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Elezioni Regionali Emilia-Romagna

Elezioni regionali | Quintavalla, l'Altra E-R: "Folle politica dei tagli al welfare e ai servizi"

Intervista alla candidata presidente: "Il Pd e Bonaccini così come Errani, non hanno mai messo in discussione il dogma dell'austerità imposto da Bruxelles i cui effetti sono dannosi"

Verso le elezioni Regionali dell'Emilia Romagna del 23 novembre: per l'Altra Emilia Romagna c'è Cristina Quintavalla, che pochi giorni fa ha presentato la sua lista a Bologna, (quella che ha meglio definito come un "laboratorio per una sinistra alternativa") insieme all'europarlamentare Barbara Spinelli. Per conoscere meglio i programmi elettorali dei candidati presidente e confrontare le loro risposte (qui l'intervista ad Alan Fabbri e a Maurizio Mazzanti) abbiamo posto anche alla Quintavalla domande sul vecchio sistema Emilia-Romagna, sulle priorità, sulla posizione nei confronti di Matteo Renzi. Ecco l'intervista.

La prima questione/priorità alla quale si dedicherà se diventerà presidente della Regione.

La prima questione che affronteremmo nel caso venissimo eletti è quella di ripristinare un rapporto corretto tra pubblico-privato che il Pd ha trasformato in soffocante consociativismo che esclude chi non fa parte delle solite lobby vale a dire i “piccoli”: PMI, piccoli artigiani, gestori di esercizi di vicinato, cittadini comuni. Per noi de l’Altra Emilia – Romagna  la democrazia si fonda sulla difesa degli interessi pubblici, come stabilito dalla Costituzione, e questi non sono la somma degli interessi particolari, ma  il corpo comune politico e morale che insegue il bene comune. Ad esempio, il tavolo regionale dell’imprenditoria ha chiesto a quella che sarà la Regione futura di valutare qualsiasi scelta politica alla luce delle ricadute che potrebbe avere sulle imprese: per noi al contrario viene per primo il cittadino comune che oggi sta soffrendo le conseguenze della crisi senza che nessuno gli fornisca risposte convincenti e non demagogiche. La nostra prima azione sarà dunque rivolta al lavoro, non a caso il capolista di Bologna e di Reggio Emilia è il giuslavorista Piergiovanni Alleva,  proponiamo un  Piano Straordinario  che creerà 50.000 nuovi posti di lavoro grazie ad un forte intervento pubblico. Il libero mercato lasciato a sé stesso infatti mette  le classi meno abbienti ai margini se non c’è un pubblico che ridistribuisce le ricchezze.

Secondo lei cosa non va in Emilia Romagna oggi? Cosa ci lascia la gestione Errani? E cosa della gestione Errani  lascerebbe invariato o porterebbe avanti?

I maggiori rappresentanti politici della gestione Errani sono stati tutti inquisiti, certo non sono certamente i più corrotti di Italia, non si arriva ai livelli di ruberie di altre Regioni,  purtroppo però anche gli amministratori della nostra Regione hanno dimostrato di non aver avuto rispetto per l’etica politica e pubblica. Si è trattato, a nostro modo di vedere, di una gestione grigia e piatta, debole con i forti e forte con i deboli. Parliamo infatti della  regione che consuma più suolo di tutte in Italia  che è la seconda per cementificazione e, nonostante i disastri delle colate indiscriminate di cemento siano sotto gli occhi di tutti, nel programma di Bonaccini sono previste altri km di autostrade e infrastrutture inutili, come il People Mover e il Passante Nord. La Regione governata da Errani è inoltre una di quelle che vede uno dei più alti livelli di indebitamento delle società partecipate che hanno 5,3 miliardi di rosso. Errani ha gestito l’esistente come un burocrate mentre per ripartire c’è bisogno di spingersi in altre direzioni avendo il coraggio anche di dire no al Governo che vuole tagliare i fondi alle Regioni già prosciugate dai tagli delle precedenti Finanziarie. Il Pd e Bonaccini così come Errani, non hanno mai messo in discussione il dogma dell’austerità imposto da Bruxelles i cui effetti sono riconosciuti unanimemente come dannosi eppure anche Renzi, nonostante le sue spacconate, nei fatti segue queste politiche che ci hanno portato al disastro.

Non potrà non occuparsi di lavoro e crisi delle imprese. Idee per far ripartire la regione?

