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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Sit-in dei Radicali davanti alla Dozza: “Sgombero e minacce della polizia”

"Allontanati inspiegabilmente mentre stavamo manifestando" questa la denuncia dei protestanti, che aggiungono "Hanno anche chiesto il ritiro del filmato di un operatore televisio... cosa nascondono?"

"Oggi nel presidio davanti al carcere Dozza siamo stati allontanati in maniera brusca dalle guardie penitenziare, sono stati allontanati anche il cameramen della Rai e alcuni giornalisti della carta stampata" questa la denuncia su Facebbok dei Radicali di Bologna, che ieri si sono radunati in sit-in davanti alla Dozza, per chiedere un'amnistia "indispensabile per il ripristino del funzionamento del sistema giudiziario e della legalità nelle carceri italiane".

I manifestanti hanno raccontato, attraverso la portavoce Monica Mischiatti: "Siamo arrivati con cartelli e bandiere e ci siamo sistemati nel parcheggio davanti al carcere, quello normalmente utilizzato per gli incontri con la stampa e le dimostrazioni". Dopo poco, però, "é arrivata una macchina della polizia penitenziaria che ci ha intimato di andarcene, chiedendo anche di sequestrare il filmato di un operatore televisivo".

Una "rigidità inspiegabile" per la Mischiatti: "Un episodio unico, in altre occasioni c'era stata molta più tolleranza". Ecco perché, in una nota, i Radicali si chiedono: "A cosa è dovuto questo provvedimento così ingiustificato? Che succede all'interno del carcere?".
 

BATTAGLIA GIUSTIZIA E CARCERI - Marco Pannella è in sciopero della fame ormai da 42 giorni, perchè l’Italia "torni a potere in qualche misura essere considerata una democrazia" e affinché venga finalmente varato un provvedimento di amnistia "indispensabile per il ripristino del funzionamento del sistema giudiziario e della legalità nelle carceri italiane": queste le motivazioni da cui prende le mosse la manifestazione di protesta non violenta organizzata ieri a Bologna.

I Radicali scelgono lo sciopero della fame, al fianco di Pannella numerosi cittadini in tutta Italia, tra detenuti, loro familiari, agenti di Polizia penitenziaria e direttori, ma anche numerosi liberi cittadini e cittadine. L’obiettivo, fa sapere il movimento attraverso una nota sul proprio sito, "vuole essere un messaggio di speranza, per l’intera comunità penitenziaria che vive una situazione di grande sofferenza a causa del grave sovraffollamento e dell’insufficienza di operatori e agenti, per tutti i detenuti d’Italia, per gli psicologi, gli educatori, gli agenti di polizia penitenziaria, gli infermieri, i medici, i direttori e il personale amministrativo; e per tutti quei cittadini che attendono ingiustamente per troppi anni prima di poter vedere celebrato un processo o agognano in tempi certi e ragionevoli la conclusione di una causa, sia che siano parte lesa o imputati".

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