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Emergenza siccità, il prof Unibo: "Siamo una società sempre più idroesigente. Solo l'adattamento è percorribile da subito"

INTERVISTA Geologo e professore di Indrologia all'Unibo, Alessandro Gargini: "Non possiamo permetterci di avere perdite di rete nelle reti di acquedotto che arrivano al 60-70%, con una media nazionale attorno al 40-50%. E’ del tutto inconcepibile" 

Usiamo male l'acqua che abbiamo. La sprechiamo e adesso che siamo in emergenza idrica forse qualche riflessione va fatta. Geologo e professore di Idrologia all'Università di Bologna, Alessandro Gargini spiega cosa sono le risorse idriche del sottosuolo, qual è la maggiore quantità di acqua dolce sul pianeta, quali le innovazioni su cui potremmo contare per il futuro. Fermo restando che una soluzione immediata e semplice non esiste. 

Cos'è l'idrogeologia?  

"L’idrogeologia è una branca delle Scienze della Terra che ha per oggetto di studio l’acqua sotterranea ai fini della sua conoscenza, protezione e gestione. L’acqua sotterranea è quella ospitata nei pori dei sedimenti e nelle fratture delle rocce all’interno della porzione più superficiale della crosta terrestre" 

Quale l'oggetto del suo studio e quali sono gli scopi?   

"L’acqua sotterranea appunto (groundwater nella letteratura internazionale) che rappresenta una risorsa ed una riserva geologica di estrema rilevanza se si pensa che essa rappresenta, di gran lunga, la quantità di acqua dolce liquida disponibile maggiore sul pianeta in termini di volume. La maggiore quantità di acqua dolce sul pianeta è rappresentata dalla fase solida dell’acqua (ghiaccio delle calotte polari, del permafrost e dei ghiacciai), pari a circa ¾ del totale dell’acqua dolce, con il rimanente quarto rappresentata appunto dall’acqua sotterranea. Noi vediamo ed abbiamo esperienza diretta dell’acqua superficiale (fiumi, laghi, invasi) o dell’acqua di precipitazione (pioggia, neve, grandine) ma la quantità di questi tipi di acqua è ridicola rispetto all’acqua sotterrane. Se consideriamo una profondità di 700 m dentro la crosta dalla superficie terrestre abbiamo per ogni litro di acqua in superficie (laghi, fiumi, pioggia) 33 litri di acqua sotterranea. Una riserva enorme. Anche non considerando la parte più ricca di Sali, e quindi non potabile, o quella ospitata in rocce da cui è molto difficile se non impossibile estrarla, possiamo stimare un rapporto di 1 a 10/15 fra acqua di superficie e acqua sotterranea. E’ come se, in una casa, avessimo una enorme riserva di acqua in cantina". 

Studiare le modalità con cui si muove l’acqua nel sottosuolo dalle zone di ricarica (dove si infiltra l’acqua che arriva con le precipitazioni) fino alle zone di emergenza (sorgenti) al fine di sfruttarla e gestirla in modo compatibile con il suo tasso di ricostituzione. Inoltre studiare come si contamina l’acqua sotterranea e come si muovono gli inquinanti nel sottosuolo". 

Cos'è la siccità e quando esattamente scatta l'allarme dal punto di vista ambientale?  

"Uno stato di siccità (drought) si manifesta quando c’è una prolungata rarefazione o completa assenza di precipitazioni per un lungo periodo, soprattutto durante la stagione di norma più piovosa, con la conseguente riduzione, fino a completo dessicamento, dei flussi in alveo di fiumi e torrenti e l’abbassamento forte sia della portata delle sorgenti sia del livello dell’acqua di falda nei pozzi. La siccità di per sé è un fenomeno naturale e rientra nella variabilità a lungo periodo di ritorno del ciclo idrologico; come le piene storiche vi sono anche le siccità storiche con tempi di ritorno anche secolari o millenari. L’ultima grande siccità a questo riguardo fu quella del 2003. Per noi scatta l’allarme quando impatta sulle nostre vite ed in particolare sui nostri prelievi idrici (irrigui, civili, industriali, energetici)". 

In quale stato sono i fiumi del nostro territorio? 

"In questo momento di crisi sono ai minimi storici di portata e di flusso, situazione che vediamo diffusa in tutta l’Italia settentrionale (soprattutto al Nord Ovest) ed anche nella parte settentrionale dell’Italia Centrale. Va considerato che la magra delle portate, oltre che alla carenza di precipitazioni e di copertura nevosa sulle Alpi, è dovuta ai prelievi irrigui ed ai sistemi di invaso temporaneo per la produzione di energia idroelettrica che ovviamente rendono ancora più forte la rarefazione dei flussi in alveo". 

Cosa è cambiato da 10 anni a questa parte? 

