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Anziani maltrattati e conseguenze degli abusi: "Anche quando non lasciano lividi peggiorano la disabilità"

Laura Annella, specializzata in psicologia dell'invecchiamento, spiega come ogni evento traumatico abbia conseguenze anche gravi sull’individuo dal punto di vista non solo fisico, ma anche come individuare l’abuso, prevenirlo e trattarlo

Le vicende come quella portata alla luce dall'indagine dei Nas sulla casa-famiglia Nino Aurelia di Monteveglio, dove si sarebbero consumati maltrattamenti nei confronti dei nonni ospiti della struttura, lasciano sempre senza parole. Eppure l'operazione "Inferno" non è certo l'unica e in lungo e in largo per l'Italia di indagini analoghe ne abbiamo viste molte. Il racconto di Fabio Fornasini, figlio di un ospite della struttura bolognese (Vincenzo Fornasini, giunto in uno stato di avanzata debilitazione all'ospedale di Bazzano e poi deceduto, ndr) fa emergere sentimenti quali sensi di colpa, rabbia e impotenza. Ma cosa succede invece alla psiche degli anzini oggetto di insulti, violenze e maltrattamenti?

Laura Annella è psicologa specializzata in psicologia gerontologica o dell'invecchiamento e abbiamo chiesto a lei di spiegare come può reagire la mente di una persona fragile affidata dai familiari alle cure di caregiver che poi subisce vessazioni e abusi. Ma partiamo dalla definizione di "maltrattamento".  

Nel 2014 l’OMS ha pubblicato il 'Rapporto Mondiale su violenza e salute' un documento nel quale definisce che “per maltrattamento agli anziani si intende un’azione singola o ripetuta, oppure l’assenza di un’azione adeguata, che causa danni o sofferenza a una persona anziana, nell’ambito di una relazione in cui c’è un’aspettativa di fiducia. Questo tipo di violenza costituisce una violazione dei diritti umani e include gli abusi di natura fisica, sessuale, psicologica, emotiva, economica e materiale, l’abbandono, l’incuria e le gravi forme di perdita di dignità e di rispetto.”

"Questa definizione innanzitutto ci permette fin da subito di comprendere quanto possa essere ampio lo spettro dell’abuso, includendo azioni o comportamenti che non necessariamente riguardano la sfera fisica e materiale, ma anche quella emotiva e affettiva - spiega Annella - Le statistiche risultate da revisioni della letteratura e meta analisi infatti evidenziano una maggioranza degli abusi verso gli anziani di natura psicologica seguiti nell’ordine da quelli di natura finanziaria, trascuratezza, abuso fisico e, infine, quelli di natura sessuale".

Sentiamo sempre più spesso storie che vedono gli anziani come vittime. E' possibile che il fenomeno stia avendo una crescita? "L’abuso degli anziani sembra essere un fenomeno in aumento, ma questo è strettamente legato all’invecchiamento della popolazione mondiale (esattamente come sono in aumento le patologie legate all’invecchiamento). Questo trend richiama l’urgenza di occuparci di questo fenomeno sul quale aleggia un tabù ancora molto forte. Per questo motivo è stata istituita dall’OMS una Giornata mondiale sulla consapevolezza degli abusi sulle persone anziane (15 giugno); proprio per sensibilizzare tutti su quello che è definito un problema di salute pubblica".

Quali sono le conseguenze dell’abuso su una persona anziana e ancor di più se questa è affetta da demenza? "Facciamo un gioco: giro subito la domanda alla mia interlocutrice chiedendole altrettanto semplicemente: 'come ti senti (o immagineresti di sentirti) in caso qualcuno ti offendesse, maltrattasse o privasse di un bene necessario, non sentendoti  riconosciuta in tuo bisogno, o nel tuo sentire?'. E aggiungerei: 'Pensi che il vivere queste azioni una volta sola, o peggio ancora ripetutamente, possa avere delle ricadute in termini di benessere e qualità della tua vita?'

Se la tua risposta è inevitabilmente sì: abbiamo appena destrutturato uno stereotipo assolutamente resistente nella nostra cultura che è quello di non considerare le persone anziane o peggio ancora affette da demenza come persone. Perché mai una persona solo perché anziana o smemorata dovrebbe pensare e sentire in maniera diversa da me o da te? Perché siamo portati a credere che l’invecchiamento o l’essere affetti da una malattia neurodegenerativa, determini una diversità in termini di bisogni anche primari?

Le persone anziane o affette da demenza possono avere disturbi cognitivi e limiti funzionali ma non sono danneggiate in alcun modo nella loro capacità di sentire. Vuol dire che restano in grado di comprendere emotivamente quanto accade a loro e nell’ambiente circostante. La demenza, di qualunque tipo essa sia, colpisce primariamente le funzioni cognitive dell’individuo che a cascata determinano via via una diminuzione delle abilità e delle autonomie personali, ma non pregiudicano quella che potremmo definire l’intelligenza emotiva.

