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Cronaca

Morte Antonio Manganelli, ultime volontà: donazioni all'Istituto Oncologico di Imola

Il capo della polizia muore a 62 anni, tra le sue ultime volontà, non fiori, ma donazioni all'Istituto Oncologico Romagnolo di Imola. Il ricordo di Patrizia Moretti e del Questore Vincenzo Stingone

Originario di Avellino, 62 anni compiuti l'8 dicembre scorso, Antonio Manganelli è morto ieri. Malato da tempo, il 24 febbraio scorso era stato ricoverato d'urgenza e operato all'Ospedale San Giovanni. Era a capo della polizia dal giugno 2007. I funerali di Stato si svolgeranno sabato alle 11 nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Roma.

"Abbiamo perso un grande capo della Polizia e io personalmente ho perso un caro amico", è il commento commosso del Questore di Bologna, Vincenzo Stingone, che lo conosceva da molti anni: "Ancora prima di entrare in polizia abbiamo fatto il servizio militare insieme e poi i tre anni di specializzazione in criminologia clinica all'Università di Modena. Oltre alle straordinarie capacità di investigatore che gli riconoscono tutti - ha concluso Stingone - era una bella persona e aveva una marcia in più".

La famiglia, rispettando le sue ultime volonta', ha chiesto che al posto di omaggi floreali siano effettuate donazioni all'Istituto Oncologico Romagnolo di Imola, organizzazione di Volontariato nata nel 1979 allo scopo di affiancare le strutture pubbliche nella lotta contro il cancro.

CASO ALDROVANDI. Quando, l'estate scorsa, la condanna a quattro poliziotti per l'uccisione di Federico Aldrovandi divenne definitiva, Manganelli scrisse alla mamma  una lettera di scuse per "l'immane tragedia" della morte del figlio. Un gesto che Patrizia Moretti apprezzò, così come era successo per l'incontro avvenuto a Ferrara un anno prima, per la festa della polizia. Ora, di fronte alla sua scomparsa, è dispiaciuta: "Mi dispiace sinceramente. E' una persona che stimavo e che ci ha dimostrato vicinanza" dice Patrizia all'Ansa.

VOLEVA APPROFONDIRE. "Quando venne a Ferrara, c'erano stati due gradi di giudizio, ma ormai era chiaro a tutti quel che era successo a mio figlio. Ed era ben chiaro anche a Manganelli. Ho sempre avuto l'impressione che avesse la consapevolezza di quello che era accaduto e la volontà di approfondire: non tanto gli aspetti del processo, quanto i depistaggi e il contesto attorno, che riteneva molto grave". Da quell'incontro dell'estate 2011, la mamma di Federico ricavò la sensazione, "che se avesse potuto, avrebbe seguito molto da vicino e con particolare attenzione" l'iter per la decisione delle commissioni disciplinari sui quattro agenti (Monica Segatto, Enzo Pontani, Paolo Forlani e Luca Pollastri) condannati per eccesso colposo nell'omicidio colposo del giovane. La famiglia Aldrovandi li vorrebbe vedere fuori dalla polizia: "Su di lui contavo", spiega. "Mi sembrava che avesse l'intenzione di fare qualcosa di concreto, di tangibile, per cambiare un po' le cose, migliorare la polizia per quanto riguarda i casi di violenza come il nostro. Casi così ce ne sono parecchi, purtroppo".

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