rotate-mobile
Earth Day Italia

Cambiamento climatico, quanto ci costa?

Tutelare uno sviluppo sostenibile e sicuro deve essere una priorità per amministrazioni pubbliche e imprese, anche per ragioni economiche: i cambiamenti impattano sul PIL

L’attuale fenomeno del cambiamento climatico impatta sul nostro territorio, provocando anche perdite economiche legate alla gestione delle emergenze e dei danni a lungo termine. Ammontano a oltre un miliardo di euro i costi dei danni che l’agricoltura ha subito in seguito ai recenti eventi estremi, che hanno messo in ginocchio la stabilità idrogeologica del nostro Paese, in cui ora ben 5 milioni di persone vivono in aree a rischio. È quanto emerge da un monitoraggio effettuato nei giorni scorsi dalla Coldiretti.
Guardando al 2010, sono stati circa 385 disastri naturali con più di 297mila vittime e costi stimati pari a circa 95 miliardi di euro. Nel 2011, secondo le statistiche dell’International Disaster Database (EM-DAT), a livello globale ci sono stati 302 disastri, con circa 206 milioni di persone colpite e una stima di danni economici pari a 380 miliardi di dollari (Dossier “Profughi ambientali 2012” di Legambiente).

Le aziende hanno un ruolo fondamentale nella spinta verso un’azione di adattamento ai cambiamenti climatici.
Come possono agire? In primo luogo informando i loro clienti sulle conseguenze che il climate change può avere sul loro business. In secondo luogo sviluppando brand strategy, product strategy e risk assessment-management, congiuntamente all’avvio di politiche aziendali indirizzate verso un’azione di contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici sul territorio e sull’attività produttiva e aziendale.
Parlare di cambiamenti climatici significa parlare di economia, perché il costo dei cambiamenti in atto e la sua influenza sul PIL (Prodotto Interno Lordo) nazionale non è questione di poco conto. Settori come la salute, i servizi, l’uso delle risorse, e in particolare della terra, l’acqua, l’energia, il commercio e i trasporti subiranno gli effetti del cambiamento climatico già in atto se non si agirà presto.
 
Si calcola che per l’Italia il cambiamento climatico condurrebbe a una perdita annua di PIL compresa tra lo 0,12% e lo 0,16% se la temperatura aumentasse di 0,93 °C nel periodo 2001-2050, e tra lo 0,16% e lo 0,20% se la variazione di temperatura fosse di +1,2 °C da qui al 2050. Gli impatti dei cambiamenti climatici si avvertiranno soprattutto nella seconda metà del secolo: il danno espresso in termini di perdita di PIL raggiungerà nel 2100 un range tra 0,9% e l’1,14% del PIL (sempre del 2100 a prezzi correnti) nel primo scenario e tra 1,02% e 1,28% del PIL nel secondo scenario. (fonte: Report “La valutazione economica degli impatti dei cambiamenti climatici in Italia e delle relative misure di Adattamento”).

Il settore più colpito, soprattutto nell’area del Mediterraneo, è il turismo: l’innalzamento del livello del mare, la perdita di biodiversità, l’intensificarsi dei periodi di caldo, la siccità e l’arrivo di nuove specie di parassiti incide sul turismo e provoca una perdita di afflusso di turisti in molte zone del nostro Paese e dell’Europa.

La domanda quindi sorge spontanea: quanto ci costa il cambiamento climatico? Lo scorso aprile la Commissione europea ha sottolineato che il mancato adattamento al cambiamento climatico per l’Europa al 2020 costerà 100 miliardi di euro l’anno e nel 2050 ben 250 miliardi di euro. Si tratta di una proiezione sulla base di dati storici che indicano già gli effetti dei danni subiti fino ad ora. Per esempio, tra il 1980 e il 2011, l’UE ha perso più di 90 miliardi a causa delle alluvioni. Per fronteggiare le inondazioni si prevede una spesa al 2050 di circa 46 miliardi.

È bene sottolineare che questi effetti in termini economici vanno ad aggiungersi a dei costi sociali: il cambiamento climatico, infatti, colpisce le popolazioni più povere e, soprattutto, accentua il divario tra le popolazioni delle zone più colpite rispetto alle meno vulnerabili. Le alluvioni, fra il 1980 e il 2011, hanno provocato 2500 morti e hanno colpito ben 5,5, milioni di persone e si prevede che si arriverà a un dato pari a 25.000 nel 2020 (fonte: La stampa, 17 aprile 2013). Inoltre, il cambiamento climatico provoca un incremento del numero di “rifugiati ambientali”, che rappresenta una trasformazione sociale in seguito a un disastro ambientale. Indubbiamente la questione della migrazione ambientale resta ancora aperta, ma fa riflettere sul flusso migratorio come una strategia di adattamento a momenti critici delle attività produttive di un paese e alla trasformazione dell’ambiente naturale. Entro il 2050 si raggiungeranno i 200/250 milioni di rifugiati ambientali (una su ogni 45 nel mondo), con una media di 6 milioni di uomini e donne costretti ogni anno a lasciare i propri territori (fonte: Legambiente, “Profughi ambientali 2012”).

