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Elezioni comunali 2016

Manifesti elettorali, come hanno scelto di comunicare i candidati? L'analisi dell'esperto

Il semiologo Ruggero Ragonese analizza le strategie di comunicazione usate durante la campagna elettorale in corso: "Decisamente più noiosa rispetto al 2011, quando c'erano stati molti guizzi e slogan azzeccati"

A due settimane dal voto per le amministrative 2016, elezioni attraverso le quali i  bolognesi decideranno se affidare la città al sindaco uscente Virgnio Merola per i prossimi 5 anni (sono 9 candidati per 17 liste), abbiamo voluto 'divertirci' un po' analizzando le campagne elettorali: low cost o dispendiose, affidate ad agenzie ed esperti oppure più naif, convincenti o poco chiare, colorate o cupe. Un giro tra manifesti elettorali e slogan, a caccia di hashtag virali e claim insieme a un semiologo, con lo scopo di andare più a fondo e scoprire i vari livelli di cui è composta la significazione anche in ambito politico.  

IRREGOLARITA' NELLE AFFISSIONI DEI MANIFESTI: I DATI DELLA MUNICIPALE. A proposito di manifesti elettorali, ecco una curiosità sulle affissioni irregolari. "Dall'11 maggio ad oggi (dato aggiornato alla settimana del 20 maggio) risultano controllati 40 impianti. Sono state rilevate due irregolarità (per apposizione fuori dagli spazi consentiti), i cui verbali di sanzione sono in fase di redazione/notifica. In merito all'oscuramento, esso è a cura del concessionario del servizio, che sarà attivato non appena i verbali saranno pronti." 

Tornando alla nostra analisi, la semiotica intanto è la disciplina che studia i segni. Uno dei grandi 'maestri' di questa scienza, è un cittadino che Bologna ha adottato con orgoglio: Umberto Eco. Insieme a Ruggero Ragonese, che si è laureato in semiotica proprio con Eco, abbiamo voluto analizzare la comunicazione delle campagne elettorali in corso per le elezioni comunali del prossimo 5 giugno. 

Manifesti, volantini, slogan politici: quali le sembrano le tendenze che vanno per la maggiore per queste Amministrative? Sia a livello nazionale che locale?

"Mi sembra una campagna elettorale decisamente più noiosa delle precedenti comunali del 2011 (il confronto è sempre meglio fare con delle tornate elettorali omogenee). Cinque anni fa c’erano stati molti guizzi e molti slogan azzeccati, e anche più coraggiosi. Penso soprattutto a quella di Pisapia, con slogan come ‘La forza gentile’ o ‘Il vento cambia davvero’ che evocavano universi nuovi e inesplorati, accompagnati fra l’altro dalle tante sfumature di rosso e di arancione che oggi sono quasi del tutto scomparse da cartelloni e manifesti. Anche quello di Fassino a Torino, ‘Gran Torino’, era molto efficace. Oggi, mi sembra che ci sia un po’ di riciclo e di deficit di fantasia nei principali claim politici. Basta dare uno sguardo in rete per ritrovare parole e frasi che si ripetono o si assomigliano: insieme, siamo, Tizio per Bologna, Napoli, Milano, ecc...O addirittura i classici ‘vota per me’ ("vota Antonio, vota Antonio" per riprendere la celebre litania di Totò). Insomma poca ambiguità testuale".

In che senso ambiguità?
"Se mi limito a dire ‘vota Tizio e vota Caio’ il testo che produco non sarà molto diverso da quelli che lo hanno preceduto e in qualche modo sarà proprio quello che i miei e-lettori si aspettano. Mi sarò limitato a chiedere un’azione diretta (andare a votarmi), un po’ come una pubblicità che semplicemente dica ‘compra questo prodotto’. Il filo del rasoio sul quale il candidato e il suo staff devono muoversi è quello di riuscire a dare sufficiente ambiguità al testo, allo slogan, in modo da renderlo abbastanza accattivante e interessante da attirare l’attenzione (autoriflessività la chiamava Jakobson). Allo stesso tempo bisogna però fare attenzione a non dargliene troppa in modo che non risulti troppo interpretabile o troppodifficile da interpretare. Così, semioticamente parlando, prima di un giudizio etico o morale un manifesto politico, comprensivo di parte visiva e di parte verbale, è semplicemente efficace o non lo è.
Nel caso del M5S, ad esempio, il candidato Bugani non ha ancora presentato uno slogan o un annuncio efficace, riducendo a zero la capacità dei suoi manifesti di attirare attenzione e interesse, almeno a livello di comunicazione mediatica.

