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Cronaca Zona Universitaria / Viale Carlo Berti Pichat

Gasometro Hera: gioco di luci per il piccolo gioiello di architettura industriale

Entrò in funzione nel 1930 ed era in grado di stoccare 30mila metri cubi di gas. Il gioco di luci lo renderà ancor più affascinante

Il gasometro, la struttura di viale Pichat restaurata da Hera, risplenderà di nuove luci. L’illuminazione serale, si accende al tramonto e si spegne a mezzanotte, ottenuta con l’installazione di lampade a led, è caratterizzata dai tre colori del logo aziendale.

Il gasometro è collocato all’interno della sede di Hera, storicamente comparto dell’ “Officina del gas”, area coinvolta in un progetto di riqualificazione, durato sei anni e appena terminato. La ristrutturazione della sede di 

La nuova illuminazione

Sono state poste 16 lampade led da 27 W ciascuna, a luce bianco calda; sul ballatoio del terzo piano sono stati invece collocati 48 apparecchi di illuminazione di ultima generazione con colore modulabile, che da ogni lato del gasometro insistono sulla finestra posta all'ultimo piano. In cima, 16 proiettori led sempre con luce a colore modulabile sono disposti lungo il perimetro della copertura per evidenziare la torretta sulla sommità. L’intervento complessivo impegna una potenza inferiore ai 3 kW, la stessa di un’abitazione a uso civile. 

Nuova luce per il gasometro

La storia

Il gasometro entrò in funzione a Bologna nel 1930 ed era in grado di stoccare 30mila metri cubi di gas. La sua realizzazione fu necessaria per incrementare la capacità complessiva della città di Bologna, allora insufficiente in virtù del continuo sviluppo
dell’erogazione del gas, gas che allora si otteneva con la distillazione del carbon fossile, che veniva poi stoccato in gasometri e distribuito alla città attraverso una rete di tubature sotterranee.

Il tipo di costruzione scelto fu quello detto “a secco”, largamente diffuso all’estero ma ancora non sperimentato in Italia. L’involucro di forma prismatica con 16 facce, in lamiera, poggia su una base in calcestruzzo di cemento, il tetto è in ferro con cupolad’areazione. Alto 52 metri con un diametro di 30, lo spazio occupato dal gas era limitato nella parte superiore da un grande diaframma metallico mobile che si adattava alla quantità di gas contenuta e scorreva lungo le pareti interne, completamente lisce. All’esterno tre passerelle sono collegate tra loro da una scala che ruota attorno alla costruzione.
Due indicatori di volume esterni segnavano la quantità di gas immagazzinata, con un indice che scorreva lungo una scala graduata, comandato, mediante contrappeso, dal disco mobile interno. Come complemento al gasometro, fu realizzata anche una nuova tubazione di 2.700 metri che si allacciava alle reti preesistenti alle Porte Lame e Saffi. Il nuovo gasometro andava così ad alimentare la zona bassa di Bologna dove si verificavano le maggiori carenza di pressione all’ora di mezzogiorno. L’ultimo alto forno per la distillazione dal carbone fu spento il 7 ottobre 1960 e, per qualche anno, furono usati i gasometri per lo stoccaggio del nuovo gas metano. La città, infatti, cominciava ad essere allacciata alle condotte gas, prima tra i grandi centri urbani a metanizzare tutta la rete, e grandi cambiamenti tecnologici erano alla porte. Ben presto si vide che i gasometri non erano più adatti a queste nuove funzioni, anche per via delle caratteristiche del “nuovo” gas. Negli anni ’70, dunque, si provvede a costruire nuovi impianti di stoccaggio e il gasometro venne dismesso.

IL GASOMETRO DAL 1930 A OGGI: GUARDA IL VIDEO

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