Infermieri in prima linea: “Trasferiti in hotel per tutelare le nostre famiglie. Figli lontani da settimane”
CRONACA DALLE CORSIE ai tempi del coronavirus . Il racconto di Pietro Giurdanella, Presidente dell'Ordine delle Professioni Infermieristiche
Essere infermieri nel periodo forse più duro per la sanità pubblica italiana, quello del Coronavirus: il senso del dovere, i turni resi più duri dai ritmi e dalle modalità di lavoro, la paura di essere contagiati e di contagiare le proprie famiglie. Pietro Giurdanella, Presidente dell'Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bologna e prima di tutto infermiere lui stesso, prova a raccontare una professione difficile e forse un po' sottovalutata, a partire da qualche settimana fa, quando tutto è iniziato: "La situazione, già impegnativa prima dell'emergenza, è diventata molto complicata a causa dell'aumento dei pazienti, del grande bisogno di personale preparato e della tensione dovuta alla paura del contagio di Covid-19".
"E gli infermieri non si sono certo tirati indietro, anzi - continua Giurdanella, che è anche coordinatore infermieristico dell'area trasversale delle dialisi al Sant'Orsola - so che moltissimi colleghi stanno spostando le ferie che avrebbero avuto in questo periodo per essere utili in corsia. Non solo. Molti medici e operatori sanitari, me compreso, si sono trasferiti in albergo nei pressi dell'ospedale per stare più vicini al lavoro e affrontanto il difficile sacrificio di stare lontano dalla propria famiglia per evitare il rischio di contagiare i propri cari, bambini compresi".
Il bollettino regionale sui contagi aggiornato al 24 marzo 2020
Quindi avete preso in affitto delle camere? "Sì. Lo hanno fatto anche i nuovi assunti, (vincitori di un bando) che non avrebbero saputo come fare altrimenti arrivando da altre città in un momento in cui certo non è semplice mettersi a cercare casa. Ma c'è una cosa da dire, bellissima: questa potrebbe venire alleviata da un accordo tra Federalberghi e la Fondazione Sant'Orsola, dando così una mano a chi tanto sta facendo per combattere questo virus e assistere i pazienti nelle migliori condizioni fisiche e psicologiche. Ciò grazie anche alla grande generosità dei bolognesi, che hanno fatto moltissime donazioni alla Fondazione".
Turni più duri? Reperibilità e straordinari? Quali sono le condizioni di lavoro? "In Emilia-Romagna siamo fortunati e le nuove assunzioni ci hanno dato un po' di ossigeno, anche se non bisogna dimenticare quanto sia preziosa l'esperienza di coloro che esercitano questa professione da anni e che vanno protetti. Anche sulla prevenzione bene la delibera regionale che estende i tamponi anche ai lavoratori asintomatici. Ricordiamo che gli infermieri sono a contatto con molti pazienti positivi. Per quanto riguarda i turni non mi risulta che siano saltati dei riposi e quello che rende difficile il momento sono tutti i dispositivi anti-contagio che dobbiamo adottare quotidianamente e che ci rendono un po' meno 'agili'. Unico appello che mi sento di fare: aiutate le aziende che lo possono fare a convertire la produzione e farci arrivare le mascherine. Ne abbiamo tanto bisogno".
E' dura stare lontano dalla tua famiglia? "La cosa più difficile. Vivo separato da mia moglie e da mio figlio da settimane, ma ci sentiamo sempre attraverso le videochiamate. Il mio bimbo di nove anni si è chiesto perchè non fossi con lui per la Festa del Papà e grazie alla sua maestra ha poi capito il motivo che mi tiene lontano da casa e addirittura mi ha definito il suo eroe. Da quel momento diciamo che ha digerito la lontananza e siamo un po' più sereni. Ma non posso negare quanto sia dura. E come me sono in tanti nella stessa situazione".
Ha parlato della generosità dei bolognesi..."Sì. A parte le raccolte di fondi che lo stanno dimostrando chiaramente, abbiamo ristoratori e commercianti che ci hanno portato colazioni, pranzi e cene. Il titolare di una ferramenta mi ha portato degli occhiali protetettivi per farmi lavorare in sicurezza. Così, un regalo. E queste sono cose che toccano il cuore".