La poetessa Maya Angelou  morta a 86 anni (dunque anziana a sua volta) ha scritto: “Ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto, le persone possono dimenticare ciò che hai fatto, ma le persone non dimenticheranno mai come le hai fatti sentire.” Questo ci fa capire immediatamente che un anziano maltrattato potrà non ricordare i fatti, i nomi delle persone o le parole udite ma conserverà traccia dentro di sé di come si è sentito in quei momenti. Si pensa a supplire immediatamente ai bisogni di tipo materiale pensando che vestizione, igiene e nutrimento siano esaustivi per il benessere della persona. Troppo spesso si è portati a credere che una persona affetta da demenza non abbia anche bisogni di tipo emotivo ed affettivo poiché ci si ferma di fronte ad una loro compromessa capacità di comunicare efficacemente a parole".

Come individuare l’abuso,  prevenirlo e trattarlo?

"Questo è un tema complesso e pertanto bisogna adottare un’ottica multifattoriale che tenga conto di tutti gli aspetti di cui è costituito per affrontarlo. Indubbiamente l’abuso si configura come evento traumatico e in quanto trauma, ha conseguenze anche gravi sull’individuo dal punto di visto fisico, psicologico e comportamentale. Corpo e mente sono in continuo interscambio e nulla che riguardi l’uno è esente dall’influenzare l’altro. Le ripercussioni fisiche e psicologiche dell’abuso si intrecciano continuamente determinando un peggioramento della globale qualità di vita della persona. Ricordiamo infatti che lo stato di benessere dell’individuo può dirsi tale se la salute fisica e quella psichica risultano entrambe presenti e in equilibrio".

La psicologa aggiunge: "Gli studi, ancora pochi in verità, hanno messo in luce quanto si osservino negli anziani vittime di abuso, maggiori alterazioni del tono dell’umore con livelli più marcati di depressione, bassi livelli di autostima, aumento dell’ansia o di manifestazioni di agitazione, maggiore senso di solitudine e apatia, perdita di fiducia e speranza. Le conseguenze fisiche vanno dalle vere e proprie lesioni all’aumento della disabilità e in generale delle peggiori condizioni di salute fino a raddoppiare il rischio di mortalità rispetto ad individui non maltrattati". 

Un abuso psicologico purtroppo non lascia lividi che si vedono 

Come affrontare tutto questo? "Come amo spesso dire nel mio lavoro: le ricette preconfezionate non esistono, ma vanno costruite! Potremmo dire che uno degli aspetti più problematici nell’individuare un abuso risiede nel fatto che difficilmente l’anziano lo denuncia spontaneamente o per timore o per un limite cognitivo, ed un abuso soprattutto se di natura psicologica è di difficile individuazione poiché non lascia segni visibili. Ciò ci invita indubbiamente ad una più accurata osservazione dei nostri anziani, che siano essi nostri familiari o assistiti. Porci innanzitutto in una posizione di rispetto e riconoscimento dell’altro come individuo unico ed irripetibile nonostante i limiti fisici e cognitivi. Colui che si prende cura deve assumere la posizione di osservatore attento ed empatico che fa della conoscenza approfondita dell’individuo il principale strumento di cura. Voglio dire che conoscere veramente l’altro è uno strumento concreto che ci aiuta ad individuare davvero i suoi bisogni e a soddisfarli come meglio per lui e non per me, mi aiuta ad andare oltre quello che la parola non può dire e il corpo mostrare. Significa vedere la persona e non la malattia".

Come scegliere la struttura giusta?

"Certamente lo scegliere un luogo ben ubicato, arredato con gusto e che trasmetta senso di casa è un aspetto che invoglia molto ed ha un peso importante, ma alle famiglie che intraprendono la scelta di una residenza per un proprio caro, consiglio vivamente di non fermarsi solo a questi aspetti. 

Ciò concretamente vuole dire avvalersi di realtà referenziate e presenti sul territorio, vuole dire rivolgersi in caso di necessità ai servizi sociali del proprio comune che hanno il mandato di prospettare la gamma dei servizi presenti e più adeguati al caso e presentarli nelle loro caratteristiche.

Non basta dirsi con buona volontà che si vuole assistere degli anziani fragili per aprire una casa famiglia o mettere in piedi un’istituzione di cura! La “mission” non è l’intento, è anche e soprattutto la progettualità dell’intento".

"Strutture riconosciute nella loro missione di assistenza ad anziani fragili e non autosufficienti vuol dire, ad esempio, dotate di puntuali sistemi di controllo e qualità del servizio; con protocolli, procedure e istruzioni definite e adozione di strumenti adeguati  e condivisi con realtà simili; con personale formato e qualificato che non lavora in solitudine ma sempre in équipe multi professionali che si occupano di invecchiamento e fragilità. E ancora: riconoscere la fragilità del lavoro di cura prevedendo spazi di formazione e supervisione continua per il personale e vigilare e operare un continuo miglioramento delle condizioni di lavoro volte a ridurre il rischio di esaurimento psicofisico e burn-out cui i lavoratori sono sottoposti".

Chi è Laura Annella

La Dottoressa Laura Annella è psicologa dell’invecchiamento, dottore di ricerca (PhD) in neuroscienze cognitive, specializzanda in Psicoterapia Biosistemica. Lavora per la Cooperativa Sociale CADIAI di Bologna, nella Residenza e Centro Diurno per anziani “San Biagio” (Casalecchio di Reno) con funzione di supervisione scientifica sugli interventi nei confronti dell'utenza; di sostegno ai caregiver familiari e della formazione e supervisione degli operatori. 

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