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Cronaca

Naufragio Costa Concordia. Il racconto di Massimo: ‘Immagini incancellabili’

L'incubo al largo dell'isola del Giglio raccontato da di chi era a bordo: lasciati allo sbando sulla nave, salvataggi miracolosi, ma anche gesti di "fratellanza e solidarietà inimmaginabili"

"Stavo dormendo, anzi cercavo di farlo, è da venerdì che  non riesco a chiudere occhio in realtà” così, raggiunto al telefono da Bologna Today, comprensibilmente provato e ancora sotto shock, Massimo Riccardi, uno dei bolognesi reduci dal naufragio della Costa Concordia.
Ha ancora negli occhi le immagini, le urla, l’inferno di quelle ore, interminabili, passate al largo dell’isola del Giglio. Le sue parole, tuttavia, non sono intrise della rabbia di chi è incappato in un incubo del genere, di chi si è visto passare tutta la vita davanti pensando di non farcela, di chi si è trovato in balia di soccorsi sconnessi a bordo di una nave apparentemente inaffondabile, sicura. Nelle parole di Massimo la gratitudine e lo stupore di chi, in questa tragica sciagura, ha scoperto sentimenti di fratellanza e solidarietà tra le persone: “La protezione civile, e soprattutto gli abitanti dell’Isola del Giglio prima e di Porto Santo Stefano poi, ci hanno aiutato con una gentilezza e un’umanità che non ti aspetteresti nel mondo di oggi”.
E tra la commozione il parrucchiere bolognese trova ancora il fiato per raccontarci la sua odissea.

Naufragio Costa Concordia, le foto (TMNEWS/INFOPHOTO)

Massimo, innanzitutto ci dica come sta adesso.
Sto bene, non sono ferito, almeno fisicamente. Anche se credo che per dirlo bisognerà attendere qualche tempo. Per ora reagisco, come ho fatto altre volte nella vita. Perché di ‘botte’ me ne sono capitate, anche se questa, devo ammettere, è stata forte, molto forte. Per ora ho solo bisogno di riposarmi, non riesco a dormire, ma almeno non sono attanagliato dagli incubi, come invece succede alla mia fidanzata, che era con me a bordo della Costa Concordia.
Quando siete saliti sulla nave?
Noi ci siamo imbarcati proprio venerdì 13, alle ore 14. Poche ore prima del disastro. La sera, al momento dell’impatto contro lo scoglio, eravamo a cena al ristorante, insieme ad un gruppo di colleghi parrucchieri, alcuni di Bologna, altri provenienti dalle varie città d’Italia. Eravamo lì per lavoro, facevamo formazione. Abbiamo subito legato tra noi, fatto gruppo. Ci stavamo divertendo…

Poi l’inaspettato. L’impatto della nave. Lei come ha vissuto quei momenti?
Eravamo in ‘balotta’ quando un rumore fortissimo ci ha gettati nel panico. Abbiamo sentito un boato provenire dalla pancia della nave, improvvisamente la sala è finita a soqquadro, piatti, bicchieri, tutto è stato scaraventato a terra con violenza. Poi è andata via la luce. La Costa Concordia si è subito inclinata, per poi rimettersi in piedi e ritornare a piegarsi su se stessa inseguito. E’ stato il delirio. Gente che urlava, tutti che cercavano di scappare via dalla sala. Dall’alto-parlante il personale di bordo ha cercato di rassicuraci dicendo che si trattava di un guasto elettrico. Ma io, che non sono un esperto, ho capito che non si trattava di quello. Tutti hanno capito che era successo qualcosa di grave. E le loro scuse sconcertanti seminavano ancora più il panico, l’angoscia.
Come si sono svolti i soccorsi a bordo. Come avete raggiunto terra?
Noi siamo stati fortunati. Lo scontro c’è stato alle 21.40 e alle 23.30 abbiamo toccato la riva. Siamo stati tra i primi a montare sulle scialuppe di salvataggio. All’arrembaggio ci siamo precipitati sul ponte, senza che il personale di bordo ci guidasse, anche loro erano nel pallone. Non si capiva nulla. La gente era in preda al panico, urlava, piangeva. C’era anarchia, nessuno ci ha neppure detto che dovevamo indossare i salvagente. Io ne sono rimasto sprovvisto fino alla fine, poi qualcuno dell’equipaggio me ne ha rimediato uno, era da bambino. Non ce n’erano rimasti altri, non ce n’erano a sufficienza. Io con il salvagente così piccolo quasi mi strozzavo. Poco, in realtà, mi importava, perché ho il terrore dell’acqua,
in più con quel freddo sapevo che se fossi caduto in mare non ce l’avrei fatta, sarei sicuramente morto. Fortunatamente non ne ho avuto bisogno.
Saliti sulle scialuppe, faticavamo a scendere giù perchè la nave era inclinata e la scialuppa, inoltre, era stracarica. Si sapeva che, vista la posizione della nave, non si sarebbero potute usare tutte le scialuppe di salvataggio, quindi venivamo ammassati fino allo stremo su quelle a disposizione. Ci urlavano di non agitarci, non muoverci, sennò saremmo caduti in mare. Eravamo terrorizzati, la tensione si è sciolta in un abbraccio collettivo quando poi, non so nemmeno come, siamo riusciti ad arrivare a riva. Tutti noi naufraghi ci siamo stretti fortissimo, gli uni agli altri, come fratelli, come se avessimo vinto i mondiali. Sono delle emozioni difficili da raccontare, non ho mai provato nulla del genere.