L’Europa, nel solo periodo 1998-2002, “ha subito circa 100 alluvioni che hanno provocato 700 vittime, il trasferimento di circa mezzo milione di persone e almeno 25 miliardi di Euro di perdite economiche per i danni assicurati” (fonte: Report “La valutazione economica degli impatti dei cambiamenti climatici in Italia e delle relative misure di Adattamento”).

L’intensificarsi di eventi estremi deve necessariamente portare la nostra attenzione sullo stretto rapporto tra clima e società. Gli impatti dei cambiamenti climatici vanno studiati a livello locale, dato che alcuni eventi possono essere dei disastri per alcune comunità e per altre no, a seconda quindi del contesto sociale. Gli impatti, che possono essere percepiti localmente o a livello globale sono di natura diversa a seconda del contesto sociale. I danni economici dei disastri derivanti da eventi meteorologici, climatici o geofisici sono più elevati nei Paesi sviluppati, mentre le vittime sono di più nei Paesi in via di sviluppo: tra il 1970 e il 2008, più del 95% delle morti da disastri naturali sono avvenute in tali regioni. Ma i danni economici, in termini di valore assoluto, sono concentrati nei paesi sviluppati. Questo ovviamente è determinato dalla concentrazione di infrastrutture e beni ad alto valore in tali paesi (fonte: Blog di Carlo Carraro).
Comprendere le vulnerabilità territoriali e spingere verso una maggiore sensibilizzazione e informazione su questi temi potrà contribuire ad avviare azioni di adattamento e a gestire al meglio il rischio. Pensare a una nuova pianificazione urbana, a una progettazione delle infrastrutture che le renda capaci di fronteggiare le emergenze climatiche porterà anche a una riduzione dei costi economici sia per i paesi, sia per le imprese.

A maggio 2013, in Emilia-Romagna si è predisposto un “Piano dei primi interventi urgenti di Protezione Civile in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei mesi di marzo, aprile e maggio 2013 nei Comuni del territorio delle Regione Emilia Romagna” con cui la Regione ha concorso, insieme agli Enti locali, le strutture tecniche regionali e i consorzi di bonifica, alla realizzazione di interventi urgenti per un importo complessivo di 3.499.155,21 euro.

Dal documento si legge che il territorio emiliano è stato colpito da due eventi meteorologici estremi: gli eventi alluvionali e le gravi situazioni di dissesto idrogeologico nel periodo marzo-aprile 2013 e la tromba d’aria del 3 maggio 2013. A questo si è aggiunto anche lo scioglimento del manto nevoso che ha messo in crisi il reticolo idrografico del territorio montano. Sono state circa 2000 le segnalazioni di danno: 300 di natura idraulica e 1500 relative a dissesti (126 le persone evacuate, 43 abitazioni civili distrutte o danneggiate, 3 ponti crollati, 56 interruzioni totali di strade e 138 località isolate).

È a partire da questi dati che il Comune di Bologna, avvertendo la necessità di una pianificazione in termini di adattamento climatico che possa raccogliere questi e anche altri dati locali più dettagliati relativamente al territorio bolognese e della regione Emilia-Romagna, sta predisponendo un Profilo climatico della città che rientra nell’ambito del progetto BLUE AP (LIFE 11 ENV/IT/119).
Inoltre, insieme al Coordinamento delle Agende 21 Locali Italiane, Il Comune di Bologna e gli altri partner del progetto BLUE AP, hanno creato il network “Il clima cambia la città”, affinché si possa fare rete, condividendo know-how ed esperienze per proporre azioni di adattamento che andranno di pari passo con una strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, sulla scia di quella europea.

Nell’analisi degli effetti dei cambiamenti climatici e dei costi legati all’intensificarsi di eventi estremi, si fa quindi fondamentale un confronto con le assicurazioni, le banche e le imprese per trovare insieme delle soluzioni in grado di rigenerare i territori e costruire comunità resilienti, capaci di rispondere prontamente alle future criticità legate ai mutamenti climatici.

Tutelare uno sviluppo sostenibile e sicuro deve essere oggi una priorità delle amministrazioni pubbliche e del mondo dell'impresa. Partendo da questa necessità, giovedì 17 ottobre si svolgerà l’Open Day Smart & Resilient Communities, un’iniziativa organizzata dal Coordinamento delle Agende 21 Locali Italiane e dai partner di BLUE AP (lead partner: Comune di Bologna) in programma a Bologna nell’ambito di Smart City Exhibition.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Cambiamento climatico, quanto ci costa?

BolognaToday è in caricamento