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Cronaca

Coronavirus, Dismeco recupera ricambi per apparecchiature mediche

È un progetto sperimentale con Zero Waste Italy: intende intercettare le apparecchiature non in funzione o dismesse per ricavare ricambi utili alle istituzioni sanitarie, pubbliche o private

Ricambi pronti all'uso e sanificati recuperati da apparecchiature elettromedicali in disuso. È l'idea dell'azienda bolognese Dismeco, capofila, assieme a Zero Waste Italy, del progetto sperimentale 'MDre-Medical Device regeneration', mirato al recupero certificato di ricambi di apparecchiature elettromedicali inutilizzate o dismesse, utili per sopperite alle loro carenze durante le emergenze sanitarie, come quella da coronavirus.

Dismeco, premiata da Confindustria nel 2019 come 'Best performer dell'economica circolare', gestisce un impianto industriale di recupero dei rifiuti elettrici ed elettronici a Marzabotto. Zero waste Italy è un'associazione no profit che si prefigge di promuovere le buone pratiche di riduzione, riparazione, recupero di prodotti e materiali.

In queste settimane è emersa la carenza di apparecchiature elettromedicali a disposizione, mentre ospedali e sanità pubblica dispongono di grandi quantità di apparecchiature elettromedicali datate ma ancora funzionali o non utilizzabili perché mancano i ricambi. Il Progetto "MDre" intende intercettare le apparecchiature non in funzione o dismesse per ricavare ricambi utili alle istituzioni sanitarie, pubbliche o private (dopo operazioni controllate e certificate di smontaggio selettivo e sanificazione). Questo progetto sperimentale, inoltre, se applicato su vasta scala, potrebbe portare a ridurre significativamente i costi di smaltimento per la sanità pubblica in quanto calmierato dalla rivendita dei pezzi di ricambi e dal ricavato dei materiali di risulta.

Il tutto in stretta collaborazione con le case costruttrici anche allo scopo di individuare gli elementi di maggior valore da testare, certificare, selezionare, conservare e sanificare. Queste 'parti funzionanti', ipotizza Dismeco, potrebbero essere raccolte in un magazzino dedicato, gestito dalla Protezione civile o dalle istituzioni sanitarie interessate. Al progetto ha aderito anche l'Università di Bologna, con il dipartimento di Ingegneria civile, chimica, ambientale e dei materiali, coordinato da Alessandra Bonoli. (Dire)

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