Lei portato al sicuro da una scialuppa stracolma e precaria. Ma, ci accennava, c’è anche chi è arrivato al Giglio nuotando…
Sì, una cosa che per me ha dell’incredibile, vista anche la mia scarsa dimestichezza con l’acqua! Quando ero al Giglio, ormai in salvo, ho visto arrivare un ragazzo, poi soprannominato ‘Terminator’, che è stato soccorso subito dagli operatori. L’hanno dovuto scaldare con il phon. Era mezzo assiderato. Era arrivato a nuoto sull’isola, gettandosi dalla nave. Non so che forza, che spirito e che preparazione atletica. La nave, non era mica così vicino alla terra ferma, come sembrava dalle immagini che poi ho rivisto in tv! ‘Terminator’, che penso faccia parte del personale di Costa Crociere, mi ha raccontato di essere rimasto a bordo a lungo dopo l’impatto della Concordia. Le scialuppe ormai facevano una tale fatica ad essere calate giù che lui si è sentito quasi spacciato, così ha preso coraggio e si è tuffato in mare. Era notte, buio, freddo. Nuotando è riuscito a guadagnare la riva. Per me un miracolo.
Cosa le è rimasto più impresso, cosa porterà nel cuore per sempre?
Gli occhi di un bambino, che era con noi sulla scialuppa. Era a bordo con la mamma, disperata perché eravamo accalcati e temeva che il piccolo potesse cadere in mare. Così ce lo ha passato davanti, per farlo stare più al sicuro. Ricorderò per sempre il suo sguardo, mi guardava, piangeva, mi stringeva forte la mano. Tutti noi cercavamo di tranquillizzarlo: “va tutto bene, non c’è da aver paura”, gli dicevamo, “stai tranquillo appena arriviamo a terra ti compriamo un bel gelato”. E’ stato straziante.
Alcuni miei compagni di viaggio, rimasti a bordo della nave più a lungo, raccontano di scene ancor più terribili. Non so se io avrei resistito. Le persone che non riuscivano a stare in piedi sul ponte, data la pendenza della nave, tentavano di tenersi saldi aggrappandosi ovunque con le mani. Cadevano, scivolavano. Scene di isterismo da panico collettivo. Addirittura c’erano dei genitori terrorizzati per le loro creature che, pensando di non riuscire a salire sulle scialuppe, lanciavano i bimbi come sacchi di patate su quelle che stavano calando, tentando così di mettere almeno i piccoli al sicuro.

Poi, una volta a terra, come siete stati assistiti?
A terra devo dire la verità i soccorsi sono stati impeccabili, la protezione civile in primis, che si è attivata subito mettendoci a disposizione camere di hotel, chiese e addirittura case di privati. Ci hanno accolti, riscaldati, rifocillati. Noi abbiamo passato la notte all’isola del Giglio, nella hall di un albergo. Poi il giorno dopo erano stati approntati pullman e mezzi di trasporto. Anche lo staff di Costa Crociere ci ha chiamati e assistiti a terra, prodigandosi.  Ma, ripeto, quello che più mi ha colpito è stata la solidarietà e disponibilità della gente del posto. Sia all’isola del Giglio, sia a Porto Santo Stefano dove ci siamo recati il giorno dopo, abbiamo incontrato persone stupende che si sono fatte in quattro per aiutarci. Una signora ha addirittura comprato un paio di scarpe alla mia fidanzata, che non riusciva a camminare più sui tacchi. Si trovava così dalla cena sulla nave e scappando, naturalmente, non avevamo con noi nulla. Eravamo infreddoliti, spaventati, frastornati.
Come siete tornati a casa?
Noi non abbiamo voluto attendere. Quindi ci siamo messi in treno per conto nostro. Ne abbiamo presi tre, ma alla fine siamo arrivati a Bologna già domenica. Avevamo una gran voglia di tornare a casa, alla nostra realtà, fuori da un incubo. Il peggiore che ci sia mai capitato.
Cosa si attende ora?
Ora spero solo che dopo aver vissuto questo inferno, dal quale ringrazio di essere uscito vivo, oltre al danno non ci spetti anche la beffa. Abbiamo perso tutto ciò che avevamo sulla nave, dai soldi, agli effetti personali, ai documenti. Poi insomma il biglietto lo abbiamo pagato. Quanto meno ci risarciscano i danni subiti, affinchè non dobbiamo rimetterci pure materialmente oltre a trascinarci dietro emotivamente gli strascichi di quanto accaduto. E soprattutto spero che ci risarciscano in tempi decenti, non che ci tocchi aspettare anni. Sarebbe un affronto grave dopo il calvario che ci è toccato.

 

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