Come qualcuno ha già fatto notare, i colori predominanti delle campagne bolognesi sono quelli della nostra squadra di calcio: il rosso e il blu. Ci sono ragioni particolari secondo lei? Sono forse percepiti come una 'zona di conforto', sono rassicuranti, familiari?

Non mi pare che si possano giudicare i colori al di fuori di come vengono poi effettivamente messi in gioco nella pubblicità elettorale. Se c’è una cosa che insegna la semiotica è proprio quella di rifiutare le letture più semplici, anche se nel caso delle elezioni bolognesi ovviamente i colori della città e della squadra sicuramente contano. Credo sia anche interessante però sottolineare come a volte una combinazione come quella del blu e del rosso ‘copre’ la mancanza di colori più politici che invece l’avevano fatta da padrone cinque anni fa: il verde, l’arancione, l’azzurro.Insomma, blu e rosso coprono una gamma molto alta di significati possibili e alla fine non connotano fortemente il candidato né da un lato né dall’altro. Insomma una scelta ‘ibrida’, che evita una posizione precisa.

Che siano scelte indipendenti o imposte dal partito, che siano state coinvolte agenzie specializzate o siano 'fatte in casa' le modalità di comunicazione parlano dei candidati e dei loro obiettivi (target): ci faresti l'analisi semiotica ma semplificata (vedi allegato) dei manifesti elettorali affissi a Bologna?

"Un’analisi approfondita richiederebbe più tempo e in realtà vedo che, in linea con la comunicazione virale di questi ultimi anni, è anche difficile individuare manifesti e slogan univoci. Anche le immagini che mi mostri acquistano senso solo insieme a molti altri prodotti (gadget, volantini, eventi) e insieme a tutta la comunicazione non convenzionale che passa per Facebook, Youtube, Twitter. Si fa insomma fatica a parlare di una campagna, ma più opportunamente si dovrebbe parlare di tante campagne del candidato a volte neanche particolarmente coordinate. Sicuramente le campagne che, finora e relativamente, si sono più imposte sono quelle dei candidati a sindaco Merola, Borgonzoni, Martelloni, Bernardini che hanno avuto il merito di provare a proporre uno slogan o un hashtag che potesse diventare un tormentone elettorale". 

Bologna, facce da elezione

"Guardandoli però, mi è venuto in mente, più che l’analisi semiotica, un celebre libro di Noberto Bobbio (Destra e Sinistra) che ricordava come la metafora destra e sinistra è nata da un mero caso della storia (la distribuzione dei banchi degli stati generali convocati nel 1789 prima della Rivoluzione Francese), ma che non è un caso che le metafore spaziali e temporali siano sempre state al centro di tutti i discorsi politici (in alto, in basso, avanti, indietro). Insomma destra e sinistra sono due semplici opposizione spaziali, ma proprio la loro semplicità le ha imposte come la migliore rappresentazione delle differenze politiche fra le parti. “Il nome può cambiare. La struttura essenzialmente e originariamente dicotomica dell’universo politico rimane.”Oggi rileviamo tuttaviala quasi definitiva scomparsa della metafora della Destra e della Sinistra: non c’è più nessuno che si autodefinisce chiaramente di destra o sinistra nei manifesti che vediamo in giro a Bologna. Ecco che bisogna allora fare riferimento ad altre metaforespaziali o temporali che sostituiscano le precedenti. Abbiamo quindi un tripudio di avanti e indietro, prima e dopo, alto e basso. Curiosamente due delle forze maggiormente agli antipodi (metafora spaziale) scelgono una metafora temporale simile: la Borgonzoni (candidata del centro destra), faccia sorridente, dice, quasi urla, ‘rivoglio Bologna’, le risponde Coalizione Civica (con il candidato sindaco Federico Martelloni) che prima dice di volere ‘di nuovo Bologna’ e poi lancia l’hashtag ‘TornaBologna’. Si sbaglierebbe però ad associare troppo queste due strategie verbali. Il rivolere in prima persona della Borgonzoni appare tutto prospettato a far ritornare (realizzazione di un desiderio) qualcosa che già si è provato, una Bologna care a immemore che magicamente si ri-materializza. In ogni caso, è una Bologna autoctona, del residente che mal sopporta il presente e vuole sostituire il futuro con un passato glorioso mai dimenticato".

Ma quale Bologna, verrebbe da dire? "Quella del brevissimo quinquennio del centrodestra guazzalochiano o quella antica e, paradossalmente, comunista dei Dozza e dei Fanti? Non importa, d’altronde non è una verità che si chiede al manifesto pubblicitario, ma proprio una sottile ambiguità che crei empatia, interesse, immaginario. E’ ovvio che a questo punto nessuna immagine può restituire questa Bologna fantastica e opportunamente il visual lascia uno sfondo bianco dietro la candidata e le scritte in blu e rosso. Ma, ancora una volta, quelle due torri che rompono la A finale di Bologna fino a che punto non possono essere considerati una piccola citazione del simbolo della vecchia lista Due Torri che per quarant’anni ha governato la città con i vari sindaci Pci/Pds da Dozza a Vitali? Insomma, una ibridazione dove saltano destra e sinistra a favore di presente e passato".

