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Cronaca Budrio

Carmorra a Budrio: qui prestanome custodiva i soldi del clan Puca

Maxi-operazione dei Carabinieri di Napoli ha portato fino alla periferia bolognese dove è stato bloccato un conto corrente: dietro un 'insospettabile' spunterebbero gli artigli della cosca partenopea

Non solo la 'ndrangheta ramifica sotto le Due Torri. Secondo l'indagine appena condotto dai carabinieri di Napoli pure la camorra avrebbe posto le basi in città. E' a Budrio che infatti ieri è stato intercettato e bloccato un conto corrente bancario, dietro il cui intestatario ufficiale (un prestanome insospettabile), si celava in realtà la proprietà del clan Puca, attivo nella zona di Sant'Antimo (Na).

BUDRIO & CAMORRA. Il denaro custodito nella periferia del capoluogo felsineo è solo un'inezia: beni per 50 milioni di euro, infatti, sono stati sequestrati alla cosca, che li custodiva in mezza Italia avvalendosi di fidi prestanome, come nel caso bolognese. Si tratta di due discoteche, due centri di benessere, un centro di scommesse, nonché numerosi appartamenti e conti correnti bancari e postali.

IL BOSS. In seno all'operazione, scattata all'alba di ieri, è stata data esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare in carcere e a un decreto di sequestro preventivo. L'ordine restrittivo, emesso per trasferimento fraudolento di valori aggravato dall'aver agito per favorire l'attività della camorra, è a carico del boss Pasquale Puca - 47 anni, capo dell' omonimo clan - nonchè all'attuale reggente, il figlio Lorenzo, e a un elemento di spicco del clan, che sono ricercati. L'ordinanza è stata notificato al boss nel centro penitenziario di Secondigliano dove l'uomo e detenuto poiché ritenuto mandante ed esecutore dell'omicidio del capo del clan rivale, Francesco Verde, detto '0 negus', compiuto il 28 dicembre 2008.

PRESTANOME INCENSURATI. Durante le indagini, coordinate dalla dda partenopea, i militari dell'arma hanno identificato i capi del sodalizio e individuato numerose altre persone, in particolare 15 incensurati insospettabili che avevano fatto da prestanome ai Puca acquisendo fittiziamente la titolarità di quote societarie e di un considerevole numero di beni provento delle attività illecite del clan.

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