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I segni nell'anima dell'alluvione: "Possibili reazioni post-traumatiche. Sintomi, in genere, dopo del tempo"

Intervista a Gabriella Gallo, direttrice dell’Unità Operativa Complessa di Psicologia dell’Ausl di Bologna

Danni alle case, alle strade, ai propri beni, certo. Ma anche danni alle persone, a volte meno visibili e più subdoli di altri. L’alluvione, oltre ai miliardi di danni fatti e ai quindici decessi già contati, può portare con sé ripercussioni psicologiche che possono perdurare per molto tempo. Per capirne un po’ di più ne abbiamo parlato con Gabriella Gallo, direttrice dell’Unità Operativa Complessa di Psicologia dell’AUSL di Bologna. La dottoressa Gallo, in questi giorni, si è occupata di organizzare la macchina operativa che sta aiutando psicologicamente le persone a superare o a limitare i traumi legati all’alluvione.

Come nasce l’iniziativa di fornire supporto psicologico alle persone che più hanno sofferto le conseguenze dell’alluvione?
Diciamo che ormai si sa definendo un protocollo, visto che siamo in continua emergenza. La macchina organizzativa parte dalla Regione con il supporto psicologico in fase di emergenza in tuta la Regione, ovviamente a partire dalle zone più colpite. In questo caso, era riferito specialmente alle persone sfollate, a quelle che hanno perso i propri beni, che hanno visto frane cadere o che hanno vissuto momenti di paura e preoccupazione. La Regione ha nominato dei coordinatori locali: per l’Ausl di Bologna, ad esempio, ha dato il compito a me. Noi, attraverso i direttori dei nuclei territoriali di psicologia, ovvero quei colleghi psicologi che hanno il compito di presidiare ogni distretto per tutto ciò che riguarda i bisogni psicologici, abbiamo raccolto insieme agli amministratori i bisogni delle persone. Questi bisogni sono stati convogliati in un tavolo emergenziale dell’Ausl di Bologna che è stato riattivato (esisteva già per l’emergenza del popolo ucraino): qui coordiniamo tutti gli interventi e decidiamo le cose da fare. Questa è l’organizzazione che ci siamo dati noi a Bologna, ed è un’organizzazione davvero stretta con gli enti locali e con i direttori distrettuali. La prestazione di questi ultimi è infatti fondamentale, non solo per l'erogazione della prestazione ma anche per segnalare la necessità di servizi specialistici, come ad esempio la psichiatria infantile o se magari serve supporto agli amministratori locali. Faccio un esempio: a Vado ci sono 280 sfollati. La cosa straordinaria è che lì, ogni sera alle 18, il sindaco, gli assessori e il direttore del distretto incontrano la cittadinanza in un incontro pubblico per confrontarsi. Questa è già un’operazione molto rassicurante per i cittadini.

Qual è stato il vostro compito?
Noi, con il direttore del nucleo territoriale di psicologia dell’Appennino e con due colleghe volontarie dell’associazione Sipem, abbiamo fatto un affiancamento al sindaco e agli altri amministratori nell’affrontare la cittadinanza, sia per monitorare i bisogni psicologici delle persone che si presentano agli incontri e sia per aiutarli nella comunicazione. Per gli amministratori è difficile riuscire a dire a delle persone già provate che le loro case sono ancora inagibili o che ci vorrà ancora molto tempo. Un altro esempio viene da San Lazzaro di Savena. Lì c’è stata la morte di un ragazzo di 43 anni e il direttore del nucleo territoriale ci ha segnalato la situazione della mamma e della sorella di questo ragazzo. Per questo abbiamo fatto rete con il servizio territoriale di psichiatria adulti che è presente nel distretto dove abita questa mamma e ora si stanno occupando di lei. Questa mamma, infatti, mostrava segni evidenti di depressione ed era chiara la sua situazione di difficoltà. 

Di quante persone vi siete fatti carico?
Noi ci siamo interfacciati principalmente con gli hub. A Molinella, ad esempio, c’erano circa duecento persone, a Budrio ce ne erano circa 35, a Vado 280. Per fortuna le criticità maggiori non hanno colpito il nostro territorio, naturalmente la situazione in Romagna è peggiore. Qui gli amministratori hanno fatto di tutto per far rientrare le persone nelle proprie case il più in fretta possibile.

Come si è sviluppato il vostro intervento?
La nostra assistenza era collettiva. Quando si lavora in emergenza si fa prima un’assistenza al gruppo, ad esempio negli hub, per normalizzare e riorientare la salute delle persone. Non bisogna subito patologizzare il momento. Non sono quindi interventi singoli. Poi è chiaro, se alcune persone ne hanno bisogno, si possono fare interventi singoli: l’obiettivo è sempre quello di stabilizzare la loro area emotiva. Ad esempio, è capitato nell’hub di Budrio: c’è stata una ragazza adolescente che ha avuto episodi di ansia. Qui la nostra collega ha fatto un intervento individuale e al momento la stiamo monitorando grazie alla presenza dei servizi territoriali. La loro presenza è molto importante: un conto è lavorare in emergenza, un conto è soddisfare bisogni specifici che devono essere trattati dai servizi territoriali.

In generale, quali possono essere i consigli per affrontare questo tipo di traumi?
Solitamente gli psicologi dell’emergenza hanno anche materiali divulgativi con loro e magari li presentano nelle scuole delle zone maggiormente colpite. Penso ad esempio a Vado. Lì, in questo momento, abbiamo diversi problemi: seguiamo gli incontri che si svolgono ogni sera, monitoriamo gli utenti già in carico alla neuropsichiatria sia infantile che per adulti e, infine, vorremmo organizzare degli incontri nelle scuole che aiutino le persone a gestire le reazioni emotive che fisiologicamente possono uscir fuori da questo tipo di situazioni. Non solo per gli studenti, ma anche per gli insegnanti e i genitori. Possiamo quindi aiutare persone che a loro volta devono gestire altri gruppi di persone. La cosa che ci preoccupa adesso, ma lo vedremo tra un pochino, è vedere se ci sono reazioni post-traumatiche da stress. I sintomi emergono in genere dopo circa trenta giorni, ma stiamo già monitorando per intervenire, dove ce ne fosse bisogno, con delle tecniche cognitivo-comportamentali per gestire questo tipo di traumi.

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