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Cronaca

Festa delle donne senza pelliccia

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di BolognaToday

Da dati Eurispes risalenti al Report sull'Italia 2014, più dell'85,5% della popolazione si dichiara contro l'allevamento di animali da pelliccia; tuttavia contemporaneamente si sta assistendo a uno spostamento di una parte significativa della produzione verso il Sud-Est Asiatico e in particolare la Cina, dove le regolamentazioni in materia di tutela degli animali ed in particolare animali da pelliccia sono fortemente limitate se non del tutto assenti de facto, seppur presenti de iure. La storia delle pellicce ha origini antichissime. Usate in tutte le ere in svariati modi, queste divennero famose già nell'epoca romana, quando il buon vecchio Onorio proibì nel 397 ogni oggetto di pellicceria a causa dell'uso smodato che ne veniva fatto. Le pellicce erano usate nel costume romano per distinguere i ceti sociali più alti da quelli inferiori. I patrizi usavano le pelli anche per la confezione di calzari di lusso. Spostandoci in Francia, invece, l'uso delle pelli animali diventò molto celebre con l'avvento di Carlo Magno, che usava vesti foderate di ermellino. Per la confezione di una veste regale si contava l'uccisione di più di 1800 esemplari. Come non parlare poi di Venezia, celebre a quei tempi per la concia delle pelli animali. A casa ogni donna possedeva almeno una pelliccia, se non più di due, ed era molto in voga il "pelliccione", costituito da una veste stretta in vita che scende sui fianchi con pieghe profonde ed un colletto che si allarga come un calice attorno al viso. Sebbene questi vestiari di lusso fossero così bramati e apprezzati da ogni ceto sociale nobile di qualsiasi secolo, Onorio non fu l'unico a mettere un veto al commercio delle pellicce. Nel 200 vennero promulgate delle leggi suntuarie (atte a limitare la ricchezza degli abiti maschili e femminili) che imponevano alle donne di dover possedere un massimo di cinque pellicce e non più. Ciò accadde anche nel '500 e nel '900, per non parlare dell'uso delle pellicce in ambito ecclesiastico. Queste destarono lo scalpore e l'indignazione di S. Pier Damiani e di S. Bernardo, tanto che in un concilio nel 1127 viene proibito alle monache l'uso di qualsiasi pelliccia. Anche oggi la pelliccia non è politically correct.

Tre buoni motivi per bandire dal proprio abbigliamento o arredamento le pellicce animali. 1) Ancor più dell'onnipresente pelle, per ragioni del tutto voluttuarie la pelliccia implica allevamento e uccisione estremamente crudeli di milioni di animali. Camere a gas e scosse letali sono fra i metodi più diffusi che preludono allo scuoiamento di creature alle quali viene riservata una breve e orrenda vita in gabbia, fra paura e maltrattamenti. Fin dal principio infatti essi sono considerati merce. Gli allevamenti di animali da pelliccia sono oltretutto inquinanti, sia per la concentrazione di liquami e medicinali inevitabilmente scaricati nei terreni e nelle acque, che per lo smaltimento dei corpi delle loro vittime. 2) Alla luce degli innumerevoli materiali sintetici e fibre naturali presenti sul mercato già da molti anni e sempre più vari e sofisticati, la pelliccia ha da tempo e del tutto perso la sua funzione di indumento che ripara dal freddo, a maggior ragione in un paese dal clima (ancora) temperato come l'Italia. Avvolgersi in una pelliccia, una bordura, una coperta di pelo, significa lasciarsi soffocare dal passato più retrivo, negando il progresso tecnologico e morale. La pelliccia non dona all'anima né all'aspetto. Ingoffa, sa di trofeo barbarico, è cafona sulle donne e, ancor peggio, portata dagli uomini. Si presta inoltre alla mistificazione; tanti colli e polsini d'importazione, ad esempio, sono etichettati come lapin ma originano da gatti e cani (sarebbe obbligatorio specificarlo): non che il coniglio sia meno desideroso di vivere, ma chi ha il quattrozampe in casa potrebbe impressionarsi. 3) Il mercato della pelliccia si rivolge oggigiorno soprattutto ai nuovi ricchi di paesi come Russia, Cina, America Latina, dove la zelante ostentazione del lusso raggiunge spesso picchi di volgarità che qui dovremmo esserci lasciati alle spalle. Ma ecco che le aziende dell'abbigliamento, anche da noi, rilanciano elementi utili a "impreziosire" il capo e motivare un aumento di prezzo. Così, persino giubbotti da quattro soldi hanno il cappuccio ornato da una triste coroncina di derivazione animale, mentre le case di moda più note non esitano a infilare qua e là brandelli di volpe, visone, ermellino e tanti altri animali. Individui che, al contrario, dovremmo limitarci a stringere in un abbraccio ideale, ammirandone la grazia lucente in piena libertà.

Renzo Samaritani

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