Martelloni TORNABOLOGNA-3"Diverso è il 'tornabologna' martelloniano che sembra più un richiamo, anche esso  magico, a una Bologna di fatto intangibile, mai veramente esperita, ma sempre vagheggiata come la città per eccellenza del viver bene e della socialità condivisa. Una  Bologna che stava nei discorsi di chi magari non ci viveva e diceva all’amico ‘Beato te  che vivi a Bologna’. Una città personificata dalla terza persona: ‘torna’, non è ‘voluta’ da  nessuno, ma è ovviamente condivisa e anelata da tutti. Questa Bologna del ritorno al  futuro è quindi ovviamente rappresentabile solo per figure simboliche come il Nettuno  che campeggia nei primi manifesti di coalizione o come le torri stilizzate che fanno da sfondo nel visual dei nuovi manifesti di Martelloni (che si presenta frontale con la camicia e senza giacca)". 

VIRGINIO MEROLA 2011-2016. Passiamo in rassegna naturalmente anche Virginio Merola, facendo un confronto fra la campagna del 2011 e quella di oggi: "Lontano dai ritorni al passato e al futuro, c’è Virginio Merola che usa una sorta di mediazione fra spazio e tempo. Il sindaco uscente dice ‘andiamo avanti, insieme’ nell’ultimo spot messo in rete e prodotto dalla agenzia di comunicazione Proforma. Non esattamente uno slogan originalissimo: se lo googlate, trovate con facilità almeno una decina di liste sparse per l’Italia che alle prossime elezioni o nel recente passato hanno usato uno slogan simile. L’originalità non è però l’interesse principale di questa campagna di Merola. Siamo molto lontani dall’autoriferito ‘se vi va tutto bene, io non vado bene’ della campagna 2011, dove invece era l’io della prima persona a imporsi, sfidando quasi l’elettore e lasciando presagire rivoluzioni rispetto al passato. Il sindaco ora torna sul classico: andare avanti insieme (molto simile a quello di Parisi a Milano che però invita a ‘correre insieme’, decisamente più dinamico) e quindi confermare, ovviamente, il lavoro svolto nell’ultima amministrazione. Anche il look fra l’altro è del tutto simile a quello passato (solita camicia bianca con giacca già vista nel 2011). Si intravede anche una stellina nella A di Sindaco che ricorda quella che aveva segnato la campagna primarie (ricordate? La stella rossa del marchio Virgin si trasformava nella stella blu di Virginio) cinque anni fa. La stella di Virginio ora si è ridotta però a un sigillo sulle parole di Sindaco. Secca perdita di soggettività rispetto al passato". (Sotto le due campagne a confronto)

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Infine, Manes Bernardini, che secondo l'analisi di Ruggero Ragonese: "Lascia il verde e la metafora temporale (Finalmente Bologna) che l’avevano caratterizzato cinque anni fa per muoversi e dirci che lui ‘cambiapasso’ (con il suo raggruppamento Insieme Bologna). Sembra una reinterpretazione della strategia di Merola perseguita anche nel look (anche qui giacca e camicia con l’unica variante della cravatta).

Bernardini è però l’unico (insieme al candidato Sergio Celloni della lista G.O.L) a mostrare uno sfondo ‘reale’ dietro la sua immagine: uno scorcio di Via Rizzoli preso da Palazzo Re Enzo. Contestualizzare, soprattutto con una bella foto, è sempre un’arma a doppio taglio, soprattutto se la foto ritrae un pezzo di strada recentemente ristrutturato e messo a nuovo dalla amministrazione uscente che stai cercando di mettere in discussione. Con una Bologna così bella a incorniciare il corpo del candidato centrista, che bisogno c’è, verrebbe da chiedersi, di cambiare passo?

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Ruggero Ragonese si è laureato in Semiotica a Bologna con Umberto Eco nel 2000. Dottore di ricerca in Psicologia e Semiotica della comunicazione simbolica, insegna Semiotica all’Università di Modena e Reggio Emilia ed Estetica e Semiotica delle Arti al Politecnico di Milano. Fra le sue ultime pubblicazione Costruire l’immagine (Esculapio), L’annuncio pubblicitario (con Cinzia Bianchi, Carocci). 

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Ruggero Ragonese

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