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Economia

Airbnb, 2.400 host a Bologna: "In 12 mesi crescita del 72%"

Alessandro Tommasi: "Il digitale è un'opportunità di trasparenza e tracciabilità, anche senza la manovrina. Alcune statistiche e ipotesi diffuse sembrano fatte solo per creare e colpire un nemico"

Con la "manovrina", lo abbiamo già scritto, da giugno si paga il 21% di tasse per il servizio Airbnb, il portale house sharing che dà modo di affittare per periodi brevi stanze o interi appartamenti attraverso una piattaforma che mette in contatto richiesta e offerta. (Ieri a Palazzo d'Accursio si è parlato di come pagare la tassa di soggiorno). 

Chiarimenti anche sul versante sicurezza e denunce alla Questura: coloro che ospitano infatti, senza alcuna eccezione, hanno l’obbligo per motivi di pubblica sicurezza di registrare i dati dei propri ospiti e comunicarli alla Questura attraverso il portale alloggiati al momento del check-in (questa la sezione del sito: https://alloggiatiweb.poliziadistato.it/PortaleAlloggiati/). 

Alessandro Tommasi, Public Policy Manager di Airbnb, spiega una volta per tutte alcuni aspetti del servizio e della tassazione, partendo dai dati di Bologna, che negli ultimi 12 mesi ha visto una crescita del 72% sull'utilizzo si questo sito sia per ospitare che per viaggiare. 

Quale dato abbiamo per Bologna?

I dati relativi agli ultimi 12 mesi sono: per quanto riguarda i "guest" e quindi gli ospiti, 136.000 arrivi, 76.000 partenze (quindi bolognesi che sono partiti e hanno soggiornato con Airbnb), una crescita del 72% negli ultimi 12 mesi (luglio 2016 - luglio 2017) e una permanenza media di 2,9 giorni. Per quanto riguarda gli host invece (quindi i proprietari che ospitano): quelli attivi in città sono 2.400, 3.300 annunci pubblicati sul sito, età media 40 anni (donne 56%, uomini 45%). Il guadagno tipico di un host felsineo all'anno è di 2.322 euro. Le case intere messe su Airbnb sono il 55%, le stanze private 42% e le stanze condivise il 3%. 

Cosa è cambiato dopo il 1°giugno?
 
La possibilità di applicare la cedolare secca al 21% anche agli affitti brevi non è una novità della ‘manovrina’. Questo era possibile già dal 2011 e una circolare dell’Agenzia delle Entrate lo chiariva. La novità è l’obbligo che la legge darebbe ad alcuni soggetti (piattaforme e intermediatori immobiliari) di agire come sostituti d’imposta, una fattispecie estremamente pesante e gravosa del nostro ordinamento cui non ci si può adeguare notte-tempo e senza considerare i tanti aspetti potenzialmente discriminatori e contrari alle normative UE sul funzionamento delle piattaforme.  

Come rispondere alle accuse di "nero sommerso" degli affitti brevi? Quali sono invece le virtù della sharing economy e di Airbnb?

Spesso si legge di 600 milioni di notti turistiche all’anno sconosciute al fisco e alle autorità. Negli ultimi 12 mesi su Airbnb sono state prenotate 20 milioni di notti circa…Se il primo dato è attendibile, allora il problema è altrove. Se non lo è, allo stiamo assistendo a statistiche e ipotesi diffuse solo per creare e colpire un nemico.
 
Ma il digitale è un'opportunità di trasparenza e tracciabilità, anche senza la manovrina. L’agenzia delle entrate, come ha raccontato il Corriere della Sera di recente già oggi può incrociare una grande mole di dati e chi - come noi - permette pagamenti solo con metodi elettronici è già oggi uno strumento al servizio del contrasto all’evasione.
Ogni era, ogni grande cambiamento porta con sé la difficoltà di adattamento dell’incumbent, di chi era già presente. Il nostro tempo non è diverso se non per la velocità e la profondità dei cambiamenti. Siamo stati abituati ad avere una sola fonte di numeri e cifre, ma oggi non è più così e la nostra trasparenza mostra che spesso quelle cifre sono inesatte.

Quale soluzione secondo lei avrebbe potuto garantire trasparenza, ma magari senza arrivare al 21% di tassazione? Esempi da altri Paesi?

La precondizione è un cambio di passo nel dibattito sull’innovazione e le piattaforme. Una scarsa comprensione del loro funzionamento porta al caos generato dalla frettolosa approvazione della norma. Altrove, dove simili conversazioni stanno iniziando, i Governi cercano un rapporto diretto con noi o pongono i temi in consultazione per mesi e mesi: da noi si è scelta la via di un provvedimento d’urgenza come il decreto legge e ignorati i più basilari tempi previsti dal codice del contribuente.

Secondo lei la burocrazia e questa tassazione rallenteranno l'ascesa della sharing economy?

Il successo della sharing economy è solo il risultato di trend più profondi: la sensibilità al cambiamento climatico ci ha insegnato a condividere e usare meglio le risorse che abbiamo, la tecnologia ci ha permesso di abilitare nuovi servizi e di viaggiare in maniera più facile e meno costosa. Infine il 2008 e il cambio radicale nell’economia mondiale ci hanno insegnato duramente quanto la classe media abbia bisogno di usare al meglio i propri asset per poter ripartire dopo anni di crisi che hanno lasciato il segno. 

Alessandro Tommasi

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