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Cronaca

Sequestrata, maltrattata e seviziata, lei lo denuncia poi ritratta: la condanna arriva lo stesso

L'esito giudiziario a seguito della procedibilità di ufficio. Al giovane comminati 2 anni e mezzo, domiciliari respinti

Prima lo ha denunciato per maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona e lesioni personali aggravate, poi ha ripreso a frequentarlo e quando, oltre un anno dopo, lui è finito in carcere ha ritirato la denuncia.

Tuttavia, dal momento che si tratta di reati procedibili d'ufficio, il procedimento nei confronti dell'uomo, un 26enne pakistano, è andato avanti e l'altro ieri si è concluso, in primo grado, con una condanna a due anni e sei mesi in abbreviato e con il respingimento (il terzo da quando l'uomo e' stato arrestato), da parte del gip di Bologna Francesca Zavaglia, della richiesta di arresti domiciliari presentata dall'avvocato Alessandro Murru.

Il 26enne è finito in carcere il 20 luglio scorso, quando si era recato all'Ufficio immigrazione per sbrigare una pratica, venendo poi arrestato dagli agenti del commissariato Due Torri-San Francesco, che avevano eseguito nei suoi confronti un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nel maggio del 2017 dal Tribunale di Bologna.

Nell'ordinanza, emessa a seguito della denuncia presentata dalla moglie a marzo 2017, si contestava all'uomo, in primis, il reato di maltrattamenti in famiglia per averla percossa, averle provocato ustioni alle braccia e alle gambe servendosi di una lama di coltello arroventata, averla privata della libertà personale e averle sottratto il telefono cellulare, impedendole di parlare con parenti e amici se non in sua presenza.

Inoltre, il 26enne era accusato di sequestro di persona per aver chiuso a chiave la moglie in casa per giorni, e di lesioni personali aggravate per le ustioni causate alla donna e per averla colpita con calci e pugni, provocandole ecchimosi al corpo e alle mani.

Agli investigatori, la donna aveva raccontato di essere riuscita a scappare di casa e di essersi rifugiata dai propri parenti, che vivono in un'altra regione, da dove ha poi sporto denuncia contro il marito, che nel frattempo se ne era andato in Pakistan.

Murru, però, durante il processo ha sostenuto che la moglie, in realtà, si trovava dai suoi parenti già da due mesi quando ha presentato la denuncia, e che il marito non è scappato in Pakistan dopo che lei se ne era andata di casa, ma che aveva già prenotato da mesi un volo per andare là e parlare con le autorità locali per formalizzare il divorzio.

In effetti i due al momento sono divorziati, ma l'accusa di maltrattamenti in famiglia è rimasta, dato che all'epoca erano sposati. Pochi mesi dopo la denuncia, però, la coppia ha ripreso a frequentarsi, come dimostra anche una lettera, scritta dalla donna dopo l'arresto dell'ex marito (e la cui autenticità, afferma l'avvocato, è stata confermata dalla donna stessa nel corso del processo), in cui lei scrive di averlo perdonato per quello che aveva fatto, si scusa per non avergli detto che lo aveva denunciato e conferma che la loro relazione era ripresa.

A riprova del fatto che i due sono tornati in buoni rapporti, evidenzia poi il legale, c'è anche la decisione della donna di ritirare la denuncia e di non costituirsi parte civile nel processo. E dal momento che da quando la loro relazione è ripresa non si sono verificati, a quanto si sa, episodi di maltrattamenti, che l'uomo si è scusato e ha ammesso le proprie responsabilità e che i due hanno detto di voler tornare a vivere insieme quando lui uscirà dal carcere, il legale ieri ha chiesto nuovamente gli arresti domiciliari per il suo assistito, in quanto non ci sarebbe pericolo di reiterazione del reato.

Zavaglia ha però respinto la richiesta "in maniera molto netta", afferma Murru, ritenendo tra le altre cose che la donna si trovi in una condizione di sudditanza psicologica nei confronti dell'ex marito. La stessa donna ha anche chiesto a più riprese dei colloqui in carcere con il 26enne, che però finora le sono sempre stati negati.

E anche se la pena di due anni e sei mesi è piuttosto mite, considerati i reati contestati, la gip è stata comunque più severa rispetto alla pm Manuela Cavallo, che aveva chiesto per il 26enne una condanna a due anni. A questo punto, in attesa del deposito delle motivazioni, Murru annuncia comunque di essere intenzionato a presentare appello contro la condanna. (Ama/ Dire) 

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