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Cronaca

Scorie e rifiuti tossici nell'asfalto di 21 Comuni del bolognese

La maxi inchiesta della Dda di Venezia si è allargata fino all'Emilia Romagna

‘Strade al veleno’ è la maxi inchiesta della Dda di Venezia che a macchia d’olio si è allargata in Emilia Romagna, dopo Veneto e la Lombardia. E il nome dato all’operazione non lascia molto spazio all’immaginazione: per gli inquirenti infatti, presunte sostanze nocive, come nichel, cromo, cloruro e piombo sarebbero state riscontrate in quantità superiore alla norma nel conglomerato ecologico utilizzato per piazze e strade. Rifiuti inquinanti, costituiti da ceneri pesanti e scorie varie, misti a scarti dell'edilizia e delle demolizioni sarebbero stati utilizzati per la costruzione di strade interpoderali dal 2014 al 2016 in circa un centinaio di Comuni, sparsi tra le tre regioni.

IL 20 marzo si terrà l’udienza preliminare a Venezia a carico di tre indagati, residenti in provincia di Verona e accusati di reati ambientali in materia di gestione e traffico illecito dei rifiuti, nella quale potranno costituirsi parte civile la Regione Emilia-Romagna, che ha già incaricato l’avvocato Mariano Rossetti, e i Comuni del Bolognese.

Questo perchè le indagini dei carabinieri forestali hanno portato a individuare come parti offese 21 Comuni, completamente all'oscuro di tutto: Budrio, Calderara di Reno, Casalecchio di Reno, Castel San Pietro, Castello d’Argile, Crespellano, Crevalcore, Galliera, Granarolo, Imola, Loiano, Molinella, Monghidoro, Monteveglio, Ozzano, Pieve di Cento, San Lazzaro di Savena, San Pietro in Casale, Sant’Agata Bolognese, Sasso Marconi e Zola Predosa. Alcuni sindaci hano già ricevuto la proposta per costituirsi parte civile, e al momento stanno "cercando di capire come muoversi - spiegano a BolognaToday - e di ricostruire quanto accaduto".

Gli inquirenti, in totale, hanno identificato almeno 71 cantieri in cui sono finite circa 300mila tonnellate di questo conglomerato, utilizzato per la realizzazione del sottofondo stradale, partite da un'azienda veneta del settore. La Procura Antimafia veneziana ritiene che all'interno di questo materiale si siano superate le concentrazioni limite per cloruro, rame, piombo, nichel, cromo esavalente. Sempre secondo le accuse, questo prodotto avrebbe avuto sul mercato una grande fortuna, dal momento che veniva venduto a 17 euro al metrocubo contro i 247 euro dei conglomerati ecologici. In poche parole il materiale  sarebbe stato venduto a prezzo concorrenziale senza essere sottoposto alla decontaminazione prevista.

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