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Giovedì, 18 Aprile 2024

Chanoyu, la cerimonia giapponese del tè rivissuta sotto le Due Torri. E la ricetta dei sorprendenti Mizu yōkan 

Ho avuto la fortuna di incontrare a Bologna una maestra di chanoyu. Ci troviamo qualche volta a parlare di cucina sorseggiando il tè, l’ultimo volta accompagnato da cubetti dolci di fagioli rossi...

È novembre, il mese di macinatura del nuovo matcha, il tè verde in polvere. Un capodanno per chi pratica lo chanoyu, la cerimonia giapponese del tè, nata nel XVI secolo, nel Giappone dei samurai. Tradizionalmente praticata in un padiglione dedicato, i samurai dovevano lasciare all’esterno la sciabola e la spada in segno di pace, dovevano piegare la schiena per entrare attraverso una porticina molto bassa e stretta in segno di umiltà. All’interno la stanza è in penombra, i rumori sono ovattati. Uno spazio sottratto al tempo per permettere allo spirito di concentrarsi e dedicarsi completamente al tè. 

Nel chanoyu il tempo si dilata nella lentezza, amplifica la percezione del suono dell’acqua che bolle, del movimento delle fruste di bambù che montano la polvere di tè, della consistenza morbida e spumosa del matcha fresco. Tempo per assaporare, salutare, ringraziare

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I dolcetti wagashi serviti con il tè, addolciscono il gusto erbaceo e scandiscono l’alternarsi delle stagioni. A forma di foglie, fiori, frutta, animali, oggetti kawai, come le stampe dei kimono, hanno fatto la loro apparizione con le prime cerimonie del tè. Fino al XVIII erano a base di frutta o salate, mai dolci. Dopo l’arrivo    dello zucchero in Giappone, l’abbinamento dolce ha prevalso l’accompagnamento del tè. Il termine wagashi fa la sua apparizione durante l’epoca Meiji (fine del XIX secolo) per distinguere i kashi (frutta e dolci) wa (giapponesi) da quelli che si importavano dalla Cina. 

Ho avuto la fortuna di incontrare a Bologna una maestra di chanoyu. Ci troviamo qualche volta a parlare di cucina sorseggiando il tè, l’ultimo volta accompagnato da cubetti dolci di fagioli rossi, mizu yokan, una gelatina densa che si abbina perfettamente alla degustazione del matcha. 

Ho conosciuto Tomomi ad uno corso di formazione sulla cultura giapponese del cibo, washoku, dove io ero dalla parte di chi deve imparare. Dopo avere superato l’esame, abbiamo collaborato per organizzare un bellissimo programma sulle fermentazioni giapponesi. L’associazione culturale Washoku Kentei di Bologna, oltre a curare un prestigioso percorso formativo per la conoscenza della cultura giapponese del cibo, propone anche lezioni di apprendimento pratico. Nei mesi di dicembre e febbraio, per esempio, proporrà delle lezioni per imparare a confezionare i bellissimi dolci wagashi e li farà degustare come accompagnamento al tè matcha.  (Per chi volesse conoscere l’associazione e il calendario degli appuntamenti potete visitare su IG la pagina washokubologna. Per informazioni potete scrivere a: washokukenteibologna@gmail.com).

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La ricetta del Mizu yōkan 

Ingredienti:
150 g di composta di azuki (AN)
200 g di acqua
25 g di zucchero
2 g di agar agar
20 g di acqua
4 g di kuzu (o amido di mais)
1 pizzico di vaniglia in polvere
1 pizzico di sale

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Procedimento 

Sciogliere lo zucchero e l’agar agar in 200 g d’acqua, mettere sul fuoco e portare ad ebollizione per circa 5 minuti. Versare la composta di azuki sciogliere nello sciroppo e far bollire per altri 5 minuti. Nel frattempo sciogliere il kuzu (o amido d mais) con la restante acqua fredda e unirla agli altri ingredienti.  Aggiungere un pizzico di vaniglia e un pizzico di sale. Versare nelle formine e portare a temperatura ambiente prima di spostare nel frigorifero. Servire con il tè matcha. 

Per la composta di azuki 

150 g azuki
100-120 g zucchero di canna scuro
80 g acqua

Cuocere i fagioli azuki dopo un ammollo di circa 6-8 ore e un lavaggio accurato. Quando i fagioli sono morbidi, passare al setaccio, schiacciando delicatamente i fagioli con una spatola di silicone o un cucchiaio. Per favorire la separazione dell’amido dalla buccia ogni tanto versare dell’acqua, fintanto che l’amido sia completamente disciolto nell’acqua. Le bucce rimaste si devono strizzare bene e buttare. Filtrare il liquido con l’amido, utilizzando un colino con maglie più sottili, per eliminare eventuali residui di bucce. Attendere che l’amido sia depositato sul fondo del contenitore e versare l’acqua in un altro contenitore, attentamente per evitare che l’amido vada sprecato. Versare acqua pulita sull’amido, attendere che si depositi nuovamente sul fondo e ripetere l’operazione di separazione dell’acqua, come sopra. Ripetere l’operazione una terza volta, quindi filtrare l’amido attraverso una garza di cotone a trame sottilissime, strizzando bene per eliminare quanto più possibile l’acqua. Si otterrà una palla di amido friabile. 
Fare uno sciroppo con l’acqua e lo zucchero, quindi versare l’amido e cuocere fintanto che non si raggiunga una densità piuttosto densa, il composto deve staccarsi dal fondo della pentola e dal cucchiaio con facilità. Conservare in un barattolo sterilizzato.

Per informazioni sui miei  corsi di cucina e per seguire le mie attività: https://vegetaliana.it/it/ 


 

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