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Cronaca

Fuga notizie su caso Bragaglia, Procuratore: "Necessario mandare i Nas al Carlino"

Perquisizione e protesta dell'Ordine dei Giornalisti e di Aser-Fnsi, Giovannini: "Indispensabile perché dal numero di protocollo visibile dalla foto pubblicata era possibile individuare il contesto l'atto

Le polemiche legate al caso di Gino Bragaglia, 86enne scomparso dal reparto di Medicina Interna del Sant'Orsola e trovato morto dal figlio due giorni e mezzo dopo su una scala di emergenza, hanno toccato nelle scorse ore anche la libertà di informazione, dopo che il quotidiano locale Il Resto del Carlino aveva pubblicato parte di una relazione non pubblica, con il conseguente intervento dei Nas nelle redazioni. Una premessa è doverosa: "La liberta di informazione è un baluardo invalicabile, è garanzia di democrazia e spesso, nel nostro Paese, inchieste giornalistiche condotte con rigore e coraggio hanno giovato e molto, a diverse indagini aventi ad oggetto fatti assai gravi". Queste le parole del Procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini, rispondendo alla domanda se era proprio necessario mandare i carabinieri al Resto del Carlino.

L'ARRIVO DEI NAS E LE PROTESTE DELL'ORDINE DEI GIORNALISTI. L'altro ieri c'era stata l'acquisizione di documenti alla redazione de 'il Resto del Carlino' dopo che il quotidiano aveva pubblicato stralci della relazione inviata dal policlinico Sant'Orsola alla Regione sull'episodio di Gino Bragaglia. Questo ha provocato la protesta dell'Ordine dei gionalisti e dell'Aser-Fnsi, il sindacato dei giornalisti. "Nel merito rispondo di sì - ha aggiunto Giovannini - Era indispensabile acquisire, e la cosa è stata fatta con grande riservatezza e garbo, il documento posseduto dal giornale, perché dal numero di protocollo visibile dalla foto pubblicata era possibile individuare il contesto dal quale proveniva l'atto. L'acquisizione è stata assai utile perché ci ha permesso di circoscrivere di molto l'ambito investigativo".

L'ATTO SUL CASO BRAGAGLIA NON ERA PUBBLICO. Ma l'atto era gia" pubblico: "No, questo è un grosso equivoco - è la risposta del Procuratore aggiunto -. Il documento redatto da pubblici ufficiali una volta acquisito al fascicolo di indagine diviene, per legge, riservato. Inoltre era stato formalmente comunicato, anche tramite agenzie di stampa, che era possibile, comprendendo la rilevanza della notizia, fornire una comunicazione di carattere generale. In quell'atto vi sono dichiarazioni di testimoni fondamentali per le indagini che dovevano non essere divulgate a soggetti diversi da quelli istituzionali. Del resto l'Assessore Lusenti, nella sua lettera che accompagnava la trasmissione della relazione ai soggetti istituzionali, correttamente lo ha chiaramente scritto".

Lei che si occupa per la Procura dei rapporti con la stampa (Giovannini è portavoce della Procura di Bologna, ndr), prevedeva quanto accaduto? "Ci tengo a precisare che la Procura di Bologna ha un proprio magistrato formalmente delegato a curare i rapporti con i media. Spero non sfugga che questa decisione del Procuratore Alfonso è un gesto di grande attenzione e rispetto per i giornalisti. Detto questo, forse sì, avevo messo in conto le reazioni critiche verso la mia persona. Ma se questo è un prezzo necessario da pagare per avere agito da Pubblico Ministero imparziale e rispettoso delle leggi vigenti, accetto di pagarlo. In ogni caso è ovviamente un diritto criticare in modo pacato e costruttivo i provvedimenti dei magistrati".

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