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Oggi il NO alla violenza sulle donne: "I social network spesso strumenti di controllo"

L'INTERVISTA. Elsa Antonioni ci parla della fase in cui ci si accorge che si ha paura: "Aiutiamo a prevenire la violenza con diversi strumenti. Il primo: denunciare in modo consapevole"

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Questa ricorrenza è stata istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e l'invito ai governi e alle organizzazioni internazionali è quello di organizzare attività di sensibilizzazione sul tema. A Bologna dal 1990 (anche se il gruppo di femministe iniziò ad operare ben prima) c'è "La Casa delle donne per non subire violenza", associazione che accoglie e aiutare concretamente le donne che subiscono violenza. 

E proprio in questa giornata speciale, Elsa Antonioni, da vent'anni operatrice d'accoglienza al centro anti-violenza ci ha raccontato cosa accade quando una donna si rende conto che comincia ad avere paura: "Le donne spesso concedono tanto, tutto in nome dell'amore, mentre i loro compagni pretendono. E questa è una cosa che è vera ancora oggi. Tante le donne, anche giovani, che si accorgono di essere in una situazione di subordinazione e si domandano come possa essere accaduto...e parliamo anche di donne dotate di strumenti culturali". 

I NUMERI DEL 2016. Nei primi 10 mesi di quest’anno hanno chiesto aiuto alla Casa 666 donne (di cui 442 italiane e 223 straniere) e 626 di queste lo hanno fatto per motivi di violenza (409 italiane e 216 straniere). Nell'ospitalità invece la quasi totalità di donne e bambini è straniera: nei tre rifugi segreti 34 su 35 ospiti tra donne e minori; nella casa di emergenza Save su 44 ospiti, sono 14 le italiane/i e 30 le straniere/i; nei 9 alloggi di transizione su 13 ospiti, 2 italiane e 11 straniere/i. I dati non presentano grandi differenze rispetto agli anni precedenti, se non che le donne straniere sembra avere percorsi più lunghi della italiane, segno delle maggiori difficoltà che incontrano verso l'autonomia. 

Dal 1990, quando la Casa ha aperto i battenti, ad oggi le donne accolte sono arrivate a 11.112. Il servizio Oltre la strada dal 1° gennaio al 31 ottobre 2016 ha seguito 21 percorsi di protezione e inclusione socio-lavorativa, oltre alle 18 già in carico dagli anni precedenti. 11 delle donne per cui è stato attivato il percorso sono state ospitate nella struttura protetta del progetto, le restanti in altre soluzioni abitative. Nel periodo considerato c’è stato un netto mutamento del dato relativo alla nazionalità delle donne accolte: se dal 2007 al 2013 la nazionalità prevalente era quella nigeriana, negli ultimi anni si è rilevato un forte calo dell’accesso al progetto Oltre la strada da parte di donne nigeriane (5 donne). Il dato della nazionalità è molto più vario rispetto agli anni precedenti: 9 donne provengono dall’Est Europa, 7 da altri Paesi. "Il fenomeno della tratta a scopo di sfruttamento è infatti estremamente mutevole e subisce periodiche variazioni nei suoi caratteri fondamentali - il commento di Casa delle donne - nazionalità ed età delle donne coinvolte, modalità di reclutamento, assoggettamento e sfruttamento. Infine è bene sottolineare come le donne vittime di tratta siano in primo luogo vittime di violenza: tutte le donne dichiarano di aver subito più tipi di violenza nella loro esperienza migratoria: violenza fisica, sessuale, economica e psicologica".

Il primo passo. Cosa accade nella fase di accoglienza, quando si decide di rivolgersi al Centro delle Donne? 

"Intanto una fotografia delle donne che mi si presentano davanti (che confermano i dati letti nel report): sono per la maggiore italiane, diciamo un 70%, spesso sono giovani e con un buon livello culturale. Per tre grandi ragioni è bene considerare di venire al nostro centro anti-violenza: per pensare alla denuncia in modo consapevole, per l'autoprotezione e per prevenire la violenza. 

Intanto, rispetto al primo punto, è positivo perchè prepara alla denuncia, fatto che di per sè non protegge, anzi, spesso è controproducente soprattutto se si vive ancora sotto lo stesso tetto. Molte pensano di aver denunciato solo perchè hanno chiamato la Polizia o i Carabinieri, quando sappiamo bene che parliamo di una formalizzazione ben diversa e questo è bene saperlo. La disparità di potere si ripete. Spesso una donna si rende conto della necessità di avere consapevolezza di sè quando è passata o è stata vicina a una situazione di violenza". 

