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Scuole chiuse per coronavirus, precari sotto la Regione: "Lo stop? Lo paghiamo anche noi" | VIDEO

La manifestazione di Adl Cobas e altre realtà di tutta la regione. Gli educatori scolastici chiedono lo stipendio pieno al pari dei loro omologhi pubblici

"Siamo qua per chiedere il pagamento dei nostri stipendi per le ore non svolte durante la chiusura delle scuole". Lo ha spiegato oggi ai cronisti Laura, una delle educatrici che assieme ai loro colleghi da tutta la regione si sono ritrovati sotto i palazzi di Viale Aldo Moro per chiedere udienza alla Regione della Giunta Bonaccini. La questione è la sospensione delle scuole in seguito alle ormai famose ordinanze contro la diffusione del coronavirus, ma con un ingrediente in più: l'annosa precarietà dei lavoratori del settore.

Per questo, una settantina di manifestanti oggi hanno 'sfidato' il divieto di assembramento, aderendo al presidio promosso da Adl Cobas Emilia-Romagna, Tpo, Labas, Casa Madiba network Rimini e Casa cantoniera Reggio Emilia, con tanto di mascherine fornite dagli organizzatori e in generale con l'attenzione di stare 'a distanza' gli uni dagli altri per evitare contatti troppo ravvicinati. La suggestione proposta è insieme provocatoria e propositiva: una sorta di mega ammortizzatore sociale da applicare in casi come questi, un "reddito di quarantena".

Scuole chiuse per Coronavirus e precarietà, il mix esplosivo

"A oggi -continua Laura- non abbiamo nessuna certezza su come verranno pagate queste ore. Si parla di recupero, ma nel nostro servizio è impossibile recuperare le ore, perché abbiamo orari fissi e lavoriamo fino a 37 ore settimanali. Però prendiamo anche stipendi molto bassi e per questi motivi chiediamo che vengano riconosciute queste ore, come avviene per gli insegnanti e i dirigenti scolastici. Non vogliamo essere lavoratori di serie b". Oltre agli educatori, al presidio hanno aderito anche alcuni lavoratori dello spettacolo, che lamentano come la serrata degli eventi rischi di danneggiare un settore del lavoro già sotto pressione per via della forte precarietà concretizzatasi negli anni.

Spettacoli 'chiusi' per coronavirus, il lavoratore precario: "Tutto posticipato, i conti rischiano di saltare"

A protestare, ma in senso opposto, sono anche i riders. "McDonald's e simili per qualche consegna in più non chiuderebbero mai neanche in caso di guerra civile, figuriamoci per l'epidemia di un nuovo virus di cui non si conosce la cura", attacca Lorenzo Righi, di Riders union Bologna.

Alcuni consiglieri regionali hanno ricevuto una delegazione dei manifestanti: Marcella Zappaterra (Pd), Igor Taruffi (Coraggiosa) e Silvia Piccinini (M5s). E' paradossale che a pagare il conto della chiusura delle scuole sia una specifica categoria di lavoratori che gestiscono servizi educativi nelle scuole, come l'assistenza a bambini e studenti con disabilità -spiega Piccinini- queste persone al momento non hanno certezze sulla loro retribuzione per tutto il periodo di sospensione dell'attività scolastica, producendo quindi un danno consistente al loro reddito. Chiediamo al più presto un tavolo su questo caso specifico" e "una soluzione accettabile per tutti".

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