San lazzaro: lo scrittore Andrini e il sindaco Conti parlano di Emilia Romagna segreta
Mercoledì 17 alle 18 alla Mediateca di San Lazzaro arriva Emilia Romagna segreta, il volume curato da Stefano Andrini che ha conquistato il recente Salone del libro di Torino. Oltre al curatore interverrà il sindaco di San Lazzaro Isabella Conti. L'Emilia Romagna esiste veramente o somiglia piuttosto all'isola che non c'è di Peter Pan? E' questa la provocazione che darà fuoco alle polveri del dibattito che si concluderà con un aperitivo.
Aveva ragione Francesco Guccini. La nostra regione, così lunga e così cangiante nel breve volgere di pochi chilometri, non avrebbe ragion d'essere se non ci fosse la via Emilia. Troppo diverse le storie e la storia, i dialetti e le abitudini, i caratteri e le gastronomie, le ideologie e la fede, per poterla definire con Manzoni "Una. D'arme, di lingua, d'altare, di memorie, di sangue e di cor". Attorno alla via Emilia, invece, noi ci riconosciamo quasi una nazione lasciando perdere, per una volta, i campanilismi che, Peppone e don Camillo docet, sono, insieme alla nebbia il sale di questa terra. Attorno alla via Emilia abbiamo costruito le nostre cattedrali, bellissime, che danno il fumo (e come esprimersi diversamente nel paradiso dei motori) a Notre Dame e se la giocano alla pari col duomo di Milano e con le chiese di Roma. Di qua e di là dalla strada consolare sono sorti i nostri paesi e i nostri comuni. Il vero cuore pulsante. Perché noi siamo eredi e tifosi dei municipi. Il sindaco che ci governa lo vogliamo qui sul tavolo come avveniva per un olio in una celebre pubblicità di Carosello. Per insultarlo e amarlo. Perché il nostro sindaco è il nostro feudatario. Gli altri, anche a un tiro di schioppo dal nostro paesello, sono vassalli sopportati a malapena. Se alle carte, vero oppio del nostro popolo, comanda bastone anche nel comune più sperduto non comanda nessun altro. Figuriamoci Bologna. Che nessuno, bolognesi inclusi, sente come re dei re. Per fortuna la via Emilia c'è. Alla sua ombra sono nate le case del popolo ma anche gli oratori. L'anticlericalismo e la tolleranza religiosa. Le eccellenze imprenditoriali che tutto il mondo ci invidia ma che noi, nel nostro cortiletto, liquidiamo, per dirla in romagnolo, a "patacate". Siamo la terra della musica. Ma Verdi non lo sentiamo come un vanto regionale: è di Roncole, Busseto. Punto e basta. Dalla e Morandi sono bolognesi. Ligabue è di Correggio. Zucchero nasce a Roncocesi, Reggio Emilia, mica Emilia Romagna. Via Emilia terra di paradossi, of course. Perché il terreno di coltura dei senza Dio si è contaminato, quasi geneticamente modificato, con un territorio dove Dio ne ha combinate di cotte e di crude. Dai capolavori dell'arte alla solidarietà non pelosa. Da don Camillo a Peppone, nel quale anche Dio ci ha messo del suo. Siamo un posto che Guareschi , sferzante, sintetizzava così: "Noi chiamammo poco tempo fa l'Emilia "Messico d'Italia", ma ciò è ingiusto perché piuttosto si deve dire che il Messico è l'Emilia d'America". Ma anche quello che cantava Dalla, con la bonomia emiliano romagnola che è tipica come la cartolina del Vesuvio a Napoli: "Emilia allungata tra l'olmo e il vigneto, volta a cercare quel mare mancante e il monte Appennino raccontando un segreto diventa gigante lungo la strada, tra una piazza e un duomo hai messo al mondo questa specie d'uomo vero, aperto, finto e strano chiuso, anarchico, verdiano, brutta razza l'emiliano". Una razza che da Piacenza a Rimini ha trasformato la sua terra in una tavolozza dai mille colori: dal rosso sangue all'azzurro del cielo. Sovraccarica, come documenta questo libro, di bellezza. E chissà che, in un tempo in cui la via Emilia assomiglia sempre di più al West, non possa essere proprio la bellezza a far dire agli emiliano romagnoli la parola "noi".