Ha fatto riferimento a giovani donne che si presentano al centro...quali sono le loro storie?

"Molto giovani, anche minorenni. Sono esposte spesso alla confusione fra gelosia e amore: i loro partner assumono atteggiamenti molto possessivi e spesso ingiustificati, pretendono di avere il controllo totale sulla vita di queste ragazze. Abbiamo avuto anche molti casi in cui le protagoniste erano delle giovani immigrate di seconda generazione che staccandosi dalle tradizioni e gli stili di vita dei loro Paesi e delle loro famiglie, hanno suscitato reazioni violente. La situazione in questo caso è aggravata dall'impossibilità di fare ritorno nei paesi d'origine (spesso c'è il problema del permesso di soggiorno in Italia) perchè non verrebbero più accettate". 

Ha parlato di controllo sulle donne da parte del partner...che ruolo hanno i social network? In qualche modo "facilitano" l'ossessione di questi uomini e rendono più vulnerabili le vittime?

"I social network sono un ulteriore strumento di controllo. Molte per dimostrare che non hanno nulla da nascondere danno la password d'accesso ai loro uomini poi magari nella fase di stalkeraggio questa concessione assume un ruolo determinante. I social sono pericolosi soprattutto perchè rendono pubblici gli spostamenti e la vita stessa delle persone, elementi che possono venire monitorati dagli ex per esempio...Eppure a volte mi sono sentita dire 'Non mi tolgo da Facebook perchè questo limita la mia libertà'". 

Il suo appello per incoraggiare le persone a prendere parte agli incontri e alle iniziative di questi giorni?

"Lascio a tutti la libertà di decidere se partecipare o meno. Ma se si ha voglia di fare qualcosa per le donne (e mi rivolgo anche agli uomini femministi!) unitevi a noi e traetene beneficio". 

Anche quest'anno a Bologna Festival della Violenza Illustrata...

"E' cominciato il 7 novembre e continuerà fino al 3 dicembre. E' l'undicesima edizione, una sfida per parlare della violenza sulle donne, del sessismo e della discriminazione senza mostrare corpi scomposti, sangue o immagini che feriscono, ancora una volta, il corpo delle donne". 

L'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna su femminicidio e prevenzione della violenza. "Sono già 9 i femminicidi e 4 i tentati femminicidi in Emilia-Romagna nel 2016 (dato del 19 ottobre de La Casa delle donne). Solo da pochi anni esiste in italiano un termine per riferirsi all'omicidio di donne uccise in quanto donne - spiega l'ordine in una nota - Femminicidio è una parola importante perché permette di isolare un fenomeno specifico e comprenderne portata e gravità. L'uccisione della donna in quanto donna rappresenta il risultato tragico e devastante di una serie di atteggiamenti psicologici, culturali e sociali: non è quasi mai un fatto isolato, un gesto improvviso, un raptus. Molto più spesso è la conclusione premeditata di una escalation di violenze psicologiche e fisiche, e va sempre condannato senza attenuanti.

Dal punto di vista sociale, nonostante i numerosi e importanti cambiamenti avvenuti con il movimento di emancipazione femminile, una delle principali cause della violenza di genere deriva dal perdurare di un modello socio-culturale patriarcale che vuole la donna al servizio dell’uomo, quando non una proprietà a tutti gli effetti. In un contesto di questo tipo, l’espressione dell’autonomia di pensiero e di azione della donna può venire avvertita come minaccia alla virilità e al diritto di potere dell’uomo.  

Dal punto di vista psicologico, l’esperienza clinica e psicoterapeutica evidenzia come l’emancipazione ottenuta in vari ambiti della vita pubblica non abbia ancora portato alla completa indipendenza psicologica della donna nella sfera intima delle relazioni affettive. Non si rilevano differenze significative tra le donne che appartengono a diversi ruoli e ceti sociali, tutte possono soffrire psicologicamente e fisicamente fino a morire a causa di partner sbagliati. Una forte pressione psicologica e una grande dipendenza affettiva fanno sì che venga accettato ciò che invece è intollerabile. Senza quasi rendersene conto, la donna vittima diviene “prigioniera” di un rapporto scellerato, condizione che spesso non le permette di spezzarne il pericoloso meccanismo". 

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