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Cronaca

Domande alloggi popolari: gestione all'Acer, fuori i sindacati

Non saranno più i sindacati degli inquilini a raccogliere ed inoltrare le domande, bensì direttamente l'Acer. Sunia-Cgil: 'Temiamo che questa modifica si tradurrà in un danno per i cittadin'

Rivoluzione nelle procedure per la richiesta di un alloggio popolare a Bologna: non saranno più i sindacati degli inquilini a raccogliere ed inoltrare le domande, bensì direttamente l'Acer, una modifica che il Comune apporterà al Regolamento per l'assegnazione e la gestione degli alloggi Erp, presentata ieri in commissione dall'assessore alle Politiche abitative, Riccardo Malagoli.

La decisione nasce dal fatto che "i sindacati non hanno accesso alle banche dati a cui possiamo accedere noi e quindi non riescono a fare immediatamente le verifiche" sulla regolarità delle domande, spiega Malagoli. Nelle graduatorie, così, si è registrato "un trend in aumento delle domande che non vanno bene", continua l'assessore, tanto che ormai "il 90% di queste vanno riviste". Questo significa che quando Comune e Acer riscontrano un problema nelle pratiche devono ricontattare i richiedenti e rimetterci mano. "Un lavoro immenso", assicura Malagoli: "Il 90% E’ una quota che non possiamo permetterci, ha costi esagerati per noi oltre al fatto che ci rallenta tantissimo nei tempi di assegnazione".

"Siamo preoccupati, perché temiamo che questa modifica si tradurrà in un danno per i cittadini". Così Mauro Colombarini, segretario del Sunia-Cgil di Bologna, commenta il provvedimento "è un passo indietro", avverte il sindacalista. Oggi i cittadini "hanno un servizio diffuso su tutto il territorio, che soprattutto non riguarda solo la presentazione delle domande- sottolinea Colombarini- ma anche una presa in carico più complessiva, quindi una tutela nel tempo rispetto alle condizioni che possono cambiare e alla possibilità di intraprendere altri percorsi. Dubito che i tecnici Acer siano in grado di fare anche questo". 

Con migliaia di persone in attesa, "non possiamo permetterci una perdita di tempo così impegnativa", ribadisce l'assessore, spiegando che l'obiettivo è anche quello di "evitare di dare speranze illusorie a così tante persone": ogni 100 famiglie chiamate per l'assegnazione, ricorda infatti Malagoli, le assegnazioni alla fine sono solo 8,5 perché negli altri casi si rileva che c’è qualcosa che non va nelle domande.

COSTI. Ovviamente, finora i sindacati non hanno gestito il servizio gratuitamente: per ogni pratica c'è un rimborso intorno ai 25 euro che, moltiplicati per le circa 600 domande gestite nel 2015, portano ad una cifra annuale che si aggira sui 15.000 euro. "Ma non è una questione economica", mette in chiaro il segretario del Sunia, lasciando intendere che i rimborsi ricevuti non sono granchè rispetto alla mole di lavoro da affrontare, ma sembra che il tema non sia economico: "Non c’è alcun risparmio per l'amministrazione comunale, perché comunque bisognerà assistere i cittadini e quindi l'Acer dovrà potenziare il proprio personale". In conclusione, "capisco che i sindacati non siano soddisfatti" della nuova procedura, dichiara Malagoli, "io sono disponibile a ragionare su come migliorare la situazione ma l''obiettivo dell'amministrazione dev'essere chiaro: invertire la tendenza" in merito all''efficienza delle assegnazioni.

DOMANDE ERRATE. Colombarini ricorda invece che quando la quota di domande corrette era al 70% o all''80% "le domande le facevamo comunque noi" e il meccanismo funzionava "perché c'era un controllo immediato" della documentazione. Questo dal 2007, quando i sindacati hanno cominciato a gestire questo servizio. Per il Sunia "il vero problema è l'autocertificazione", introdotta dal 2013. E’ questa modalità ad aver provocato l'esplosione delle richieste non conformi, manda a dire Colombarini: "Noi abbiamo applicato bene delle regole sbagliate e lo avevamo detto subito che l'autocertificazione aveva dei limiti". Inoltre, secondo il sindacato c'è anche un''altra causa dietro l'aumento delle domande non corrette: "Normalmente una graduatoria resta aperta sei o sette mesi, l'ultima invece è durata esattamente il doppio- fa notare Colombarini- ed è chiaro che in tutto questo tempo le condizioni di chi presenta la domanda possano cambiare", determinando discrepanze tra le situazioni fotografate all'inizio del percorso e quando si fanno le verifiche.

In questi anni "ci siamo fatti carico del disagio abitativo della città", dichiara Colombarini: gli operatori che quotidianamente sono impegnati su questo fronte "sono distrutti", perché "devono tenere insieme le complicazioni che riguardano le persone con quelle create dall'amministrazione". Basti pensare, ad esempio, che "ancora si continuano a mandare le comunicazioni per posta elettronica certificata, dopo aver obbligato i cittadini ad aprirla, ma intanto- fa notare il sindacalista- il Governo l'ha abolita".

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