 Noi proponiamo un grande piano per il lavoro, quello cui accennavo prima,che prevede diversi tipi di azioni:

- piani d’intervento delle amministrazioni pubbliche locali destinati alla protezione e messa in sicurezza del territorio, alla tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio storico, culturale ed artistico, alla qualificazione dei servizi alla persona (scuola pubblica, sanità, servizi sociali);

- l’erogazione degli incentivi pubblici alle imprese che sottoscrivano con i lavoratori, le  lavoratrici e gli enti locali, Piani Industriali, che indichino gli obiettivi occupazionali e le tipologie contrattuali non precarie da utilizzare;

- una particolare vigilanza sugli appalti escludendo le gare al massimo ribasso, la proliferazione dei subappalti e le tipologie contrattuali di comodo;

- la revisione e rimodulazione della liberalizzazione delle aperture domenicali dei centri commerciali che, oltre a creare ingiustizia nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti, contribuisce a impoverire i centri storici;

- l’inserimento nei bandi di gara per cooperative di produzione e servizi di clausole sociali che garantiscano adeguati standard economico-normativi a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, soci o dipendenti, contrastando, dovunque esista, la piaga delle dimissioni in bianco;

- la lotta alle “delocalizzazioni” e alle dismissioni industriali nel territorio regionale adottando idonei strumenti e vincoli urbanistici;

- il ricorso ai contratti di solidarietà nelle crisi aziendali nel più ampio obiettivo della riduzione degli orari di lavoro, a parità di salario, finalizzati all'incremento occupazionale;

- la costituzione, nella logica della programmazione, di un'Agenzia economico finanziaria (anche accorpando e modificando strutture esistenti) per canalizzare e orientare risorse pubbliche e private, locali, nazionali ed europee, nonché Fondi di Investimento categoriali per costruire nuova occupazione stabile e per implementare ricerca e innovazione;

- il potenziamento dei Centri per l'Impiego per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e l’istituzione dell’Anagrafe Pubblica del Lavoro sulla cui base assumere politiche di contrasto alle forme di sfruttamento e d’iniquo precariato (Co.co.co, dei lavori a chiamata, interinali, a progetto, delle false partite iva), di lavoro nero, compreso quello della cooperazione “spuria”.

Inoltre vogliamo introdurre il reddito minimo per i giovani e sostenere con fondi pubblici quelle imprese che si prendono degli impegni riguardo la ricaduta sociale della loro azione:  stabilizzazione del lavoro, rispetto dei contratti nazionali, investimenti sul territorio e no alle delocalizzazioni. Ad esempio la Titan a Finale Emilia ha preso parecchi milioni di euro come risarcimento per il terremoto ma che garanzie abbiamo che questo stabilimento continuerà a produrre in Emilia e non delocalizzi come vogliono fare per l’insediamento di Crespellano?

Territorio e grandi opere: quali opere/infrastrutture ritiene necessarie? 

Intanto siamo fortemente critici con tutte le  grandi opere che Bonaccini sulla scia del pericoloso Sblocca Italia vorrebbe concedere alla lobby dei cementifica tori: le solite opere faraoniche servono solo a chi le costruisce e non ai cittadini che le pagano con le loro tasse. Siamo contrari prima di tutto per la loro inutilità, ma anche perché andrebbero ad insistere su un territorio già devastato dalla cementificazione selvaggia che  è poi anche la causa primaria del dissesto idrogeologico. Noi favoriremo piuttosto tutte quelle piccole opere necessarie per non vedere andare il Paese sott’acqua o seppellito dal fango per ogni pioggia più consistente della norma, favoriremo la messa in sicurezza delle strade già esistenti e promuoveremo un nuovo modello si sviluppo che punti  alla conversione ecologica che attraverso la ricerca e l’innovazione recupera materiali, produce energia pulita, tutela l’ambiente e implementa  processi  produttivi  ecosostenibili creando così nuovi posti di lavoro. Siamo contrari al Piano Regionale di Gestione Rifiuti che ancora prevede il mantenimento degli inceneritori perché è possibile, basta volerlo,  coniugare la strategia “rifiuti zero” al principio del “riciclo totale”, affinché il nuovo Piano Regionale dei Rifiuti che proponiamo elimini il ricorso all’incenerimento, riservando risorse ai Comuni per incentivare e generalizzare la raccolta differenziata porta a porta, per promuovere un sistema di tariffazione puntuale, per puntare su processi di assimilazione e controllo del flusso del rifiuto speciale che nella nostra Regione è tre volte tanto il rifiuto solido urbano.

Dissesto idrogeologico: come intervenire per prevenire quello che è accaduto a Parma?

Io sono di Parma e osservo che il problema non è solo aver fatto o meno una cassa di espansione su cui assistiamo ad un rimpallo di responsabilità, il vero problema sono la cementificazione che deturpa il territorio e il disboscamento selvaggio che facilita i fenomeni franosi. Consideriamo il suolo, il territorio naturale e coltivato con la loro biodiversità indispensabili alla vita, un bene comune che non deve più essere sprecato per il profitto o per irresponsabili scelte politiche. La Regione Emilia-Romagna è oggi la terza nella graduatoria nazionale della percentuale di suolo occupato da costruzioni e infrastrutture che supera ormai il 10,2% della sua superficie complessiva contro una media nazionale del 7,3%. Va quindi non più disatteso ma rigorosamente applicato il dettato della legge regionale 20/2000 che prescrive di “prevedere il consumo di nuovo territorio solo quando non sussistano alternative derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti ovvero dalla loro riorganizzazione e riqualificazione”. Vanno rivisti tutti i Piani urbanistici, gli accordi fra enti e privati, i progetti infrastrutturali che contravvengono a tale prescrizione ed è necessaria una rigorosa salvaguardia e vigilanza sui valori ambientali, culturali e produttivi della campagna e della montagna, soprattutto di quelle periurbane che oltre ai valori ambientali, consentono produzioni alimentari a km 0.

