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Cronaca

Marco Biagi, La Curia: "Vittima dei terroristi ma non solo"

"Anche di quello strano salotto (formato da politici, sindacalisti, intellettuali, economisti) infastidito da quello che ritenevano metteva i bastoni tra le ruote dei loro interessi": così l'affondo duro della diocesi bolognese

Marco Biagi sarebbe stato assassinato non solo dai terrositsi, ma anche da tutti coloro che fomentarono un clima di odio e accuse nei confronti del suo lavoro di riforma. Così in sintesi l'accusa, durissima, nei confronti di alcune categorie- come politici, sindacalisti, intellettuali, economisti -lanciata dall'Arcidiocesi felsinea attraverso le pagine del proprio settimanale 'Bologna Sette'.

IL J-ACCUSE DELLA CURIA. Biagi "ii è battuto per dare un futuro ai giovani consapevole, più di altri che si comportavano come le vergini stolte del vangelo, che l'età dell'oro del posto fisso stava finendo. Con conseguenze drammatiche soprattutto sulle giovani generazioni". Così l'incipit della curia, ricorda il giuslavorista ucciso il 19 marzo di dieci anni fa dalle Brigate Rosse. Biagi fu vittima dei terroristi ma anche - incalza la chiesa - "di quello strano salotto dalla dura cervice (formato da politici, sindacalisti, intellettuali, economisti) infastidito da quello che ritenevano un profeta di sventura che metteva i bastoni tra le ruote delle loro presunte certezze e, perché no, dei loro, tutt'altro che presunti, interessi. Un salotto che, nelle sue frange più estreme, ha creato l"humus' nel quale è maturato l'omicidio".

BIAGI E LA PRECARIETA'. "E' stata fatta circolare la leggenda metropolitana - si legge ancora - che siano state le idee di Biagi a diffondere il virus della precarietà. Come se qualcuno volesse ucciderlo una seconda volta. Bene ha fatto, anche se immaginiamo con quale sofferenza, Marina Orlandi, la vedova, a definire questo tentativo di scaricare sul marito le difficoltà dei giovani 'una bugia terribile'. Perché, come lei stessa ha osservato, la grande preoccupazione di Marco era al contrario quella di proteggere chi si sarebbe trovato in difficoltà. Certo la sua ricerca incompiuta non era, e non poteva essere, la panacea di tutti i mali. Ciò che resta e che va rilanciato è la missione, per la quale ha sacrificato la vita, di costruire una società più equa e più aperta, dove per i volenterosi e gli onesti non sia così arduo e costoso vivere e lavorare".
 

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