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Referendum costituzionale, focus Bologna: le ragioni del NO

Chi vota no spiega perchè. Ecco le ragioni del Comitato per il No e di alcune personalità politiche cittadine fra cui Lucia Borgonzoni: "I tagli sono in realtà una bugia"

Il 4 dicembre 2016 è la data scelta e confermata per il referendum costituzionale. Ecco il quesito davanti al quale gli italiani dovranno decidere: "Approvate il testo della legge costituzionale concernente "disposizioni per il Superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?"

La riforma costituzionale, approvata in via definitiva dalla Camera, modifica 49 articoli della Costituzione, riformando completamente il Senato e l'organizzazione del Parlamento e il titolo V relativo alla disciplina delle Regioni. Fra le principali novità del ddl Boschi: il nuovo Senato composto da 100 membri, che rappresenterà le istituzioni territoriali e avrà compiti diversi dalla Camera dei deputati; la scomparsa della legislazione concorrente tra Stato e Regioni; l'abolizione di Province e Cnel.“

Molti sono ancora indecisi e abbiamo per questo chiesto le tre ragioni del NO e del SI ad alcuni gruppi e al alcune personalità della politica bolognese per comprendere meglio i punti di vista. Ecco le interviste al Comitato ‘Alessandro Baldini’, a Lucia Borgonzoni e a Daniele Carella. 

COMITATO PER IL NO ALESSANDRO BALDINI. Il “Comitato ‘Alessandro Baldini’ della città metropolitana di Bologna per il NO al referendum Costituzionale” è formato da oltre 150 iscritti, con l’adesione di Associazioni schierate per il NO. Tra i Soci Fondatori ci sono persone note in città fra cui Costanza Baldini (figlia di Alessandro), l'onorevole Carlo Galli, Umberto Romagnoli, Stefano Bonaga, Iadranka Bentini, Bruno Papignani e Ugo Mazza. 

Il Comitato è stato costituito per opporsi alla legge Renzi-Boschi-Verdini per ragioni di metodo e di contenuto e "ancor di più per il suo intreccio evidente e pericoloso con la legge elettorale in vigore - spiega Ugo Mazza - l’Italicum oltre alla insostenibile situazione di un Parlamento eletto con una legge elettorale, il Porcellum, dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale possa solo pensare di approvare una legge elettorale simile se non peggio del Porcellum e mettere mano a oltre 40 articoli della Costituzione. Ecco tre ragioni che motivano il nostro NO": 

1. La legge Renzi-Boschi-Verdini e l’Italicum sono collegati e concentrano il potere nel governo.

2. La legge Renzi-Boschi-Verdini riduce il ruolo del Parlamento e sposta il potere legislativo nel Governo

3. La legge Renzi-Boschi-Verdini espropria e accentra nel governo i poteri oggi delle Regioni

Ed ecco le motivazioni: 

La legge Renzi-Boschi-Verdini e l’Italicum sono collegati e concentrano il potere nel governo. Infatti, sono le stesse menti che le hanno pensate tra loro intrecciate ed è la stessa “cucina”, il Governo, che le ha sfornate e sostenute con atti molto precisi e in particolare con forzature parlamentari che hanno portato all’approvazione della sola maggioranza della legge Renzi-Boschi Verdini e con il limitare la legge elettorale, l’Italicum, alla sola Camera dando per scontata l’eliminazione del Senato per poi mettere la “fiducia” per la sua approvazione. Questa legge elettorale, oltre al controllo sugli eletti, prevede una forma di “elezione del popolo” del Presidente del Consiglio alterando così di fatto il ruolo del Presidente della Repubblica che per Costituzione ha il potere di indicarlo per la fiducia del Parlamento: cosa succederà in caso di successive dimissioni? E’ ridicolo che lo si neghi visto l’articolo 2 impone l’indicazione del NOME CANDIDATO/CAPOLISTA IN SCHEDA, situazione che viene fortemente aggravata dalla previsione del “ballottaggio” tra due persone. Di fatto siamo alla “elezione dal popolo” del presidente del Consiglio e non casualmente Renzi afferma che la sera del voto si saprà chi governerà, fregandosene del ruolo del Presidente della Repubblica e Dalimonte,  teorico di questo scempio, afferma che “siamo al presidenzialismo di fatto” mentre la ministro Boschi sostiene che “siamo sulla strada del presidenzialismo”. Questo è un primo stravolgimento della nostra Costituzione che indica nel Parlamento la sede della rappresentanza democratica del “potere dei cittadini” di cui all’art. 1 della Costituzione. Ci provò anche Berlusconi proponendo la “elezione diretta del Premier” ma nel 2006 il 60% dei cittadini bocciò quello stravolgimento costituzionale: noi ci battiamo perché succeda anche il 4 dicembre 2016.

