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Unindustria, Vacchi: 'tornare a crescere sarà sfida durissima"

Nella lettera di fine anno il leader degli industriali bolognesi guarda alla 'Manovra salva Italia' auspicando una riduzione della pressione fiscale e forme di incentivazione per le imprese

Un Paese, l'Italia, che non è il "fanalino di coda dell'Europa" e che, per mettersi al sicuro necessita che venga data la necessaria "liquidità" alle imprese. A leggere così la situazione economica del Paese è il presidente di Unindustria Bologna, Alberto Vacchi, nella sua lettera di fine anno. "Credo che le imprese, forse perché allenate a competere, siano in condizione di dare un contributo concreto al salvataggio dell'Italia - osserva in un passaggio della missiva - ma dobbiamo pretendere che tutte le parti mostrino un impegno speciale. Parte della liquidità che la Bce sta riversando, in queste settimane, sui sistemi bancari - ammonisce il numero uno degli industriali felsinei - deve essere necessariamente destinata, dalla stessa Bce, al mondo produttivo, dandoci nel concreto la possibilità di combattere, sempre in un clima politico e sociale favorevole alla crescita". Quanto agli sforzi da compiere per sostenere l'Italia e la sua economia nella difficile uscita dalla crisi economica, sottolinea Vacchi, "abbiamo condiviso con il governo Monti l'esigenza di fare scelte difficili, che stanno mettendo a dura prova il sistema delle relazioni sociali. Ora - assicura - ci impegneremo con crescente enfasi nel chiedere al nuovo governo una altrettanto ferma determinazione per varare le misure per la crescita, nella consapevolezza che se la pressione fiscale e burocratica non si allenterà, se non si troveranno forme di incentivazione per imprese e lavoro, tornare a crescere sarà una sfida durissima".

Nella sua lunga disamina il leader degli industriali bolognesi non manca di sottolineare come con la 'manovra salva Italia' da poco varata "che contiene molte tasse ma anche riforme importanti, il nostro Paese stia ora cercando di recuperare fiducia tra gli investitori e di convincere l'Europa di aver cambiato passo". Tuttavia, osserva ancora, "pur esprimendo grinta ed ottimismo, c'é una diffusa consapevolezza che non sarà facile rimettere le cose in ordine. La "manovra salva Italia" infatti, pur necessaria, avrà inevitabilmente un effetto recessivo sulla domanda interna. Mentre anche l'export, che nel 2011 è stato il nostro punto di forza, è destinato a rallentare a causa di un peggioramento generale dello scenario economico mondiale". Inoltre, avverte Vacchi, "non vanno sottovalutati gli effetti della competizione tra Paesi dell'Unione che non si sono ancora dotati di politiche opportune per fare dell'Europa una nazione.E questo limite è evidente in uno scenario di sfiducia diffusa verso l'Europa, che ha troppo balbettato. Ciò premesso non dobbiamo né possiamo tirarci indietro" e, sottolinea nuovamente Vacchi, "il tempo sarà galantuomo: chi ci giudica - i mercati, l'Europa, la Bce, il Fmi - dovrà riconoscere che, a differenza di altri Paesi che nel 2013 avranno ancora deficit statali altissimi, noi saremo un Paese in equilibrio, e libero da fardelli fatti di giudizi meritati ma anche bersaglio di una leadership europea che ci vorrebbe, almeno in parte, ai margini". Raggiunto il pareggio di bilancio, infatti, l'Italia sarà in grado di provare il rilancio anche grazie al suo tessuto imprenditoriale. "Ancora una volta, in questo 2011 abbiamo dato ampiamente prova di saper far vivere un sistema economico vitale e dinamico. Lo dimostrano le nostre esportazioni in valore che, a settembre di quest'anno, hanno quasi riguadagnato i picchi pre-crisi di inizio 2008. In particolare, sono già ben al di sopra dei precedenti massimi storici le esportazioni verso i Paesi extra UE, a dimostrazione che abbiamo saputo puntare con decisione sui mercati emergenti". D'altronde, ricorda Vacchi, "siamo secondi solo alla Germania per competitività nell'export in 14 macrosettori del commercio mondiale, con tre primi posti, quattro secondi posti e un sesto posto in altrettanti macrosettori. Un successo straordinario che le imprese del made in Italy hanno saputo costruire in anni di tenace lavoro e che - conclude il presidente di Unindustria Bologna - è la vera base da cui ripartire, assieme alla ristrutturazione dei conti pubblici, per ridare un futuro più certo al nostro Paese".
(ANSA)
 

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