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Cronaca

DL Salvini sulle spese di Giustizia, avvocati di Bologna: "Ci danneggia"

Articolo 130 bis del Testo unico sulle spese di giustizia. L'Ordine bolognese degli Avvocati ha deciso di "sottoporre all'attenzione degli organi rappresentativi i numerosi profili critici della disposizione"

«Conseguenze pesantemente incisive sulla sfera dell'avvocato e molto critiche» è questo ciò che segnala l'Ordine degli avvocati di Bologna riguardo al nuovo articolo 130 bis del Testo unico sulle spese di giustizia, introdotto dal dl Salvini.

Inizialmente preannunciato come 'abolizione del patrocinio a spese dello Stato per i ricorsi dei migranti', è stato poi presentato al pubblico come 'le spese processuali per un ricorso contro la negazione della domanda d'asilo non sono piu' a carico dello Stato', in realta' e' di ben piu' ampia portata, riferendosi a tutti i processi civili".

Per questo lo stesso Ordine bolognese ha deciso di "sottoporre all'attenzione degli organi rappresentativi dell'avvocatura i numerosi profili critici della disposizione", auspicandone "l'intervento nella fase di conversione in legge del decreto, dal momento che l'effetto della norma cosi' come introdotta con il dl non e' quello di limitare o regolamentare diversamente il patrocinio a spese dello Stato nei ricorsi in materia di protezione internazionale e immigrazione, ma di incidere pesantemente sulla funzione difensiva".

I punti critici del nuovo testo dell'articolo 130 bis, che recita testualmente: "Nel processo civile, quando l'impugnazione, anche incidentale, e' dichiarata inammissibile, al difensore non e' liquidato alcun compenso. Non possono essere altresi' liquidate le spese sostenute per le consulenze tecniche di parte che, all'atto del conferimento dell'incarico, apparivano irrilevanti o superflue ai fini della prova", sono vari, secondo gli avvocati bolognesi.

In primis, l'Ordine segnala "la diversa dizione dell'articolo 106 e del nuovo articolo 130 bis, con il primo che dice 'il compenso per le impugnazioni coltivate dalla parte non e' liquidato', mentre nel secondo si legge che 'nel processo civile, quando l'impugnazione, anche incidentale, e' dichiarata inammissibile, al difensore non e' liquidato alcun compenso'". Questo, si legge nella circolare, puo' far ritenere che "nel primo caso la previsione sia limitata a negare la liquidazione del compenso del solo grado di impugnazione, mentre nel secondo caso il diniego si estenda all'intero giudizio", con la conseguenza che "in caso di giudizio concluso da sentenza definitiva di inammissibilita', sarebbero travolti i compensi per l'intero processo, dal primo grado alla Cassazione: e questa e' l'interpretazione corrente, in base alla quale, allo stato, i compensi dei difensori di ammessi al beneficio vengono 'congelati' fino al passaggio in giudicato della sentenza o alla verifica dell'esito dell'impugnazione".

È evidente, secondo gli avvocati, "l'intento di responsabilizzare i difensori, imponendo loro di sconsigliare e dissuadere l'assitito dal proporre impugnazioni infondate". Il problema e' che "l'avvocato del grado conclusosi sfavorevolmente, che virtuosamente abbia sconsigliato l'impugnazione", potrebbe essere danneggiato in caso di "pronuncia di inammissibilita' del possibile appello, o ricorso per Cassazione, redatto da un altro professionista, vedendo travolto anche il proprio compenso per il grado precedente". 

Altrettanto problematico, prosegue l'Ordine, e' il secondo comma dell'articolo, secondo cui "al consulente tecnico di parte non verra' liquidato alcun compenso per consulenze 'irrilevanti o superflue ai fini della prova'", che "secondo i piu' sarebbero quelle ridondanti, o volte a supportare pretese infondate, indipendentemente dal fatto che la consulenza sia stata disposta dal magistrato e dunque la perizia in se' non sia stata ritenuta 'irrilevante' o 'superflua'".

Come se non bastasse, per gli avvocati "e' troppo ampio il margine di discrezionalita' che comporta l'ancorare la mancata liquidazione del compenso a valutazioni, particolarmente delicate e dagli incerti confini, di inammissibilita' o di irrilevanza e superfluita'". Infine, dall'Ordine segnalano "la forte differenza tra il prevedere (articolo 136 del Testo unico) la revoca, a carico dell'assititito, dell'ammissione al beneficio in caso di azione o resistenza in giudizio 'con malafede e colpa grave'", e il prevedere, come si legge nel dl Salvini, che "l'ammissione, a favore del beneficiario, persiste ma 'al difensore non e' liquidato alcun compenso'". Una differenza "non trascurabile, visto che, se non interviene la revoca, tecnicamente il beneficiario e' ancora ammesso al patrocinio, e dunque non gli possono essere richiesti compensi da parte del difensore". (Dire)

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