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Economia

Spese mediche: la crisi economica non intacca le cure dei bolognesi

Bologna ha un trend diverso rispetto alle scelte delle altre città: in tempo di crisi nessun risparmio se si tratta di salute

Sanità in tempo di crisi. Una larga fetta di bolognesi, soprattutto a causa della crisi economica, è sempre più attenta alle spese di natura medica: ben il 39% infatti afferma di fare molta più attenzione ad aprire il proprio portafoglio in occasione di spese legate alla salute. Ma, a differenza di quanto si riscontra a livello nazionale, ciò non ha portato a chiudere i cordoni della borsa: il 74% dei felsinei dichiara apertamente di fare lo stesso numero di visite di quando il paese sembrava non avere problemi e il 20% del campione ha affermato che preferisce rinunciare ad altre spese ma non a quelle per la salute.

LO STUDIO DELL'OSSERVATORIO SU BOLOGNA. In un momento di forte dibattito sul futuro del Sistema Sanitario Nazionale, questo è quanto rilevato dall’ultima indagine realizzata dall’Osservatorio Sanità di UniSalute, la compagnia del gruppo Unipol specializzata in assistenza e assicurazione sanitaria, che ha tastato il sentiment degli abitanti del capoluogo emiliano, da sempre abituati a poter contare su un’assistenza medica gratuita o a prezzi calmierati garantita dallo Stato, sui costi della salute.

NON SOLO COSTI, ANCHE LISTE DI ATTESA TROPPO LUNGHE. Non è però solo questione di denaro. Anche i lunghi tempi per riuscite a prenotare un esame con il servizio pubblico costituiscono spesso un ostacolo concreto. L’indagine dell’Osservatorio ha focalizzato la sua attenzione anche su questo aspetto. Più di un bolognese su tre (34%) dichiara a questo proposito che normalmente impiega tra uno e tre mesi per riuscire a prenotare un appuntamento ma il 10% afferma che spesso è costretto ad attendere più di tre mesi, percentuale che sale al 18% tra le donne. Un fatto che non stupisce se si pensa che ben il 57% indica nella mammografia l’esame per il quale i tempi di prenotazione nel pubblico sono i più lunghi. Anche l’ecografia (60%), che siano uomini o donne ad esprimersi, richiede molta pazienza se si decide di eseguirla attraverso il servizio pubblico.

IL PRIVATO RESTA TROPPO CARO. Se rivolgersi al settore privato consente di risolvere il problema dei tempi di attesa, l’impatto sul portafoglio è tuttavia elevato: le stime parlano oggi di circa 10 miliardi spesi dagli italiani di tasca propria (fonte: elaborazione UniSalute su dati Censis). Un impatto destinato a crescere se l’offerta pubblica farà sempre più fatica ad affrontare i costi da sostenere. I bolognesi, e gli italiani in genere, sembrano quindi destinati a dover scegliere tra fare crescenti sacrifici per potersi curare e rinunciare ad almeno parte delle prestazioni desiderate o alla tempestività delle cure. Se questa domanda fosse intercettata da operatori virtuosi del secondo pilastro, in grado di operare all’interno della filiera come una centrale di acquisto, controllando costi e qualità delle prestazioni erogate, potrebbe essere organizzata in modo efficiente per garantire tempi rapidi di accesso alle prestazioni, qualità delle stesse e costi contenuti, garantendo la sostenibilità dell’intero sistema.

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