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Cronaca

Licenziato dal bar del museo, il Giudice respinge tutte le domande di Andrea Paci

"Farò appello e affronterò anche il secondo grado di giudizio, con sempre meno fiducia nella giustizia italiana, ma altrettanta speranza che la sentenza di primo grado venga integralmente riformata"

La "Ragazza con l'orecchino di perla" di Vermeer non sarà mai fra le opere favorite di Andrea Paci, il giovane barman che proprio in concomitanza dell'esposizione del 2014 a Palazzo Fava perse il suo posto di lavoro e diede il via alla sua lunga Odissea  giudiziaria.

La causa della perdita del lavoro, come aveva spiegato all'inizio di questa storia Paci, sarebbe stata la partecipazione a uno "sciopero bianco" dei dipendenti del 'Cafè letterario', il bar di Palazzo Fava, organizzato poco prima dell'apertura della mostra del 2014 contro ''la mancanza di correttezza e trasparenza da parte del museo" come lui stesso spiegò al tempo. In pratica cominciò a girare la voce che per ampliare la superficie della mostra sarebbe stato sacrificato il bar, e con esso anche i suoi dipendenti.

L'azienda aveva infatti poi chiesto lo sfratto del bar sta stava a Palazzo Fava e Paci, esattamente un mese dopo lo sciopero, seppe di non essere stato trasferito alle dipendenze della nuova gestione in occasione dell'avvio della mostra e portò la vicenda in Tribunale. A gennaio 2017 con ordinanza cautelare in corso di causa, il Giudice del Lavoro aveva dichiarato illegittimo il suo mancato trasferimento ai sensi dell'articolo inderogabile 2112 c.c., e aveva ordinato in via cautelare e urgente alla attuale gestione di riammettermi al lavoro. Dopo un primo sospiro di sollievo le cose però presero un'altra piega e la sentenza venne ribaltata: oggi sono arrivate infine le motivazioni del giudice che ha respinto tutte le domande del barman. 

"Rabbia e sconforto, la voglia di lasciare Bologna" questo lo stato d'animo del 30enne, che ha voglia di far sapere come sono andate le cose fino alla fine: "Finalmente sono arrivate le motivazioni della sentenza di primo grado della mia causa di lavoro, con le quali il Giudice Maria Luisa Pugliese (la stessa che con l'ordinanza cautelare di primo grado ordinò il mio reintegro urgente) ha respinto tutte le mie domande. Incredibilmente, il Giudice ha ritenuto non applicabile (soltanto a me, perché gli altri colleghi passarono alla nuova gestione mantenendo l'anzianità aziendale) l'articolo inderogabile 2112 cc, che prevede la continuità dei rapporti di lavoro in caso di trasferimento d'azienda".

"Quello che mi chiedo, anche se sinceramente non so trovare nemmeno una risposta che abbia un filo logico convincente (oltre che un appiglio giuridico sostenibile), è come abbia fatto, il Giudice, nella sua sentenza, a motivare la non applicabilità dell'art. 2112 cc, con il fatto che io non abbia mai lavorato per la nuova gestione, riportando, addirittura, le dichiarazioni dei miei colleghi come una conferma della sua tesi, quando in realtà gli altri lavoratori del Cafè Letterario hanno semplicemente confermato il contrario, ovverosia che c'è stata una violazione di legge, poiché dei quattro dipendenti addetti al ramo di azienda sono passati alla nuova gestione, mantenendo l'anzianità aziendale e lo stesso contratto di lavoro, soltanto in tre. Il mio nome, comparso tra l'altro sui giornali un mese prima della cessione del ramo di azienda in occasione dello sciopero bianco (del quale sono stato portavoce) organizzato con i miei colleghi per tutelare i nostri diritti, è magicamente sparito dall'elenco degli addetti al Cafè Letterario proprio nel giorno del cambio di gestione, forse anche in ragione di una eventuale ritorsione".

"Da quel 7 Febbraio 2014, data di inizio della mostra con La Ragazza con l'orecchino di Perla nello stesso museo  in cui avveniva il cambio di gestione del bar, non ho più lavorato come barista, né per Colazione da Bianca (la società subentrata), né per la precedente società la quale, dopo avermi fatto lavorare per qualche giorno in un magazzino adiacente a Palazzo Fava per fare un inventario, e al netto del periodo di malattia dovuta alla mia condizione psicofisica per l'ingiustizia subita, mi ha relegato in ferie forzate (non avendo altre attività in cui impiegarmi, come testimonia anche la visura camerale prodotta in causa), fino alla data di licenziamento. Il comma 1 dell'articolo 2112 del codice civile recita così: "In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano". 

"Non c'è spazio per l'interpretazione, eppure, secondo il Giudice Maria Laura Pugliese, contrariamente a quanto aveva affermato nell'ordinanza cautelare del gennaio 2017, io non sarei stato lavoratore del Cafè Letterario nel momento in cui è avvenuto il cambio di gestione. Vorrei sapere da lei se è sufficiente omettere un nominativo e un contratto di lavoro per sostenere che in un determinato momento quella persona non lavori più lì, perché è proprio ciò che è avvenuto nel mio caso. Farò appello e affronterò anche il secondo grado di giudizio, con sempre meno fiducia nella giustizia italiana, ma altrettanta speranza che la sentenza di primo grado venga integralmente riformata". 

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