La legge Renzi-Boschi-Verdini riduce il ruolo del Parlamento e sposta il potere legislativo nel Governo
E’ un obiettivo che da anni viene portato avanti in ogni livello istituzionale con il termine “governabilità”. 
Questo ha determinato una crisi di rappresentanza evidente e drammatica dei Consigli Comunali e dei Consigli Regionali: potere monocratico di Sindaci e Presidenti Regionali, detti anche Governatori, esecutivi non eletti, assemblee svuotate del loro ruolo e usate solo per la ratifica delle scelte dell’esecutivo.
Con queste modifiche costituzionali si apre la strada alla riduzione del ruolo del Parlamento e quindi della sua rappresentanza popolare prevista Costituzione, con grave pericolo per la democrazia sostanziale.

Infatti sarà il Governo a dettare l’agenda del Parlamento con due strumenti precisi:
- corsia preferenziale per le leggi proposte dal governo con il tempo di discussione ridotto a 70 giorni con ovvi problemi di approfondimento e modifica e anche con la possibilità di un ostruzionismo di maggioranza per impedire di introdurre modifiche;
- decreti legge di urgenza, che restano in vigore secondo le leggi già esistenti e introdotte in Costituzione con un tempo che oscilla da 60 a 90 giorni a seconda della situazine normativa
- resta il “ping pong” tra Camera e Senato per molte leggi per cui la riduzione dei tempi di discussione mortifica ulteriormente il ruolo delle due camere.
Con queste modifiche si riduce in modo drastico il potere legislativo e di controllo del Parlamento.

3. La legge Renzi-Boschi-Verdini espropria e accentra nel governo i poteri oggi delle Regioni
Per oltre 30 anni uno degli obiettivi centrali è stato quello del decentramento dei poteri centrali nel territorio facendo leva sui Comuni e sulla piena realizzazione delle Regioni, avvenuta solo nel 2003. Fu una battaglia molto dura contro la destra DC che aveva il timore che questo rafforzasse la sinistra e riducesse fortemente il potere del Governo nelle sue relazioni con i poteri e lobbie più forti. Cerio si può sostenere che il processo non è stato lineare e che oggi è molto differenziato e travagliato per cui la cosa certo necessaria era quella di mettere ordine nel processo di decentramento e miglioralo fortemente.
Oggi all’opposto siamo di fronte a un grave processo di centralizzazione che svuota le Regioni e toglie ai territori la possibilità di fare leva sulle proprie istituzioni nel governo delle trasformazioni e progresso democratico.

La Modifica del Titolo V è un evidente processo di espropriazione di poteri su cui molite regioni si erano affermate.  Salta la “legislazione concorrente” e con essa il principio generale che lo Stato definisce le scelte fondamentali e le norme vakide in tutto il Paese, mentre la Regione emana leggi e norme relative alla specificità del proprio territorio in relazione con i Comuni e le Province, oggi non scomparse ma semplicemente trasformate in Aree Vaste e Aree Metropolitane: sono scomparsi solo gli eletti dal popolo. Inoltre sono comparse due divertenti novità: il Governo può usare l’introdotta “Clausola di supremazia” per intervenire sugli atti propri della Regione; il Governo può “regalare” a una Regione che è stata “brava” poteri aggiuntivi come una regalia del Monarca. 

Per questo ulteriore scempio costituzionale si usa anche l’argomento dei conflitti tra Stato e Regioni di fronte alla Corte Costituzionale dimenticando volutamente che molti di quei ricorsi da una parte dall’altra erano conflitti tra centralismo e decentramento, cioè conflitti da capire invece che eliminare accentrando.
Vorrei solo aggiungere che uno di quei conflitti riguardava la lotta di molte Regioni contro i Condoni Edilizi imposti dai Governi per loro logiche di potere. Resta solo da aggiungere che la legge Renzi-Boschi-Verdini tocca solo le regioni a statuto ordinario, mentre quelle a statuto speciale non vengono minimamente toccate nei loro privilegi legislativi e di ruolo. Ci hanno detto che questo era necessario per ottenere il voto dei parlamentari di quelle Regioni.

La Legge Renzi-Boschi-Verdini non abolisce il Senato ma solo il diritto degli italiani di eleggere i Senatori. La legge prevede che il Senato continua ad approvare leggi e a partecipare al ping-pong con la Camera.. E la potestà di legiferare è compito degli eletti dal popolo in quanto suoi rappresentanti. Questo legge compie uno stravolgimento della Costituzione affidando questi poteri a persone, Sindaci e Consiglieri regionali, nominate dai consigli regionali senza che oggi si possa sapere come avverrà. Tutto questo sta scritto nell’art. 70 che è il più arzigogolato e confuso degli articoli e che è molto istruttivo leggerlo per comprendere la logica perversa delle modifiche costituzionali proposte dal Governo. L’articolo prevede almeno 8/10 procedimenti legislativi e precisamente: LEGGI BICAMERALI, cioè approvate sia dalla Camera che dal Senato, LEGGI MONICAMERALI, cioè di competenza esclusiva della Camera ma su cui loro potranno intervenire con proposte di modifica e LEGGI MONOCAMERALI RINFORZATE cioè leggi della Camera su cui dovranno intervenire con precisi pareri e proposte correlate alle legislazioni che riguardano le Regioni e i Comuni oltre alle normative Europee. Questi “pseudo Senatori” dovranno affrontare questi processi legislativi nei tempi liberi dai loro incarichi di Sindaci, Presidenti e Consiglieri regionali: una assurdità o la dimostrazione che non conteranno nulla.

