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Dal Ghetto alla Sinagoga: i luoghi della 'Bologna ebraica'

La comunità a Bologna (già documentata dal III al V secolo) e i luoghi che hanno rappresentato la loro tormentata permanenza in città

In occasione della XVII Giornata Europea della Cultura Ebraica (QUI IL PROGRAMMA DEGLI EVENTI) che si tiene ogni anno a settembre, vale la pena ripercorrere la storia della comunità a Bologna (già documentata dal III al V secolo) e i luoghi che hanno rappresentato la loro tormentata permanenza in città. 

Dopo un primo (probabile) esilio nel XII secolo, rientrarono in città e nel XIV. I nuclei erano allora dislocati tra Porta Ravegnana, Piazza della Mercanzia e Via S. Stefano. Bologna nel 1416 fu anche sede del congresso di rabbini italiani e l'anno dopo fu imposto loro un segno di riconoscimento: una rotella gialla (poi rossa) per gli uomini, un velo giallo (poi rosso) per le donne.  Fra il 1477 e il 1482 furono aperte tipografie ebraiche e nel 1488 l’Università di Bologna istituiva una cattedra di ebraico. 

La Biblioteca Universitaria di Bologna conserva inoltre da oltre due secoli il rotolo del Pentateuco ebraico più antico del mondo. 

Il ghetto rimane uno dei luoghi più suggestivi del centro storico, ma conosciamo meglio anche gli altri "luoghi" dell'ebraismo bolognese: 

1) Il Ghetto. Nel maggio 1566 gli ebrei furono rinchiusi nel ghetto sotto le Due Torri con tre porte, via De’ Giudei, via del Carro (l'attuale via Zamboni) e vicolo Tubertini (l'attuale via Oberdan). I portoni si aprivano all’alba e si chiudevano al tramonto. Curiosità: gli ebrei di passaggio potevano pernottare solo all’Albergo “Al Cappel Rosso” che prese il nome dal segno che dovevano portare in quel momento. L’istituzione del Ghetto comportò anche il divieto di possedere immobili e lo svolgimento di tutte le attività commerciali eccetto quella di rigattiere. 

LE CACCIATE. Il 26 febbraio 1569 con una Bolla emessa dal Papa Pio V Ghisleri, furono cacciati tutti coloro che si trovavano ancora in città. Nel partire dovettero lasciare 40mila scudi di penale.
Il decreto di espulsione portò come conseguenza anche l’espropriazione del cimitero situato presumibilmente in via Orfeo, donato dal Papa alle monache del Convento di S. Pietro Martire, con l’ordine di abbattere e di disperdere le lapidi. Con la Bolla “Christiana Pietas” (22 ottobre 1586) poterono tornare, vivere in qualsiasi luogo e il “segno giudaico” venne abolito. 

Nel 1593 li raggiunse una nuova Bolla emessa da Clemente VIII e furono costretti a ripartire. Nel settembre 1796, Bologna venne liberata dall’avanzata di Napoleone e un proclama garantì agli Ebrei libertà di culto, così tornarono di nuovo. 

Dal Ghetto alla Sinagoga: i luoghi della Bologna ebraica

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