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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Piena storica per il Reno, Arpae: "L'altra nell'90. Imprevedibili le fragilità degli argini"

"Il sistema di allerta ha funzionato bene" spiegano da Arpae struttura idro-meteo-clima. Fattori combinati hanno complicato le cose: la neve sciolta aveva già reso saturo il terreno

A emergenza rientrata si fa il punto sulle esondazioni degli scorsi giorni. E' l'ingeg. Rosanna Foraci, della struttura idro-meteo-clima di Arpae a descrivere quello che è stato il secondo evento storico di questa portata: «Una piena simile si è verificata solo nel 1990. Oggi possiamo dire che il sistema di allerta ha funzionato bene (la piattaforma "allertameteo", attiva dal 2017) e che siamo riusciti a prevedere il fenomeno con un giorno di anticipo, prima per la zona occidentale, riconfermato ed esteso in seguito per le aree più orientali. Oltre alle allerte abbiamo emesso 12 documenti di monitoraggio distanziati tre ore l'uno dall'altro. Documenti accessibili dalla rete e regolati da notifiche per enti di soccorso e sindaci».  

«Chiaro è che quello che non si potevano prevedere sono i danni: le piogge sono state sì abbondanti e intense, ma sono stati altri fattori combinati a rendere la situazione critica. Intanto i flussi caldi provenienti da sud ovest che hanno alzato le temperature facendo sciogliere la neve fresca, che si è sommata a quella presistente (sulle cime): il terreno era già saturo e l'acqua a questo punto non veniva più assorbita, diventando subito "piena"». 

Anche le opere idriche per la laminazione delle piene hanno fatto il loro lavoro: «Le infrastrutture hanno dato buona prova di efficacia, il problema sono stati i cedimenti degli argini, fragilità che sono difficili da prevedere. L'unico problema lo abbiamo avuto a Buonconvento, dove appunto le arginature non hanno retto». 

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Intanto la conta dei danni è partita. Quella reale si intende, fatta di sopralluoghi e indagini nei campi flagellati dall’esondazione del Reno, all’interno di capannoni ed edifici investiti dall’onda funesta, e non quella diramata nelle ore del disastro magari guardando l’acqua che pian piano saliva.

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