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Cronaca

Badanti sfruttate, partono le cause per gli stipendi non pagati: ma la strada è in salita

Gli avvocati: "Molte di loro senza reddito, alcune anche senza alloggio"

Almeno una ventina di badanti, tutte alle dipendenze dell'imprenditrice 46enne arrestata l'altro giorno dalla Finanza con l'accusa di sfruttamento, hanno già mosso causa per avere indietro gli stipendi non pagati e il Tfr. A fornire le cifre sono gli avvocati Bruno Laudi e Clelia Alleri che assistono alcune delle lavoratrici. I legali -parlando con la agenzia Dire- hanno calcolato che "a queste badanti dovrebbero essere pagati circa 150mila euro".

Sono oltre trecento le posizioni al centro delle indagini della Guardia di Finanza, che nei giorni scorsi hanno portato agli arresti domiciliari per l'imprenditrice e al sequestro delle sedi delle società di Bologna e Casalecchio. Per un'altra trentina di lavoratrici che, come quelle per cui sono state avviate le cause, si sono rivolte alla Cgil, il calcolo delle cifre da recuperare è ancora in corso.

Far riavere i soldi alle badanti sfruttate, però, non sarà semplice. Non tanto perché la 46enne non si è costituita nelle cause, che anche se in contumacia si svolgeranno regolarmente, quanto perché "diverse lavoratrici avevano un contratto di collaborazione e non di lavoro subordinato"; inoltre, il patrimonio dell'imprenditrice è difficilmente aggredibile, visto che le società in cui erano impiegate le badanti erano delle cooperative.

E anche se l'ultima società costituita dalla donna era una srl, per i legali è comunque improbabile che anche da lì si possa ricavare qualcosa. A questo punto restano due strade per le badanti: una è il Fondo di garanzia dell'Inps, tramite il quale dovrebbero ricevere le ultime tre mensilità e il Tfr; l'altra è la costituzione di parte civile nel processo penale contro l'indagata.

In entrambi questi casi, comunque, non si tratterà di percorsi brevi: i tempi del processo penale, infatti, saranno verosimilmente abbastanza lunghi, mentre sul fronte dell'Inps, secondo Laudi, "probabilmente queste lavoratrici potranno accedere al Fondo di garanzia verso la fine del 2021".

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Nel frattempo, segnalano però gli avvocati, molte di queste donne, gran parte delle quali provengono dall'Europa dell'Est (ma ci sono anche alcune italiane), si trova in una situazione difficilissima: a parte una o due che sono state assunte direttamente dalle famiglie per cui lavoravano, infatti, la stragrande maggioranza non sta lavorando ed è anche priva di ammortizzatori sociali.

Alcune, addirittura, non hanno nemmeno una casa, tant'è vero, spiega Alleri, che "non tutte le lavoratrici che assistiamo si sono rivolte in prima battuta al sindacato: qualcuna, infatti, ci è stata segnalata da Avvocato di strada". D'altra parte, sia la Guardia di finanza, sia soprattutto la Cgil, hanno spiegato che l'imprenditrice pagava alle badanti salari miseri, o addirittura non le pagava nemmeno.

Spesso, osservano i legali, la titolare delle società sequestrate "faceva un ordine di bonifico online e consegnava alle lavoratrici la contabile di pagamento per 'tenerle buone', per poi revocare il pagamento". In tutto questo, le famiglie che si rivolgevano alle società della 46enne pagavano mediamente, per avere assistenza h24, "circa 20.000 euro l'anno: 10.000 al momento della stipula del contratto e altrettanti a fine anno".

Al momento, però, non risulta che queste famiglie abbiano intrapreso azioni legali, anche se alcune sono state indirizzate a Federconsumatori e altre si sono rivolte allo Spi. È invece in crescita, concludono i legali, il numero delle badanti che si stanno rivolgendo a loro, specialmente dopo la notizia della misura cautelare nei confronti della 46enne.

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