senza scrupoli. A tirare le fila della banda i fratelli Savi - Roberto, Fabio ed Alberto - (VEDI INTERVISTA FABIO SAVI), poliziotti di giorno, criminali di notte.
Il loro regime di terrore venne bloccato con l'arresto e la condanna all'ergastolo dei fratelli Savi; per il sodali Pietro Gugliotta condanna a 15 anni, mentre per l'altro componente - Marino Occhipinti - ennesima condanna all'ergastolo (dopo 20 anni semilibertà).

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