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Erika Bertossi

Collaboratrice cronaca ed eventi

Quando la maratona è 'affare di famiglia'

L'incontro, durante la StraBologna che torna dopo 2 anni, con quattro specialissimi corridori: "Abbiamo chiesto ai ragazzi di fare questa esperienza insieme ed è riuscita splendidamente"

Il prefisso superlativo ci sta perchè questa volta (per me la prima a dire il vero) è stata una manifestazione decisamente fuori, extra, straordinaria: un fiume fatto da 15 mila pettorine gialle che ha mescolato grandi, piccoli, allenati, stanchi dalla nascita, sudatissimi e freschissimi atleti della domenica impazienti (nonostante il clima) più di partire, più ancora che di arrivare. Sto parlando, naturalmente, di quella StraBologna che si è fermata due anni e che ieri ha stra-volto la città riempiendola di voci, colori, allegria. Tantissimi gli stra-giovani (e non so perchè, ma mi stupisco): fra loro Mattia e Gianluca, fortemente motivati dai loro giovani papà Sergio e Andrea, che hanno deciso (per loro) quanto potesse essere divertente condividere l'esperienza di una maratona. Il motore di tutto Sergio, il padre di Mattia, che (lo scopro a circa metà della gara) è stato anche atleta olimpionico e dunque nel "potere dello sport" ci crede davvero. Mi sono fatta letteralmente adottare e, alla fine, la camminata che immanginavo come viaggio introspettivo e mistico da vivere in afosa solitudine è diventata un'esperienza piacevollmente condiivsa. 

Il mio mood iniziale, da neofita della corsa (che poi è stata per me una passeggiata veloce rilevata con grande soddisfazione dal pedometro dello smartphone) era quello da "La lunga marcia" di Stephen King. Per chi non l'avesse letto la trama del romanzo è a grosso modo questa: 100 ragazzi vengono selezionati per partecipare a una gara che li obbliga a mantenere un'andatura di 6 chilometri all'ora ininterrottamente (di giorno e di notte) e che se rallentano ricevono delle ammonizioni. Alla terza, il concorrente viene fucilato. Devo dire che alla fine, la sopravvivenza è decisamente passata in secondo piano, soprattutto grazie alla compagnia di questa big family incontrata praticamente a inizio percorso che su tante cose mi ha fatto cambiare idea.  

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"Esperienza non dico mistica, ma quasi - il commento di fine mattinata di Sergio - non ho visto una persona arrabbiata, una grande allegria e una grande gioia dallo start al traguardo: il clima che abbiamo percepito è stato quello di una gioiosa appropriazione della propria vita, tutti insieme, dopo due anni di chiusura". E i ragazzi? "Loro a metà percorso li abbiamo già persi: sono veloci più di noi e, ci siamo detti, ci vedremo all'arrivo". Alla fine hanno vinto tutti, questo è sicuro e l'esercizio non è stato competere, quanto divertirsi. 

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Le conclusioni alla fine di tutto: fuori gara l'idea della gara

Quanto ci metti non conta, quello che conta è arrivare vivi ponendosi un obiettivo di tipo culinario (nel mio caso un trancetto di pizza e una birra); quando i genitori ti obbligano a fare qualcosa, talvolta è una cosa bella e divertente che vorrai fare ancora e ancora; portarsi dietro una maglietta di ricambio è sempre un'ottima idea; pensare di fare la StraBologna in solitudine con gli auricolari che pompano musica motivante è un grosso errore perché alla fine è impossibile non trovare dei compagni di viaggio con i quali alleggerire le fatiche. Alla fine, da eventi unico e irripetibile che sarebbe dovuto essere per me, potrebbe essere diventato quella prima di tante volte, così come per Mattia e Andrea. 

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