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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Verso la normalità

Ospedali, nuovo assetto nelle medicine interne: "Non più reparti covid, ma zone di quarantena"

Il primario della Medicina D dell'Ospedale Maggiore Primiano Iannone: "Stiamo operando con una modalità che libera le risorse e consente a tutti i malati di essere curati, tenendo conto al massimo grado della sicurezza di pazienti e operatori"

Dopo due anni di covid e nonostante una nuova crescita dei casi, gli ospedali si stanno organizzando (lo hanno già fatto a dire il vero) in modo diverso rispetto al passato, quando la gravità dei casi obbligava a destinare reparti interi al virus, sacrificando altre aree. Per effetto dei vaccini che hanno ridotto la sintomaticità da adesso in poi ci saranno solo "zone" di isolamento. Primiano Iannone, primario della Medicina D dell'Ospedale Maggiore di Bologna fa il quadro esatto e attuale della situazione fra covid e patologie che necessitano ricoveri e interventi. 

Dunque, qual è la situazione in questo momento rispetto alla corsa del covid nelle medicine interne dell'ospedale? 

"Allo stato attuale stiamo assistendo a una possibile recrudescenza dei casi, così come gli ultimi dati sembrano raccontarci: giusto per dare qualche numero indicativo partiamo da una situazione di gennaio con 120 casi a settimana di pazienti ricoverati, un febbraio sceso a 15 casi e adesso la risalita di aprile con 30 casi solo nella prima settimana del mese. Le previsioni fanno intendere un'ulteriore crescita possibile con una forte probabilità che aumentino i casi degli asintomatici per effetto della vaccinazione".

Asintomatici che scoprono di essere positivi al virus solo nel momento in cui vengono ricoverati? E a questo punto cosa accade? In che aree dell'ospedale vengono trasferiti? 

"Più che dei veri reparti covid così come li abbiamo conosciuti (per quelle forme severe di malattia che adesso sono molto diminuite), abbiamo cominciato a predisporre a delle zone covid. Il che significa avere delle stanze dove è possibile mettere i pazienti in isolamento di corte con percorsi pensati ad hoc; delle aree di quarantena che consentono di procedere con le cure necessarie per le patologie per le quali si è entrati in ospedale. Sta capitando che in effetti, attraverso gli screening sistematici che vengono fatti durante la degenza alcuni scoprano di essere infetti o di essersi positivizzati in reparto nel corso della degenza". 

Questo assetto dunque consente di avere tutte le cure anche se al momento del ricovero si è positivi? 

"Esatto. Vengono trasferiti in reparti dedicati al virus, ma restano nel loro di riferimento in base al problema per cui sono lì, seppure isolati dal resto dei pazienti attraverso letti posizionati in aree che hanno percorsi diversi. Non dimentichiamo che gli ospedali sono già bene organizzati per fronteggiare delle infezioni che si trasmettono non solo per via aerea, ma anche per contatto". 

Dunque è probabile che questo "modello" vada avanti? 

"Assolutamente sì. Si tratta di una modalità che libera le risorse e consente a tutti i malati di essere curati, tenendo conto al massimo grado della sicurezza dei pazienti e degli operatori". 

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