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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

901 anni del Comune di Bologna: meno tasse e immunità nella carta dell'Imperatore

Il 15 maggio 1116 Enrico V firmò un "diploma" concedendo ai bolognesi una serie di diritti e perdonandoli per aver distrutto la Rocca

901 sono gli anni del Comune di Bologna. Proprio il 15 maggio 1116 Enrico V, ultimo imperatore del Sacro Romano Impero, firmò un "diploma" concedendo ai bolognesi una serie di prerogative e pretendendo di prendere “sotto la nostra speciale protezione e difesa le persone e le cose mobili e immobili acquisite e da acquisirsi di tutti i cittadini bolognesi, dovunque si trovino o si trasferiscano, così che nessuno presuma di poterli molestare e di poter recare ingiuria alle loro persone o alle loro cose”.

Si tratta del primo documento contenuto nel Registro Grosso, conservato a Bologna nell'Archivio di Stato, ovvero una raccolta di documenti che, dal 1200, contengono i diritti del Comune. 

1) Tasse: L'imperatore non "metteva le mani nelle tasche dei bolognesi" come si direbbe oggi, esonerandoli dalle imposte indirette, dal pagamento del pedaggio e dalle tasse di navigazione. 

2) Immunità: i cittadini bolognesi che prestavano la loro opera nell'esercito imperiale non potevano essere portati a processo, a meno che non avessero compiuto reati sotto le armi.

3) No ai mercati toscani: la rivalità tra Bolognesi e toscani risale dunque a secoli fa. Nel "diploma" si dava facoltà ai cittadini di vietare i mercati toscani a nord della via Emilia, tranne che per le fiere della Domenica delle Palme e di S. Martino.

4) Via l'imposta feudale: divieto per i conti di riscuotere l'imposta feudale dai coloni delle loro terre.

5) Perdono: Enrico V aggiunse nel diploma anche una nota di persone per chi si era reso responsabile di aver distrutto la rocca.

Era stata edificata nell'area che oggi corrisponde a via Manzoni e ospitava i funzionari di Matilde di Canossa, allora governante del territorio bolognese, dopo la nomina di "viceregina" conferitale proprio dall'imperatore Enrico V.

Era protetta da un fossato e le acque provenivano dal torrente Aposa. Alla notizia della morte della contessa Matilde nel 1115, i bolognesi la rasero al suolo.

Chiunque avesse infranto quegli accordi avrebbe dovuto pagare una somma di 100 libre d’oro, spettante per metà al sovrano per metà ai bolognesi. 

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