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Cronaca Calderara di Reno

Contadino morto per caldo, a processo il suo datore di lavoro

L'uomo era già affetto da patologie. Sotto accusa il mancato controllo e l'irregolarità dell'impiego

Non gli avrebbe fornito l'abbigliamento adatto, non avrebbe programmato delle pause adeguate nonostante una temperatura massima di quasi 35 gradi, non gli avrebbe messo a disposizione acqua e sali minerali a sufficienza e non gli avrebbe dato il materiale informativo sui rischi che correva a causa del gran caldo.

Per queste ragioni un 51enne ferrarese, titolare di un'azienda agricola della provincia di Ferrara che gestiva una parte di fondo agricolo di proprietà di un'altra azienda a Tavernelle, frazione del Comune bolognese di Calderara di Reno, sarà processato a Bologna per omicidio colposo e violazioni del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro per la morte, avvenuta il 24 giugno del 2016, di un lavoratore dell'Europa dell'Est.

L'uomo, che lavorava per la ditta in situazione di irregolarita' amministrativa, formalmente sanata solo dopo l'accaduto, ed era affetto da patologie gravi come diabete e cirrosi epatica, mori' dopo aver svolto per l'intera giornata mansioni di 'diserbo manuale', lavorando quindi con una zappa per tutto il giorno in condizioni climatiche estreme a causa del caldo e della fortissima radiazione solare.

E al termine della giornata di lavoro fu colpito da un malore che gli provocò l'arresto cardiaco che lo uccise. Secondo il gip Francesca Zavaglia, che ha disposto il rinvio a giudizio del titolare dell'azienda, la morte del lavoratore sarebbe però dovuta anche alla negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro dello stesso imputato.

In sostanza, a parere del gip il datore di lavoro avrebbe affidato all'uomo un lavoro molto pesante, che date le condizioni climatiche e i suoi problemi di salute lo esponeva a pericoli notevoli, senza che nel Documento di valutazione dei rischi aziendale fossero previste delle procedure per prevenire i rischi legati all'esposizione dei lavoratori alle alte temperature di quel periodo.

Senza contare che, sulla base delle prove acquisite (tra cui la relazione della Polizia, una consulenza svolta da un medico e un rapporto e un'informativa dell'Ausl), emergerebbe che l'imputato non avrebbe nemmeno applicato quanto previsto dal documento aziendale. Nello specifico, il datore di lavoro non avrebbe fornito al lavoratore degli abiti adeguati, né si sarebbe accertato che lo stesso lavoratore li avesse eventualmente con sé; non avrebbe verificato che l'uomo fosse "acclimatato" all'ambiente di lavoro; non avrebbe predisposto né attuato procedure per garantire pause sufficienti a consentire al fisico del lavoratore di riprendersi in caso di temperature eccessive; non avrebbe messo a disposizione dell'uomo acqua e sali minerali a sufficienza, né si sarebbe accertato che il lavoratore ne fosse fornito, e infine non lo avrebbe informato dei rischi che correva a causa del gran caldo. Tutte negligenze che avrebbero contribuito a provocare il malore che ha ucciso il lavoratore. (Ama/ Dire) 

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