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Cronaca

Condannato al processo Aemilia sequestra 5 persone: come si è evitato il peggio

Ore di tensione lunedì all'ufficio postale di Reggio Emilia, il maresciallo-negoziatore racconta in un'intervista come è stato possibile evitare il peggio

Scene da film quelle vissute lunedì all'ufficio postale di Reggio Emilia, dove dopo la condanna a 19 anni per associazione mafiosa nel processo Aemilia, il 55enne Francesco Amato aveva preso in ostaggio cinque persone chiedendo di incontrare Matteo Salvini. Dopo lunghissime otto ore di trattative l'uomo si era poi consegnato spontaneamente. 

Il maresciallo maggiore Antonello Sias, del nucleo investigativo del comando provinciale di Reggio Emilia, ha spiegato al Resto del Carlino come è stato possibile salvare quegli ostaggi visto che è stato lui solo a parlare con Amato per tutta la durata dell'operazione, che non si è conclusa con un'irruzione, ma appunto con una consegna spontanea. E sono arrivati anche i complimenti del Ministro Trenta. 

Dall'intervista del Carlino a Sias emergono strategie di negoziazione ben studiate: braccia allargate per far capire al sequestratore che si poteva fidare, non mentire (per esempio sulla possibilità reale di far arrivare Salvini a Reggio Emilia), calmarlo e rassicurarlo sul fatto che nessuno avrebbe voluto fargli del male. A un certo punto però alta tensione e coltello puntato su un dipendente: ma il blitz è stato evitato.  

Antonello Sias ha poi raccontato il particolare della religiosità di Amato, sul quale è stata fatta leva: "Sapevo della sua religiosità grazie a colleghi che lo conoscevano per Aemilia - racconta il maresciallo al quotidiano -  Gli ho detto che se fosse un buon cristiano non avrebbe preso in ostaggio persone che non c’entravano nulla. E qui ha capito" 

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