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"Cercasi personale (senza problemi)": ma di chi è davvero il problema?

Dalle dichiarazioni di Borghese - "Lavorare per imparare non significa essere per forza pagati”- agli annunci di ricerca di personale di un bar di Ozzano e di una gelateria di Bologna, rimbalzati sui social innescando la polemica. Che direzione sta prendendo il mondo del lavoro?

"Lavorare per imparare non significa essere per forza pagati”. Da questa frase estrapolata da un'intervista allo chef televisivo Alessandro Borghese sono emerse tante polemiche, ma è cominciata (seriamente) anche una grossa riflessione su temi trasversali che vanno dal "cosa voglio fare da grande?", alle aspettative economiche, dalla non disponibilità di lavorare nei weekend, alle contrattualità che spesso vedono, oltre agli accordi scritti, tante ore scritte su un foglietto volante con conti da fare a parte. Cash e senza contributi.

Mentre il mondo della ristorazione, a ridosso della partenza della stagione estiva, lamenta carenza di personale, sui social locali si scalda il caso di un bar di Ozzano Emilia che ha affisso alla vetrata un annuncio particolare: "Cercasi barista senza problemi". Mille commenti sotto alla foto postata e la replica del titolare che si dice esasperato dopo aver investito nella formazione di nuove leve che poi, una volta operative, hanno mollato il colpo da un giorno all'altro.

Ancora più polvere si è sollevata dopo un altro annuncio, quello di una gelateria del centro: "...ai miei tempi prima si faceva la prova e poi si chiedeva quanto si viene pagati". Apriti cielo, come canta Mannarino. Il tono dei commenti, mediamente attacca la gelataia che lascia intuire che la prova non venga retribuita: "E allora noi proviamo il gelato e non lo paghiamo". 

Mettersi nei panni dell'altro: un esercizio che fa sempre bene per guardare le cose in modo più oggettivo. Da un lato il datore di lavoro che ha bisogno di personale per mandare avanti l'attività. Che pagando il dovuto (si spera) possa contare su una persona affidabile e anche un ponte per il futuro. Dall'altra un giovane, forse ancora indeciso sulla strada da intraprendere (che non sia troppo falsata l'immagine patinata di chef e gestori che si raccontano in tv rispetto alla realtà?), ma determinato a darsi da fare per essere economicamente autonomo, cominciare un percorso di crescita, mantenersi.

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Schierarsi è davvero difficile e allora ho chiesto a Massimo Zucchini, che al suo pub storico ne ha visti passare (e restare) tanti di giovani dove sta la verità. E oltre all'esperienza personale, essendo presidente di Confesercenti, ha anche il polso di tutto lo scenario locale e non solo: "Il problema del personale è serio e non è cosa da poco. A riguardo si possono fare diverse considerazioni: intanto con il covid tutti hanno compreso quanto stare dietro al bancone, nelle cucine e fra i tavoli dei locali, sia un lavoro faticoso. Allo stesso tempo sono cambiate le tipologie di mestieri più quotati e i giovani sono orientati più al digitale. Gli universitari, che sono diminuiti esponenzialmente a seguito della possibilità di seguire le lezioni da remoto, restano comunque un punto abbastanza fermo e per loro ci sono i classici contratti a chiamata. Per quella che è la mia esperienza, non c'è alcun interesse al tempo determinato perché lo si percepisce come lavoro di passaggio". 

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"Una premessa: per uno studente lavorare più di tre giorni significa non laurearsi e lavorare meno di tre giorni significa non guadagnare a sufficienza - così mi spiega Max, vista la mia domanda specifica sulle contrattualità più frequenti - Con il contratto a chiamata si concordano le tre serate che vengono assegnate per coprire le ore concordate (ci vuole flessibilità) e lo stipendo è di circa 1.000 euro netti (8 euro l'ora). Il notturno e il festivo vengono retribuiti di più. Il vero problema per noi sono i contributi, che ci fanno costare molto i dipendenti: in questo senso un aiutino ci starebbe...". A Bologna e non solo a Bologna in questo momento sono questi i profili più ricercati sono: "Cuochi veri e camerieri di sala. Introvabili soprattutto da adesso in poi visto che molti scelgono di fare la stagione al mare o in località turistiche". 

So che non hai la bacchetta magica, ma cosa pensi accadrà nei prossimi anni secondo te? La mia seconda domanda è lecita perché mi domando come si risolverà il problema..."Ultimamente le dinamiche dei locali sono cambiate a vantaggio delle grandi e anche delle piccole catene- mi dice, facendomi pensare in effetti ai big della somministrazione e ai franchising del food -. Quello che spero possa accadere è il ritorno al 'piccolo'. Per adesso chiediamoci perché in tante cucine bolognesi il personale è straniero. Troppo superficiale risolverla dicendo che sono tutti sottopagati". 

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Altro argomento che tocca il tema dei lavoratori millennials. Non è che a furia di seguire i loro idoli belli, ricchi e tutt'altro che stressati si siano fatti un'idea strana di come ci si guadagna da vivere? "No. Il mondo e i modelli sono cambiati, è vero. E' una questione culturale: i ragazzi sono attratti e interessati all'informatica e ai social e questo è quello che possiamo vedere nelle nostre case, osservando i nostri figli". Una fantasia orwelliana mi porta a immaginare un mondo in cui la birra te la spilli da solo dopo aver appoggiato la tua carta contactless sul pannello per il pagamento. Dopo il casellante, il barman. Uno scenario che pare impossibile per tutto quello che un barista può diventare: consigliere e confessore, amico. 

Intanto faccio un giro su un gruppo social nel quale si raccontano vicende tragicomiche sul mondo del lavoro e fra le segnalazioni più frequenti che riguardano il settore della ristorazione troviamo tante esperienze che raccontano esattamente quello di cui si è parlato. Ecco alcuni post: 

"E niente, ho fatto una settimana di prova per un ristorante, 12 ore al giorno e mi hanno detto che i giorni di prova non vengono pagati"

"Lavoro nella ristorazione da quando avevo 19 anni (adesso ne ho 25) e veramente non capisco come si possa minimamente dar ragione ai discorsi di Borghese o altri ristoratori che puntualmente, piangono perché nessuno vuole lavorare. In questi anni ho provato, anche se in breve, altri settori e nessuno è stato mai più tossico come la ristorazione. I clienti che da quando è finito il lockdown sembrano fanno richieste assurde e sono molto più maleducati. Tra colleghi è sempre la stessa storia: chi ha un ruolo leggermente più alto del tuo e cerca di metterti in cattiva luce, meritocrazia inesistente e 0 collaborazione. A 25 anni sono arrivato davvero al punto di dire basta a questo settore". 

"Ciao! Lavoro in un bar e ho una domandina: fino a che punto un titolare può chiedere ai dipendenti di fare straordinari (nella fattispecie, mezza giornata nel proprio giorno libero) perché carenti di personale? Una collega si è licenziata e il titolare, sull'onda di "non si trova personale, i giovani non hanno più voglia di lavorare, col reddito di cittadinanza preferiscono stare sul divano " e banalità simili, ha ben pensato di non voler mettere annunci perché tanto è solo una perdita di tempo, e di affidarsi al passa parola, che "almeno tramite conoscenze andiamo più sul sicuro". Infatti da un mese ancora non si è presentato nessuno...Nel frattempo il lavoro è aumentato e a noi è stato chiesto questo "piacere", ovviamente retribuito, ma la domanda è: fino a che punto si è "obbligati" ad accettare di fare straordinari? Grazie a chi risponderà!

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