Coronavirus, pasticcerie e Pasqua: in Emilia-Romagna persi 59 milioni in un mese
Confartigianato: "È una discriminazione: ad altre attività è concesso l'asporto mentre alle pasticcerie no"
C'è un lockdown di colombe, uova e dolci tipici pasquali che in Emilia-Romagna causa già perdite per 59 milioni di euro, in un mese. Si scaricano su 2mila pasticcerie regionali, di cui il 73,1% artigiane.
Calcola tutto Confartigianato, che cita "l'interpretazione governativa del Dpcm" dell'11 marzo auspicando rimedi: le imprese artigiane di pasticceria, obbligate alla chiusura, al momento non possono vendere i loro prodotti nemmeno attraverso la modalità di asporto, consentita invece ad altre attività.
"Siamo di fronte a un'interpretazione non corretta dei provvedimenti, una discriminazione iniqua che colpisce 2mila imprese e 6mila addetti in occasione di un momento di grande rilievo quale le festività pasquali", tuona Marco Granelli, presidente regionale di Confartigianato, commentando i numeri del proprio osservatorio.
L'incrocio dei dati strutturali di fatturato per addetto del settore, dell'occupazione e della distribuzione delle vendite mensili rilevata dalle imprese associate, in particolare, consente di stimare pari a 49 milioni di euro la perdita di fatturato di aprile, concentrato nelle mancate vendite dei dolci legati alla ricorrenza di Pasqua.
Ai mancati ricavi, continua Granelli, "si aggiunge la perdita, valutabile in 10 milioni di euro, determinata dal deperimento di parte delle materie prime acquistate prima del lockdown in previsione della produzione per il periodo pasquale", così come dal parziale utilizzo legato all'imprevista chiusura limitare i contagi. "Con la somma dei due effetti si scarica sulle 2mila imprese della pasticceria emiliano-romagnola un danno economico di 59 milioni", rimarca il presidente di Confartigianato Emilia-Romagna.