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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Marrone Biondo, l'allarme: "Castanicoltori in ginocchio, raccolto l'80% di prodotto in meno"

Intervista a Renzo Panzacchi, Associazione dei Consorzi castanicoltori dell’Appennino Bolognese: "Servono politiche mirate per il settore, e per questo ci siamo rivolti alla Commissione europea Agricoltura"

“Il 2019 per questo settore è un anno disastroso perché è stato raccolto l’80% di prodotto in meno. I cambiamenti climatici la mancanza di politiche mirate minano seriamente la castanicoltura del nostro territorio, e per questo è necessario prendere urgenti provvedimenti”. A lanciare l’appello è Renzo Panzacchi, presidente dell’Associazione dei Consorzi castanicoltori dell’Appennino Bolognese e rappresentante Consorzi castanicoltori della regione Emilia Romagna. Lo abbiamo incontrato non appena tornato da Bruxelles, dove in UE ha esposto direttamente alla Commissione Agricoltura le problematiche che attanagliano questo settore, chiedendo interventi mirati che possano tutelare anche un’eccellenza del territorio: il Marrone Biondo.

Partiamo dal territorio, quest'anno com'è il bilancio della raccolta in Appennino?

“I castanicoltori quest’anno sono in ginocchio, ed è una situazione che crea  le condizioni per un immediato aumento delle importazioni di prodotto, principalmente da Turchia, Spagna, Portogallo, e Francia.  In parole povere è stato raccolto l’80%  di prodotto in meno nei 520 ettari dove viene coltivato il Marrone Biondo.  L’unica fortuna, se così vogliamo definirla eccedendo anche con il termine, è che le aziende agricole dell’Appennino non dipendono solo dalla castanicoltura ma sono multifunzionali, non per definizione ma per necessità. Per questo, producendo foraggio, cereali, latte e formaggi riescono ad andare avanti. In poche parole hanno dovuto diversificare per riuscire a stare sul mercato, anche perché coltivare e produrre in questi territorio costa di più: le macchine e i trattori si usurano o rompono più rapidamente, ma ci sono varie formule per far fronte a tutto questo”.

Ad esempio?

“I castagneti sono fondamentali per il territorio, hanno anche una funzione di sicurezza perché se curati aiutano il terreno, evitando anche frane che come ben sappiamo attanagliano l’Appennino. Con un castagneto che produce devono essere, per forza di cose, ben gestite le acque di superficie e questo previene il dissesto idrogeologico. In tutto il Bolognese ci sono circa 800 ettari di castagneti abbandonati che se recuperati aiuterebbero anche l’economia locale.Parliamo di castagneti che nessuno più cura, perché come ben sappiamo la montagna deve fare fronte anche allo spopolamento. Se pensiamo che per 520 ettari coltivati, in una buona annata vengono prodotti circa 400-500 tonnellate di marroni,  per un controvalore di 2,5 milioni e mezzo di euro. Recuperando anche gli altri 800 il fatturato si triplicherebbe”.

Perché non vengono recuperati?

“Esiste una grossa problematica. La nostra associazione fa da controaltare a tutte le richieste che vengono rivolte alla Regione, che governa la materia agricola e ambientale. Ed è qui che c’è una sorta di conflitto pluridecennale, tra l’assessorato Agricoltura e l’assessorato Ambiente. La castanicoltura infatti, rientra in entrambi i settori e questo genera molta confusione. Se c’è un castagneto che è in piena attività viene gestito dal settore agricoltura, se parliamo di un castagneto che vogliamo recuperare se ne occupa il settore ambiente dove c’è sempre un atteggiamento che non ci aiuta affatto”.

Eppure parliamo di un territorio che in questo campo produce i marroni, un prodotto d’eccellenza…

Si, ed è per questo che ci stiamo battendo, ed è il motivo per cui sono andato in Commissione europea Agircoltura, dove ho sottolineato i gap dell’aspetto normativo e parlato a lungo anche del fatto che i castagneti sono dei luoghi dove si cattura il carbonio molto più che sulle superfici a prato. Sono aspetti importanti, che possono aiutare a investire in questo territorio. A Bruxelles è stato chiesto di aumentare di 40mila ettari le superfici coltivabili in Europa , dei quali 10mila nella sola Italia”.

Come facciamo a riconoscere il marrone da una ‘normale’ castagna o da un prodotto importato?

“Ci sono differenze sostanziali ed evidenti, ma è bene sfatare un mito. Solitamente si dice che il marrone si riconosce perché è più grosso della castagna, ma non è affatto vero perché esistono ad esempio varietà di castagne che stanno arrivando dalla Francia che sono grandissime e che spesso vengono scambiate o spacciate per marroni. Poi però, quando le si mangia in pratica stiamo addentando una patata, perché insapore e molto diversa da quello che è il nostro prodotto d’eccellenza. Un’altra differenza la fa il prezzo. Ci sono castagne grandi importate anche dal Portogallo che costano 5 euro al chilo, mentre ad esempio i marroni di Castel del Rio, un prodotto IGP di grande qualità ma che sono più piccoli costano 10 euro al chilo”.

Ma in media a quanto vengono venduti i marroni al chilo?

“In quest’anno, che ripeto è disastroso, il marrone vero non viene venduto a meno 8, 9 o 10 euro al chilo. Questo parametro è un buon riferimento per chi esce per comprare un prodotto d’eccellenza, e magari poi torna a casa con un prodotto importato senza esserne consapevole”.

Renzo Panzacchi e Paolo de Castro a Bruxelles

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L'incontro di Bruxelles al Parlamento Europeo è avvenuto tra una ventina di eurodeputati che fanno parte della Commissione Agricoltura, e le delegazioni di Italia, Spagna, Francia e Portogallo: i quattro paesi europei produttori di castagne e  solo l'Italia produce anche i marroni. L'evento è stato organizzato dai parlamentari  Paolo de Castro, attuale vicepresidente della Commissione Agricoltura,  e da Pina Picierno, attivissima europarlamentare della Campania. La delegazione Italiana era composta, oltre che da Renzo Panzacchi in rappresentanza della castanicoltura dell'Emilia-Romagna, da Luciano Trentini, grande esperto dei mercati europei dell'ortofrutta, dal Professore Beccaro del Centro Regionale di Castanicoltura del Piemonte e da Roberto Mazzei della Campania.

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