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Giovedì, 18 Aprile 2024

Kemet, 105 posti di lavoro a rischio: "Draghi se ne occupi subito" | VIDEO

Il presidio stamattina davanti ai cancelli dell'impresa di elettronica. Domani tavolo in Regione

Uno sciopero con il "90% di partecipazione" per manifestare tutta la preoccupazione dei dipendenti della Kemet, a cui nei giorni scorsi è stata annunciata una riduzione del personale di 105 lavoratori. Oggi tutti in presidio davanti ai cancelli dell'azienda di Sasso Marconi che produce componentistica elettrica, conosciuta anche come Arcotronics.

Dopo la storia recente della Fiac, per la quale è ancora in corso un braccio di ferro sull'ipotesi di spostare sede e lavoratori a Torino, insieme ai dipendenti al presidio promosso da Fiom-Cgil e Fim-Cisl, oggi alla Kemet ci sono le Istituzioni, come il sindaco di Sasso Marconi Roberto Parmeggiani, la sindaca di Marzabotto (e presidente del Pd nazionale) Valentina Cuppi, il capogruppo regionale di Coraggiosa Igor Taruffi e anche l'assessore di Bologna Matteo Lepore. Ma ci sono anche i colleghi di aziende del territorio, come la stessa Fiac, sempre di Sasso, e la Lamborghini, di base a Sant'Agata Bolognese. La paura è tanta, e non solo per la Kemet. Il timore, sempre più alto, è di veder progressivamente spopolato il territorio delle aziende che lo compogono.

"Fiac, Kemet, Philips... Non possiamo continuare ad accettare che le multinazionali vengano, rimangano giusto il tempo magari per mettere a posto qualche bilancio poi vadano via. Non possiamo pensare che il territorio sia al loro servizio - sferza Taruffi- l'Appennino ha bisogno ancora più degli altri di posti di lavoro per evitare lo spopolamento e la crisi che purtroppo rischia di essere percepita più qui che altrove".

Ma il capogruppo di Coraggiosa lancia anche l'appello al nuovo Governo guidato da Mario Draghi. "Credo che sia indispensabile un intervento del Governo: servono politiche industriali chiare nette. La fiducia si guadagna non in bianco ma introducendo elementi di diversità rispetto alle politiche di questi anni, quindi chiediamo al governo Draghi di prendere subito in mano questioni come queste perché è sul lavoro che si ottiene o non ottiene la fiducia".

Tra le priorità, "il blocco dei licenziamenti che scade il 31 marzo, la sospensione delle legge Fornero fino a fine anno, la riforma degli ammortizzatori sociali ed è su questo che si giudicherà il governo, quindi nessuna fiducia in bianco. La fiducia si conquista dando risposte a partire da queste situazioni", conclude Taruffi, aggiungendo "come dice qualcuno, il lavoro a ogni costo", tanto per stare al "Whatever it takes" di Draghi.

Ad ogni modo, in attesa di una 'risposta' da Roma, nel frattempo ci sarà un tavolo domani alle 11.30 in Regione con impresa e sindacati. Cuppi intanto raccoglie l'appello di Taruffi: "Abbiamo il ministero del Lavoro quindi sarà fondamentale la nostra azione, ma saranno le scelte del Governo in toto che dovranno fare in modo di gestire i fondi del Recovery fund che arriveranno dall'Europa per sostenere situazioni come questa", spiega la presidente del Pd, trovandosi d'accordo con la posizione dei sindacati.

"Le multinazionali che arrivano qui, prendono il know how, rimangono pochi anni poi se ne vanno. Vanno poste delle limitazioni a tutto questo, perché altrimenti luoghi come questo muoiono", è la riflessione di Cuppi.

Dunque, "i Comuni non possono essere lasciati soli, serve una politica nazionale che permetta di essere efficace sul territorio e dare possibilità alle persone e alle aziende di vivere queste città". Il segretario della Fiom-Cgil di Bologna, Michele Bulgarelli, lancia invece la proposta di un "ruolo pubblico in economia che indirizzi le scelte strategiche delle multinazionali. Siamo in un territorio dove parecchie aziende hanno subito negli anni ristrutturazioni, chiusure, licenziamenti, e siamo di fronte a un rischio di desertificazione di questo territorio.

C'è una Bologna metalmeccanica che è una terra attrattiva per gli investimenti ma non possiamo accettare che questa crisi la paghino i più deboli: le aree periferiche, le donne, gli operai, chi sta in catena di montaggio e quindi dbboasimo far sì che questa crisi sia un'occazione per ripensare un modello di sviluppo". In questo senso, Bologna può candidarsi ad un ruolo anche nella politica nazionale come laboratorio di sperimentazione e di soluzioni dal punto di vista sociale", conclude Bulgarelli. (Dire)

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