Infatti la Renzi-Boschi-verdini prevede che il Senato sia formato da 70 CONSGLIERI REGIONALI E 25 SINDACI, cioè persone elette per altri ruoli e di cui dovranno rispondere ai cittadini in forma diretta. Come si sa il “doppio incarico” non è mai un bene e certo non si addice a ruoli così diversi e plurimi con il triste spettacolo di persone che alzano la mano senza poter leggere quello che vota. Il nostro NO ha forti motivazioni e si oppone a evidenti stravolgimenti della Costituzione in vigore. Se vince il No non succede nulla, nel senso che resta in vigore una Costituzione che solo i poteri forti e finanziari, come la J.P. Morgan o la Confindustria, vogliono stravolgere perché troppo democratiche e socialmente avanzate per i loro interessi.

"Non si deve votare NO, per votare contro Renzi. Ma neppure si può votare sì perché c’è Renzi. Si guardi il merito per restare un Paese Democratico che vuole vivere e crescere nella democrazia". Conclude il comitato. 

LUCIA BORGONZONI. Per la consigliera comunale del Carroccio si tratta di "Una Riforma di tipo centralista, depotenzia gli enti locali, introduce la clausola di "supremazia", crea un senato di non eletti dal popolo e senza funzioni legislative autonome, senza però realmente semplificare l'iter di tutte le leggi. La nostra idea di Riforma sarebbe direzionata verso la sovranità popolare, il federalismo, il ridimensionamento delle ingerenze dell'unione europea - con possibilità di referendum trattati internazionali o u.e. - e una diminuzione della spesa pubblica. 

Ecco le tre ragioni per votare no di Lucia Borgonzoni:

1. Con questa riforma, molte competenze tornano a pertinenza esclusiva dello stato, tra cui ambiente, politiche per l'occupazione, sicurezza sul lavoro, trasporti ecc...e la sanità che resterebbe teoricamente a capo delle regioni in realtà con la "clausola si supremazia" lo stato con la scusa dell'interesse nazionale può intervenire quando vuole ed è ovvio che saranno penalizzate le regioni più virtuose se vi sarà necessità di recuperare fondi da parte del Governo. Come verranno rafforzati, invece che tolti, i vincoli del patto di stabilità per gli enti locali, che si trovano con soldi nelle casse, ma l'impossibilità ad investirli.

2. I tagli sono in realtà una bugia, si risparmieranno 48 milioni 8,8% della spesa ad oggi del senato. Per capire i numeri, la spesa dell'ultimo anno per i migranti arrivati con gli sbarchi è 4 miliardi. Sarebbe servito di più in ottica di risparmio, come noi chiediamo, dimezzare parlamentari e senatori. 

3. L'introduzione raccontata dal PD del referendum propositivo e di indirizzo è aleatorio, visto che demanda la regolamentazione a successiva legge costituzionale e l'attuazione ad ulteriori leggi ordinarie...insomma, una presa in giro, come il fatto che sono state elevate da 50.000 a 150.000 le firme per la richiesta di iniziativa popolare, alla quale non vengono neanche garantiti tempi certi. 

DANIELE CARELLA. Ex consigliere in consiglio comunale, da sempre attivo e attento alla politica bolognese: le sue tre buone ragioni per votare no di Daniele Carella:

1. Non esiste Stato Democratico che abbia un unico Organo Elettivo Nazionale di Primo Grado, senza equilibrati contrappesi tra rappresentanza e poteri, a mio avviso, una Democrazia Rappresentativa non è compiutamente tale!

2. Il Parlamento che ha approvato la profonda Modifica Costituzionale per la quale siamo chiamati a esprimerci è un Parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale dalla Consulta, mi pare più inopportuno che bizzarro che sia esso stesso ad averla fatta, la questione per me è di principio e correttezza, ritengo che dopo la pronuncia della Consulta ai sarebbe dovuto velocemente approvare una legge elettorale e farci tornare al voto!  Insomma questo Parlamento sarà pure legale ma io, per cultura personale, non riesco a ritenerlo legittimo.                        

3. Magari non è razionale ed è stucchevolemente romantico, ma se proprio si riteneva di "abolire" in qualità di elettivo, un ramo del Parlamento (cosa che ripeto mi trova contrario senza istituire un altro Organo Elettivo di Primo Grado Nazionale, tipo la Presidenza della Repubblica per intenderci) io avrei abolito la Camera e non il Senato, istituto con cui gli Italiani camminano da millenni!

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