Post terremoto? A che punto siamo? Cosa va ancora fatto e subito?

Negli ultimi due anni l’Emilia è stata colpita dal sisma, dall’alluvione del Secchia e da una serie di altre minori calamità che hanno profondamente colpito ampie fasce della po-polazione e mutato il  volto di un’ampia porzione del territorio regionale. La ricostruzione avviene in modo contraddittorio: quella degli edifici e dei servizi pubblici procede in modo spedito, ma lo stesso non si può dire per la ricostruzione privata delle abitazioni e delle attività produttive e commerciali, che soffre i limiti di una impostazione burocratica non in sintonia con le esigenze di efficacia e tempestività di chi vive il disagio del post sisma e post alluvione. E’ necessaria una legge quadro sulle calamità e un approccio ai problemi dell’Emilia che non  ricorra a una struttura commissariale identificata solo con il Presidente della Regione ma che non sottragga all’Assemblea Legislativa il ruolo di indirizzo  nella ricostruzione. E’ indispensabile la discussione pubblica partecipata dai cittadini e dalle cittadine sulla riorganizzazione economica e sociale. Ciò consentirà il superamento delle contraddizioni, la democratizzazione a sostegno dell’attività legislativa e la revisione dell’iter per il ripristino di abitazioni e attività produttive accelerando i tempi della ricostruzione privata. Inoltre al momento solo il 13% dei finanziamenti sono arrivati agli aventi diritto. Temiamo che questo ritardo, che Bonaccini si limita a definire burocratico, sia funzionale ad indurre le famiglie colpite dal sisma a  rinunciare al loro diritto al risarcimento e svendere la loro casa. Se non si ha tempo e modo di aspettare e nello stesso tempo  non puoi anticipare i soldi che fai? C’è il rischio che le valutazioni del danno siano inferiori al danno effettivamente subiti. Noi chiediamo una valutazione reale dei danni, dei finanziamenti tempestivi agli aventi diritti e il rimborso del 100% del danno.

Cosa la differenzia dai suoi competitor? 

La differenza principale è data dal fatto che siamo gli unici a sostenere la centralità dell’intervento e della spesa pubblica in un momento in cui il Paese sta franando nella crisi in una regione che avrà crescita zero, calo dei consumi e taglio di trasferimenti dello Stato. Siamo arrivati all’ottavo anno di crisi economica e si continua ad insistere con questa folle politica di tagli al welfare e ai servizi, tagli ai salari e ai diritti dei lavoratori nonostante sia lampante che si tratta di una strada fallimentare, basta vedere come è stata ridotta la Grecia: un laboratorio delle politiche liberiste che hanno annichilito il Paese che oramai è distrutto. Lo stesso stanno facendo in Italia con la differenza che non ci mandano direttamente la Trojka, hanno capito che è troppo impopolare quando basta mettere un Premier che tra uno sbuffo ed uno sbadiglio a favore di telecamera non esita ad eseguire i diktat della Ue a trazione tedesca. A differenza dei nostri competitor siamo contrari al Jobs Act che, lungi dall’allargare i diritti a chi non li ha, li toglie a quei pochi ormai che ce li hanno, alle privatizzazioni dei beni comuni (noi li vogliamo ripubblicizzare tutti), siamo per una scuola pubblica e laica dunque siamo per cancellare i finanziamenti alle scuole private confessionali, siamo per la pari dignità di tutti i cittadini dunque diciamo sì allo ius soli e al desiderio delle coppie LGTB di sposarsi. Siamo per una diversa idea di cultura: gli interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale vanno orientati non nell’ottica del marketing culturale, ma come strumento e occasione generatrice di conoscenza, intelligenza critica, partecipazione, coesione e integrazione sociale. Vogliamo rafforzare la sanità pubblica e ridurre fino ad azzerare il ruolo del privato, che fornisce le stesse prestazioni del pubblico ad un costo maggiore vista la necessità del privato di fare profitti, e siamo dell’idea, a differenza di Bonaccini, che le liste di attesa si tagliano assumendo nuovo personale e non sovraccaricando quello esistente già stremato da turni infernali e blocco del turn over.

Renzi chiede alle Regione di ridurre gli sprechi...come lei intende (e se è possibile) farlo?

E’ una vergogna e un triste paradosso. I cittadini sono due volte vittime: prima devono leggere sui giornali degli sprechi della classe politica pagati con le loro tasse poi devono subire un taglio ai servizi perché il Governo ha deciso di “punire” le Regioni a causa dei, talvolta molto presunti, sprechi. Che siano chiamati a pagare i responsabili degli sprechi, se si vuole non è difficile individuarli e non si chieda ai cittadini di pagare ancora, visto che sono allo stremo.

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