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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Caporalato ai grandi concerti, inchiesta della Procura: scattano le manette

Addetti a nero con turni da 15 ore. In manette due soggetti già noti alle cronache giudiziarie. Emergono responsabilità anche per due società del bolognese

Contattati su internet o per passaparola e ingaggiati per sei euro l'ora. Poi, costretti a turni massacranti, anche per 15 ore di fila al giorno senza pause per mangiare o bere, per garantire la sicurezza dei grandi eventi come il concerto di Vasco Rossi al Modena Park, del primo luglio 2017, che richiamò circa 220mila spettatori.

Sono i nuovi "schiavi" del mondo della "security" che almeno da un anno venivano sfruttati da quattro persone (oggi tutte indagate e due in carcere), con modalità affini a quelle del caporalato nei campi agricoli. Si tratta di circa un centinaio di "invisibili" tra cittadini italiani o nomadi, alcuni dei quali pregiudicati, ma più spesso stranieri immigrati da poco e in attesa di responso della richiesta di protezione internazionale, che in molti casi non parlavano neanche italiano.

E' quanto ha scoperto la Procura di Reggio Emilia che, al termine delle indagini partite nel 2017- titolari il procuratore capo Marco Mescolini e il sostituto Valentina Salvi- ha spiccato quattro provvedimenti cautelari eseguiti oggi dai Carabinieri. Per due persone, F.C. di 51 anni e il figlio D.L. di 31, si sono aperte le porte del carcere. I due truffatori seriali, già coinvolti in un'inchiesta sulla compravendita in rete di case vacanza fantasma, reclutavano infatti la "manodopera" in nero, accogliendola nella loro casa in città, per poi dirottarla nei luoghi degli eventi o nei locali notturni di tutto il nord Italia dove i migranti- privi di ogni requisito professionale- svolgevano le mansioni di buttafuori.

Nell'inchiesta sono inoltre coinvolti i titolari di due società fornitrici di servizi di sicurezza per eventi, con sede legale in provincia di Bologna e a Imola. A loro è stato imposto il divieto di esercitare l'attività imprenditoriale per un anno. Il ruolo delle società era quello di comunicare alle autorità delle città in cui si svolgevano i concerti i codici prefettizi di autorizzazione dei propri addetti, per poi "mescolare le carte" affiancando agli addetti alla security regolari e formati anche i migranti, dotati per l'occasione di tesserini falsificati.

Un meccanismo illecito che, secondo i Carabinieri, ha fruttato almeno 100mila euro ai suoi organizzatori, a discapito della sicurezza pubblica. Come dichiarato ai militari da una delle "vittime" dell'organizzazione, un clandestino proveniente dalla Libia che ha prestato servizio in un concerto (la lista include anche quelli dei Guns'n roses a Imola, di Dj Salmo a Modena, dei Rolling stones a Lucca e dei Depeche mode a Milano, tutti di 2 anni fa, ndr), "se fossi stato un terrorista avrei potuto fare qualsiasi cosa".

Gli indagati devono ora rispondere a vario titolo di una lunga serie di accuse di reato, come intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro, false attestazioni a pubblico ufficiale e uso di falso materiale in autorizzazioni amministrative. Il comandante dei Carabinieri reggiani Cristiano Desideri, sottolineando che nessuno dei migranti sfruttati era in carico a strutture di accoglienza, sottolinea in particolare, "lo stato di forte soggezione psicologica e morale degli stranieri, che volevano lavorare e proprio con questa promessa venivano attirati nella trappola". (Cai/ Dire)

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