Elia Cantori: le sua installazioni per ArteFiera
In occasione di ArteFiera 2018, Banca di Bologna è lieta di presentare nella sede della sua Direzione generale un progetto dell’artista Elia Cantori (Ancona, 1984). In Piazza Galvani 4, Can-tori esporrà alcuni nuovi fotogrammi - ovvero impressioni fotografiche dirette, senza la mediazione dell’obiettivo - della serie Dead Constellation, e alcune sculture in alluminio della serie Untitled (1:1 Map) (2016).
Elia Cantori ha come disciplina di riferimento la scultura, ma è eclettico nella scelta delle tecniche: oltre a sculture vere e proprie, realizza opere fotografiche, installazioni, video. Nel suo lavoro mette in scena il legame fra energia e materia; si rivolge ai fenomeni celesti, e al tempo stesso coltiva la dimensione chiusa dello studio, inteso come luogo di indagini e verifiche. La sua attitudine speri-mentale, e il ricorso costante a processi fisici e chimici, sollecitano paragoni fra il suo operare e quello di uno scienziato. Fra le opere che hanno segnalato Cantori alla critica, ricordiamo Stanza (2008), una sfera di circa un metro di diametro in cui l’artista ha compattato le macerie della demo-lizione del suo studio a Londra, e Untitled (Explosion) (2009-10), serie di fotogrammi di piccole esplosioni, in cui l’immagine coincide con la fonte luminosa che ne ha permesso l’impressione sul-la carta. Untitled (Black Hole), una grande scultura in resina sulla cui superficie Cantori ha registra-to, con la tecnica della camera stenopeica, l’immagine del suo studio, è stata esposta nel 2016 nel-la collettiva LA CAMERA, Sulla materialità della fotografia, curata da Simone Menegoi nel Salone Banca di Bologna di Palazzo De’ Toschi.
Le sculture della serie Untitled (1:1 Map) [Senza titolo (Mappa in scala 1:1)] sono calchi in allumi-nio, realizzati con la tecnica tradizionale della fusione in stampo di sabbia, di alcune mappe che l’artista conservava in studio. Del contenuto delle mappe - la regione a cui si riferiscono, la scala, eccetera - la superficie in alluminio non rivela nulla; ritiene invece, ed enfatizza, le linee i piegatura, le tracce dell’uso e dell’usura. Le sculture sono dunque mappe (in scala 1:1, quella del calco) di mappe; non parlano del mondo, ma degli strumenti con cui lo raffiguriamo. Insieme, i fotogrammi e le sculture imbastiscono un discorso sui limiti (e il fascino) della rappresentazione cartografica.