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Seconda ondata di Covid, sex worker escluse dagli aiuti: "Stiamo raccogliendo cibo per chi non ce la fa"

Sono fra le categorie più deboli, che non essendo riconosciute socialmente e legalmente restano fuori da qualsivoglia supporto e aiuto. Il MIT (Movimento Identità Trans) ha lanciato un crowdfunding

"Il ritorno violento della pandemia sta colpendo svariate fasce di reddito e soprattutto quelle meno garantite, le categorie più deboli e svantaggiate. Tra queste ci sono anche le sex worker, che non essendo riconosciute socialmente e legalmente restano fuori da qualsivoglia supporto e aiuto". Questa la premessa con la quale l'associazione Mit di Bologna (il Movimento Identità Trans) lancia una campagna di soccorso alimentare ed economico nel pieno della seconda ondata di Coronavirus.

Qualcosa di analogo era stato fatto anche durante il primo lockdown, quando si era venuto a creare un pesante problema di sopravvivenza: "Oggi la crisi ritorna aggressiva e noi associazioni trans non vogliamo abbandonare nessuno - spiega Anna D'Amaro operatrice di strada del progetto Via Luna (un progetto di riduzione del danno per chi esercita il sex work, realizzato da un’equipe operativa con un’unità di strada mobile) - e noi continuiamo ad agire sui territori di nostra competenza, lanciandoo un appello a reti e associazioni di tutto il Paese, da nord a sud, di unirsi alla nostra iniziativa per un sostegno allargato e capillare sull’intero territorio nazionale. Chiediamo la raccolta di generi alimentari o donazioni che si traducono in alimenti, ma è chiaro che in generale ci sarebbe bisogno di più diritti e tutele per i non contrattualizzati di ogni settore, quello è scontato".

Come fate avere gli alimenti alle sex workers visto che non sono in strada? "Portiamo la spesa direttamente al loro domicilio seguendo delle segnalazioni da parte delle utenti che ne hanno necessità e la raccolta fondi a cui hanno aderito in primis realtà quali il collettivo Ombre Rosse, il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute e 18 unità di strada che ci vedono attive in prima persona. Abbiamo fatto rete anche oltre i confini della nostra provincia attraverso T4T, che al momento include 4 associazioni e che speriamo si possa ampliare".

Quante sono le persone che state aiutando? "Nella prima ondata erano una sessantina con soggettività diverse. I numeri restano più o meno quelli anche adesso". 

Oltre all'aiuto concreto che avviene attravero la consegna di generi alimentari, quale altro tipo di aiuto date alle sex workers? "Il MIT ha uno sportello legale che si occupa anche di accompagnamenti socio-sanitari e le unità di strada che si occupano anche di azioni di inserimento lavorativo. E poi c'è lo sportello migranti lgbtqia. Lavoriamo in vari e molteplici ambiti in base alle esigenze e siamo sempre aperti prendendo anche degli appuntamenti".  

Che cos'è "Via Luna": un'unità di strada che opera direttamente sul territorio 

"Via Luna", in collaborazione con il Comune di Bologna e la Regione Emilia-Romagna, è un progetto di riduzione del danno per chi esercita il sex work, realizzato da un’equipe operativa composta da mediatrici culturali, educatrici pari, operatori sociali e avvocati. Un’unità di strada mobile (UDS) svolge l’attività direttamente sul territorio (Bologna e comuni limitrofi) raggiungendo direttamente le sex workers, sia in strada che in appartamento, distribuendo preservativi, materiale informativo su HIV e MTS (malattie trasmissibili sessualmente) nelle varie lingue parlate da loro. Le utenti possono inoltre richiedere accompagnamenti sanitari e legali ai servizi territoriali competenti, colloqui individuali, e assistenza e orientamento legale sia in fase di denuncia che processuale.

"Le sex worker trans sono tra le soggettività trans più a rischio. La mancanza di tutele legali e sanitarie le espone sia a rischi di salute che alla violenza fisica: il 62% delle persone trans uccise nel 2017 in tutto il mondo erano sex worker" Tgeu Report

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