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Accadde nel 1944: uccisi in massa e gettati nel calanco, oggi la commemorazione

Oltre 200 persone furono portate nelle sedi delle SS tedesche a Bologna e, dopo gli interrogatori, nel carcere di San Giovanni in Monte

Si celebra oggi, domenica 12 dicembre, al Sacrario dei Caduti della Resistenza in via Pieve del Pino nel parco collinare di Sabbiuno, il 77° anniversario dell'eccidio di Sabbiuno con la partecipazione della vicesindaca Emily Marion Clancy, Anna Cocchi, presidente ANPI Provinciale Bologna, Sara Bonafè, presidente del Comitato per le Onoranze ai Caduti di Sabbiuno, Davide Baruffi, sottosegretario alla Presidenza Regione Emilia-Romagna, Gustavo Zagrebelsky, professore emerito dell'Università di Torino.

Il 5 dicembre 1944 i tedeschi e i fascisti - su indicazione d’alcune spie, che avevano militato nelle brigate partigiane - operarono due grandi rastrellamenti ad Anzola Emilia e ad Amola di Piano (San Giovanni in Persiceto).

Oltre 200 persone, ma pare addirittura di più, furono portate nelle sedi delle SS tedesche a Bologna e, dopo gli interrogatori, nel carcere di San Giovanni in Monte, dove si trovavano già centinaia di detenuti. Altri ancora si aggiunsero nei giorni successivi.

Dicembre 1944, cosa accadde

I partigiani sarebbero stati portati a Sabbiuno di Paderno e uccisi in massa dai tedeschi. I corpi rotolarono lungo i fianchi della collina verso il Reno. L'eccidio fu compiuto in due tempi: il 14 e il 23 dicembre 1944. 
Numerosi rastrellati furono deportati a Mauthausen (Austria) e a Gries (Bolzano), mentre altri ancora, donne e anziani, liberati. Il numero esatto delle vittime non è certo perché i resti di molti potrebbero essere rimasti sepolti nei calanchi, mentre alcuni partigiani dati per morti a Sabbiuno di Paderno pare siano stati uccisi a San Ruffillo e viceversa.
Nel gruppo dei caduti - in massima parte catturati nei rastrellamenti d’Anzola Emilia e San Giovanni in Persiceto - vi sono persone arrestate in altre località del Bolognese.
Da un saggio di Alberto Preti risulta che a Sabbiuno furono sicuramente trucidate 58 persone. Erano quasi tutti partigiani. Per alcuni le famiglie, dopo la guerra, non richiesero il riconoscimento.
 

Questi i caduti: Albano Alberghini, Roberto Alberghini, Gino Alberti, Augusto Baiesi, Felice Bagnoli, Goffredo Bandiera, Efrem Benati, Ernesto Bisi, Ivo Bonasoni, Nino Bonfiglioli, Valerio Bongiovanni, Francesco Bova Conti, Luigi Brenti, Emilio Bussolari, Sergio Casarini, Dino Cevenini, Albano Cocchi, Bruno Corazza, Gherardo Cotti, Mario Cotti, Aroldo Cristofori, Gaetano Dall'Olio, Dante Drusiani, Adolfo Fantini, Mario Ferrari, Renato Ferrari, Vincenzo Florini, Guido Forni, Ermes Fossi, Giancarlo Gabrielli, Umberto Galletti, Giovanni Gandolfi, Danilo Gazzani, Renato Gelati, Leo Kocker, Adolfo Magli, Alcide Manfredi, Olver Manfredi, Armando Martinelli, Giuseppe Martinelli, Rando Muratori, Dario Nadalini, Augusto Nanni, Tiziano Pedrini, Adelmo Piazzi, Emilio Rimondi, Dante Serra, Luciano Serra, Cesare Stoppazzini, Anselmo Strazzari, Vincenzo Toffano, Aldo Toselli, Dino Toselli, Pierino Turrini, Ettore Vanti, Elio Zambelli, Aldo Zanetti, Umberto Zucchini. In questo elenco non figurano Enrico Bazzani, Otello Bergonzini, Florino Manfredini e Renzo Sola i cui nomi sono stati incisi per errore nel monumento che ricorda l'eccidio. I quattro sono stati uccisi a San Ruffillo.  (Fonte: Storia e memoria di Bologna)

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