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Nella sartoria dei migranti, dove si cuce l'accoglienza\VIDEO

Sabato 13 l'associazione Vicini d'Istanti porta a Palazzo Re Enzo la 'Narra-sfilata' per la collezione primavera estate

Al secondo piano di via San Mamolo 139, dove prima c'erano le scuole Bastelli, ora c'è la casa dell'associazione Vicini d'Istanti, fondata nel 2017 da tre italiani e tre africani con un'idea guida: ricreare. 

Ricreare nel senso di dare nuova vita a tessuti e materiali di scarto, tramite la sartoria e i laboratori di falegnameria e riciclo; ricreare inteso come ristoro, svago, stare insieme. Mescolandosi, andando contro paure e stereotipi. Ma soprattutto ricreare nel senso di rifarsi una vita. Come è successo a Mamadou, sarto ivoriano sbarcato in Italia nel 2015, assunto in sartoria un anno e mezzo fa dopo un tirocinio formativo.

L'attività della sartoria, come ci spiega una delle fondatrici, Maddalena Papini, si affianca a numerosi progetti e laboratori. Tra questi un corso di lingua pre patente, per dare una mano ai migranti che non conoscono ancora bene l'italiano. I volontari traducono segnali stradali, obblighi e divieti in mandingo, inglese, francese, wolof.

René, maliano, scappato anche lui dall'Africa nel 2015, lo fa nel suo tempo libero con Alagi. Per i migranti avere la patente può fare la differenza nella ricerca del lavoro. Mamadou e Hamadi, sarti, fanno lo stesso in un'altra stanza, l'ex terza elementare. Ma al posto delle lingue africane usano ago, filo e macchina da cucire.

“Tanti migranti vengono qui per imparare - dice Mamadou - non è facile, io l'ho fatto per tantissimi anni in Costa d'Avorio, ma sono sicuro che piano piano diventeranno professionali anche loro”.

Proprio dalla Costa d'Avorio, ma anche da Mali, Guinea, Gambia e Nigeria arrivano i tessuti che i ragazzi imbastiscono per creare le coloratissime collezioni di abiti. L'ultima, quella primavera-estate 2019, sfilerà a Palazzo Re Enzo il 13 aprile alle 18.45.

“Abbiamo inventato le "narra-sfilate", in pratica ci sono due persone - racconta Maddalena - un italiano e un africano, che nel ripercorrere le tappe del viaggio che i migranti fanno per arrivare in Italia raccontano quello che è accaduto”.

“Ogni tappa del viaggio corrisponde a una tappa della sfilata - continua - che così diventa un'evocazione della faticosa camminata che i ragazzi fanno nel deserto, passando di paese in paese, cercando un lavoro, cercando di non dover attraversare il mare. Strada però obbligata quando arrivano in Libia”.

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