Coronavirus, staffette alimentari per i senzatetto: la raccolta fondi di Tpo e Làbas
Il budget, di quasi 3400 euro, servirà a comprare e distribuire 25 sacchetti contenenti cibo e prodotti igienico-sanitari di prima necessità. "È una pratica di resistenza, nessuno deve rimanere solo"
Cibo e prodotti igienico sanitari "a casa" per chi la casa non ce l'ha. È l'iniziativa di Ya Basta, Tpo e Làbas pensata per aiutare concretamente le persone senza fissa dimora di Bologna, tra le più colpite da questa emergenza sanitaria.
Il progetto, "Staffette alimentari partigiane - La spesa a casa per chi casa non ha", è una raccolta fondi lanciata sulla piattaforma produzioni dal basso che si pone l'obiettivo di raccogliere quasi 3400 euro, i soldi necessari per acquistare e distribuire circa 225 sacchetti. La spesa sarà poi distribuita nei nove sabati di aprile e maggio.
Per sostenere il progetto, si può fare una donazione libera oppure scegliere tra quelle pre-impostate. Per chi lo vorrà, inoltre, per ogni sacchetto acquistato c'è un libro preso dalla biblioteca di Quaderni Urbani.
"Viviamo un momento storico molto particolare – scrivono gli attivisti – che vede la quotidianità di tutti e tutte noi segnata dal distanziamento fisico dall'altro: per responsabilità, non per obbedienza, accettiamo l'isolamento nelle nostre case e ci sforziamo di restare connessi con l'ausilio della tecnologia.
"Ma sappiamo che la crisi sanitaria e le misure adottate per contenere il contagio non hanno le stesse ripercussioni per tutti e tutte. Per molte persone infatti, distanziamento significa anche mancanza di certezze e riferimenti, solitudine, difficoltà di accesso a quelle forme di sostegno che l'essere comunità sa dare. Non solo ad esempio, non tutti – continuano – hanno la possibilità di essere costantemente connessi alla rete, mantenendo così i contatti coi propri cari e col mondo, ma molti non hanno neppure una casa in cui passare questo periodo di quarantena. Chi già prima viveva in condizioni di vulnerabilità e marginalità sociale, subendo le conseguenze di una società profondamente diseguale, si trova oggi a essere più esposto tanto al rischio di contagio quanto al dramma della solitudine e dell'assenza di rapporti umani".
"Pensiamo che continuare a costruire ponti di solidarietà in queste settimane così delicate, sia non solo un atto di altruismo ma anche e soprattutto una pratica di resistenza dal basso a quelle dinamiche di esclusione sociale che rischiano oggi di acuirsi, e un modo per ricordare a noi stessi e alla città che nessuno, neanche durante la più grave delle emergenze sanitarie, deve restare solo".