"In realtà è da almeno 25 anni che osserviamo una forte ciclicità nel manifestarsi di questi eventi idrologici estremi con un periodo di circa 5 anni (questo è quello che, ad esempio, vediamo nel nostro Appennino). Il fenomeno è legato ai processi di circolazione atmosferica globale ed è uno dei modi con cui ci si manifesta quello che stiamo percependo come “cambiamento climatico”. Rispetto al tempo geologico 25-30 sono un’inezia ma indubbiamente nei confronti della nostra società, sempre più idroesigente, questi eventi estremi sono un bel problema anche perché, appunto, ricorrono con alta frequenza e sono associati a modalità di sfruttamento assai intenso delle risorse idriche".  

Guardando al futuro, cosa vede? C'è spazio per l'ottimismo o siamo di fronte a una situazione davvero critica? 

"Gli effetti delle siccità sono così pesanti per la nostra società perché l’aspetto climatico (quello che chiamiamo Climate Change) si somma all’intenso sfruttamento delle risorse idriche conseguenza del Global Change, nel caso specifico soprattutto per l’aumento delle domanda irrigua e per lo sfruttamento dell’energia. Mi aspetto pertanto una certa frequente ricorrenza di queste situazioni". 

Soluzioni: ce ne sono? Anche nell'immediato?  

"Vi sono azioni di mitigazione e di adattamento ed è su quest’ultimo che dobbiamo concentrarci. La mitigazione (mitigation) è la diminuzione delle emissioni di gas climalteranti in atmosfera, è un processo lungo e non semplice e non dà risultati immediati anche se venisse compiuto in modo virtuoso. L’adattamento, invece (adaptation) è perseguibile da subito. Dobbiamo convivere con queste situazioni ed essere resilienti ed adattabili". 

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Ci farebbe degli esempi per capire meglio? 

"Sì. 1. Abbiamo una enorme risorsa di acqua sotterranea, soprattutto in alcuni serbatoi acquiferi. La risorsa ha tempi di rinnovamento più lunghi di quella superficiale ma può servire ad integrare la dotazione ordinaria durante le emergenze, che non saranno continue ma cicliche e sostanzialmente prevedibili. 2. Dobbiamo monitorare la risorsa idrica sotterranea. Noi oggi abbiamo una ottimale rete di misura delle precipitazioni atmosferiche e delle portate dei fiumi ma non abbiamo una rete sistematica in continuo, a livello nazionale, dei livelli delle falde e delle portate delle sorgenti. Quindi abbiamo una enorme risorsa idrica sotterranea ma non la controlliamo, non ne sappiamo niente in tempo reale; ed il monitoraggio ci deve servire  a pianificare gli interventi e ad allertare i programmi di emergenza e di protezione civile da rischio climatico. 3. Dobbiamo imparare ad applicare la ricarica artificiale. Riversare nel sottosuolo l’eccesso di acqua quando ve ne è troppa in superficie. Lo facciamo con il gas (vedi l’impianto di Minerbio), lo possiamo certamente fare con l’acqua; parliamo molto di invasi di acqua superficiale ma sono costosi, invasivi, penalizzano il suolo. Non possiamo permetterci di avere perdite di rete nelle reti di acquedotto che arrivano al 60-70%, con una media nazionale attorno al 40-50%. E’ del tutto inconcepibile". 

Quale il modo in cui è stata sprecata maggiormente l'acqua?  

"A livello globale e anche a livello della regione Emilia-Romagna i prelievi idrici sono soprattutto concentrati (per circa il 70%) sull’irrigazione. Spesso irrighiamo male, in eccesso alla reale esigenza, irrighiamo prodotti molto idroesigenti, irrighiamo per dare da mangiare agli animali di cui ci nutriamo in modo eccessivo. Oggi le tecnologie agronomiche hanno fatto passi avanti enormi nel campo dell’uso parsimonioso dell’acqua di irrigazione e per il riutilizzo delle acque reflue per irrigare". 

Quali le conclusioni?  

"In sintesi vi sono tanti modi di adattarsi al cambiamento climatico, dobbiamo solo metterli in pratica e basarci maggiormamente sulla scienza (cosa che ci ha permesso di fronteggiare la pandemia con successo, ad esempio)". 

Alessandro Gargini, geologo professore ordinario di Idrogeologia presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali (BiGeA) dell'Università di Bologna. A Bologna dal 2011, prima ricercatore e poi professore associato all'Università di Ferrara, per 6 anni direttore del dipartimento BiGeA. Si è sempre occupato di tematiche riguardanti l'idrogeologia applicata, sulla gestione, inquinamento e protezione delle acque di falda. Sono stato coinvolto su alcuni casi di impatto sulle risorse idriche, ad esempio quelli dovuti al sito contaminato di Bussi sul Tirino in Abruzzo, che ha contaminato un campo pozzi ad uso idropotabile, oppure sugli impatti della TAV Firenze-Bologna in Appennino. 

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Alessandro Gargini

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