Una casa-famiglia in pieno quartiere Pilastro: 'Porta aperta senza distinzioni'
Si chiama "Pamoja", dalla lingua Swahili, 'Insieme': si accolgono dai neonati agli anziani, per un massimo di 10 posti più uno per l'emergenza
Moglie e marito con due figli e altri in affido, Giulia e Matteo da tempo lavorano per liberare le donne vittime della tratta e ieri hanno 'ereditato' l'esperienza di Anna e Angelo Giardini, che iniziarono l'esperienza della casa-famiglia nella zona oltre 20 anni fa.
"Si tratta di una casa multi-utenza, si accolgono dai neonati agli anziani, per un massimo di 10 posti più uno per l'emergenza" ha detto Giulia.
Giovanni Ramonda, responsabile generale 'Apg23', ha spiegato il modello delle case della Comunità: "Un luogo aperto a tutti dove c'è una mamma un papà e una porta aperta per chi è senza famiglia e bussa, senza distinzioni". (GUARDA IL VIDEO)
"E che ci vuole, una porta aperta, uno bussa... Poi penso non è poi così semplice - ha detto l'arcivescovo - la Comunità Giovanni XXIII rende semplici le cose che sembrano complicatissime perchè ci fa credere che l'amore è per tutti ed è sempre possibile".
Nell'occasione è stato presentato anche il progetto finanziato dalla Regione per far emergere il fenomeno di sfruttamento di persone che chiedono l'elemosina: "Prima far emergere il fenomeno e poi offrire una possibilità di riscatto e una vita alternativa" ha detto Matteo.
"Siamo veramente orgogliosi che nel nostro territorio ci siano strutture come questa - ha detto il presidente del quartiere Simone Borsari - il reinserimento di persone con esigenze diverse, per rituffarsi nella nostra società in maniera positiva, strutture importanti che ci permettono di seguire in maniera mirata dei problemi drammatici e quindi ridare speranza".
"Fare di una propria risorsa, essere famiglia" così da "renderla disponibile a tutti gli altri, come da una frase di Don Oreste Benzi (fondatore della Comunità - ndr) molto semplice, dare una famiglia a chi non ce l'ha", ha detto Rizzo Nervo.
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